Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9919 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9919 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME, nato a Cercola il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/04/2023 della Corte d’appello di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, il quale ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena e che il ricorso sia dichiarato inammissibile nel resto;
udito l’AVV_NOTAIO, in difesa di COGNOME NOME, il quale si è riportato ai motivi di ricorso e ha concluso per l’accoglimento dello stesso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 07/04/2023, la Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del 26/03/2015 del Tribunale di Noia, per quanto qui ancora interessa: a) dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME in ordine ai reati di violazione di domicilio aggravata in concorso di cui al capo 1) dell’imputazione e di invasione di edifici in concorso di cui al capo 2) dell’imputazione, per essere gli stessi reati estinti per prescrizione; b) confermava la condanna dello stesso NOME COGNOME per il reato di tentata estorsione
aggravata (dall’essere stata la minaccia commessa da più persone riunite, oltre che dalla recidiva specifica) in concorso di cui al capo 3) dell’imputazione; c) rideterminava in tre anni di reclusione ed C 3.000,00 di multa la pena irrogata al suddetto imputato per quest’ultimo reato di tentata estorsione aggravata in concorso.
Avverso l’indicata sentenza del 07/04/2023 della Corte d’appello di Napoli, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore, NOME COGNOME, affidato a cinque motivi.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta che la Corte d’appello di Napoli non abbia rilevato l’intervenuta prescrizione anche del reato di tentata estorsione in concorso di cui al capo 3) dell’imputazione, in quanto non sarebbe stata contestata l’aggravante – come ha invece ritenuto la Corte d’appello di Napoli dell’essere stata la minaccia commessa da più persone riunite. Tale contestazione non sarebbe stata infatti elevata «né come indicazione dell’aggravante di cui al co 2 dell’art. 629 cp e 628 co 3 n. 1 cp, né con l’indicazione della stessa contenuta nel capo d’imputazione», nel quale era stata espressamente contestata soltanto l’aggravante «di aver commesso il reato in numero di cinque» e, quindi, soltanto l’aggravante di cui all’art. 112, primo comma, n. 1), cod. pen.
Il ricorrente contesta la tesi della Corte d’appello di Napoli secondo cui «la contestazione della suddetta circostanza aggravante è correttamente contenuta 9, nella indicazione letterale dell’art. 629 cpv. c.p. ed è insita nella contestazione de fatto a più persone “in concorso e riunione tra loro”» (pag. 8 della sentenza impugnata).
2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per mancanza della motivazione, in violazione dell’art. 125, comma 3, cod. proc. pen., e, in via subordinata, per mancanza della motivazione in ordine alle doglianze contenute nel proprio atto di appello «relative alla non convergenza delle dichiarazioni dei testi COGNOME NOME e NOME».
2.3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione di legge per non avere la Corte d’appello di Napoli riqualificato il fatto come violenza privata, ex art. 610 cod. pen. (anziché come tentata estorsione).
2.4. Con il quarto motivo, il ricorrente deduce la violazione di legge per avere la Corte d’appello di Napoli ritenuto la sussistenza della circostanza aggravante prevista dall’art. 112, primo comma, n. 1), cod. pen., nonostante, anche a seguito dell’assoluzione di NOME COGNOME, i soggetti che concorsero nel reato fossero meno di cinque.
2.5. Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta l’erronea applicazione dell’art. 63, «n. 4», cod. pen. (recte: 63, quarto comma, cod. pen.).
Il ricorrente rappresenta che, nel concorso delle due aggravanti a effetto speciale di cui all’art. 629, secondo comma, cod. pen. (in relazione all’art. 628, terzo comma, n. 1, cod. pen.) e della recidiva specifica: a) la più grave di tali due circostanze aggravanti a effetto speciale è la prima; b) la pena base di due anni di reclusione ed C 2.000,00 di multa irrogata dalla Corte d’appello di Napoli è comprensiva dell’aumento di pena per tale circostanza aggravante di cui all’art. 629, secondo comma, cod. pen.
Ciò rappresentato, il ricorrente lamenta che, ai sensi del quarto comma dell’art. 63 cod. pen. l’aumento per la meno grave aggravante a effetto speciale della recidiva non avrebbe potuto essere superiore a un terzo mentre la Corte d’appello di Napoli ha irrogato un aumento della metà (un anno di reclusione ed C 1.000,00 di multa).
3. Il ricorso è inammissibile perché è stato proposto da un difensore non munito di specifico mandato a impugnare, rilasciato dall’imputato dopo la pronuncia della sentenza di appello.
Il comma 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen. – comma aggiunto dall’art. 33, comma 1, lett. d), del d.lgs. 10 ottobre 2020, n. 150 – stabilisce che, «el caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza».
Secondo la disposizione transitoria di cui all’art. 89, comma 3, del d.lgs. n. 150 del 2022, la nuova norma del comma 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen. si applica alle impugnazioni proposte avverso le sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore dello stesso decreto (30/12/2022), essendo irrilevante che la dichiarazione di assenza sia avvenuta prima o dopo l’entrata in vigore della cosiddetta riforma “Cartabia”.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, che è condivisa dal Collegio, la suddetta nuova causa di inammissibilità dell’impugnazione, in mancanza di indici normativi contrari, si applica anche al ricorso per cassazione, atteso che la menzionata disposizione è collocata tra le norme generali sulle impugnazioni, sicché, nei casi disciplinati dalla norma, avverso la sentenza pronunciata in data successiva al 30/12/2022, occorre, per proporre ricorso per cassazione, lo specifico mandato ivi previsto (Sez. 3, n. 46690 del 09/11/2023, Baum; Sez. Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324-02; Sez. 5, n. 39166 del 04/07/2023, N., Rv. 285305-01).
Posto che la sentenza qui impugnata è stata pronunciata (il 07/04/2023) successivamente al 30/12/2022, si deve rilevare che, come risulta dai verbali delle udienze del 16/02/2022, del 09/09/2022 e del 07/04/2023, la Corte d’appello di Napoli procedette in assenza dell’imputato.
Pertanto, ai sensi del citato comma 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen., con il proposto ricorso per cassazione doveva essere depositato, a pena d’inammissibilità dello stesso ricorso, specifico mandato a impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenza della Corte d’appello di Napoli.
Orbene, un siffatto mandato non è menzionato nel ricorso, non è stato a esso allegato e, comunque, non è stato rinvenuto agli atti, con la conseguenza che il ricorso è inammissibile.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di € 3.000,00 tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 15/02/2024.