Mandato specifico avvocato: la Cassazione chiarisce i requisiti per l’appello
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato l’importanza dei requisiti formali per l’impugnazione delle sentenze penali, in particolare per l’imputato assente. La decisione sottolinea come l’assenza di un mandato specifico avvocato e della dichiarazione o elezione di domicilio renda l’appello inammissibile, senza che ciò costituisca una violazione dei diritti di difesa. Analizziamo questa pronuncia per comprendere le sue implicazioni pratiche per imputati e difensori.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Asti per il reato di guida in stato di ebbrezza, ai sensi dell’art. 186 del Codice della Strada. L’imputato, che era stato giudicato in assenza durante il primo grado di giudizio, proponeva appello tramite il proprio difensore.
Tuttavia, la Corte d’Appello di Torino dichiarava l’inammissibilità del gravame. La ragione risiedeva nella mancata osservanza di due precise disposizioni del codice di procedura penale (art. 581, commi 1-ter e 1-quater): il difensore non aveva depositato né lo specifico mandato a impugnare, rilasciato dall’imputato dopo la sentenza, né la dichiarazione o elezione di domicilio. Contro questa decisione, la difesa presentava ricorso in Cassazione, sollevando anche dubbi sulla legittimità costituzionale di tali norme.
La Decisione della Cassazione e l’importanza del mandato specifico avvocato
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha respinto il ricorso, dichiarandolo a sua volta inammissibile. I giudici hanno ritenuto che il ricorso fosse privo di una critica argomentata della decisione della Corte d’Appello e non prospettasse valide ragioni di fatto e di diritto a sostegno della richiesta.
Il punto centrale della pronuncia riguarda la questione di costituzionalità. La difesa sosteneva che i requisiti del mandato specifico avvocato e dell’elezione di domicilio limitassero ingiustamente il diritto di difesa. La Cassazione ha rigettato questa tesi, confermando un orientamento già consolidato.
Le Motivazioni della Corte
Nelle motivazioni, la Corte di Cassazione ha chiarito che le disposizioni introdotte dalla Riforma Cartabia non limitano il diritto personale dell’imputato a impugnare la sentenza. Piuttosto, esse disciplinano le modalità con cui il difensore può esercitare questa facoltà, che è concorrente e accessoria a quella del suo assistito.
Secondo i giudici, richiedere che il difensore di un imputato assente sia munito di un mandato specifico, rilasciato post-sentenza, e di una elezione di domicilio, non contrasta con i principi costituzionali:
1. Non viola il diritto di difesa (Art. 24 Cost.): L’imputato rimane pienamente titolare del suo diritto di impugnare. La norma si limita a regolare l’esercizio di tale diritto tramite il legale, garantendo che ci sia un contatto effettivo e una volontà chiara dell’assistito dopo la condanna.
2. Non viola la presunzione di non colpevolezza (Art. 27 Cost.): Questo principio opera fino alla definitività della condanna, e le norme procedurali sull’impugnazione non incidono su di esso.
3. Non viola il diritto al ricorso per cassazione (Art. 111 Cost.): Il diritto di ricorrere per violazione di legge è garantito, ma il suo esercizio deve avvenire nel rispetto delle forme previste dal codice di rito.
In sostanza, la Corte ha stabilito che queste formalità servono a responsabilizzare la difesa e a garantire che l’impugnazione sia effettivamente voluta dall’imputato, specialmente quando quest’ultimo non ha partecipato al processo.
Le Conclusioni
L’ordinanza conferma la rigorosa interpretazione delle nuove norme procedurali in materia di impugnazioni. Per gli avvocati, emerge la necessità assoluta di acquisire dal proprio assistito, giudicato in assenza, un mandato specifico per appellare, rilasciato in data successiva alla sentenza, e di depositarlo insieme alla dichiarazione o elezione di domicilio. L’omissione di questi adempimenti comporta la sanzione più grave: l’inammissibilità dell’impugnazione, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza di condanna e l’addebito delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a carico del ricorrente. La decisione serve da monito sulla diligenza richiesta al difensore nel gestire la fase delle impugnazioni penali.
Perché l’appello iniziale è stato dichiarato inammissibile?
L’appello è stato dichiarato inammissibile dalla Corte d’Appello perché il difensore dell’imputato, giudicato in assenza, non aveva depositato né lo specifico mandato a impugnare rilasciato dal suo assistito dopo la sentenza, né la dichiarazione o elezione di domicilio, come richiesto dall’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, del codice di procedura penale.
I requisiti di mandato specifico ed elezione di domicilio violano il diritto di difesa?
No. Secondo la Corte di Cassazione, questi requisiti non limitano il diritto di difesa dell’imputato, ma si limitano a regolare le modalità con cui il difensore può esercitare la facoltà di impugnazione. Essi garantiscono che l’impugnazione sia espressione di una volontà effettiva dell’imputato assente.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende, in quanto non sono state ravvisate ragioni per esonerarlo da tale pagamento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 38571 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 38571 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/02/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che la difesa dell’imputato COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione, con proprio difensore, avverso l’ordinanza della Corte d’appello di Torin indicata in epigrafe, con la quale è stata dichiarata la inammissibilità del gravame prop avverso la sentenza del Tribunale di Asti di condanna per il reato di cui all’art. 186, c 2, lett. b) codice strada (in Verduno, il 14/7/2019), per mancanza dello specifico mandato impugnare da parte dell’imputato assente in primo grado e della dichiarazione o elezione d domicilio, ai sensi dell’art. 581 commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen.;
ritenuto il ricorso inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., pe proposto per motivi non scanditi da necessaria analisi critica delle argomentazioni poste base della decisione (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, sez .6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2.016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso cassazione) e senza neppure prospettare le ragioni in fatto e in diritto a sostegno de richiesta, quanto alla prospettata questione di incostituzionalità della norma applicata rilevandosi che la stessa è già stata ritenuta manifestamente infondata da questa Corte d legittimità, con riferimento ad entrambi i commi dell’articolo in commento, introdotti da 33 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sollevata per contrasto con gli artt. 24, 27 e 111 Cos quanto tali disposizioni, laddove richiedono che unitamente all’atto di impugnazione sian depositati, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o l’elezione di domicilio e, quan sia proceduto in assenza dell’imputato, lo specifico mandato ad impugnare rilasciato successivamente alla sentenza, non comportano alcuna limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma solo regolano le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà riconosciuta al suo difensore, sicché es non collidono né con il principio della inviolabilità del diritto di difesa, né con la pre di non colpevolezza operante fino alla definitività della condanna, né con il dirit impugnare le sentenze con il ricorso per cassazione per il vizio di violazione di legge (sez n. 3365 del 20/12 /2023, dep. 2024, Terrasi, Rv. 285900-01); Corte di Cassazione – copia non ufficiale considerato che alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente a pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero nella causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spes processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 18 settembre 2024