Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6264 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6264 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/07/2023 della Corte di appello di Brescia;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, la Corte di appello di Brescia dichiarava inammissibile l’impugnazione proposta da NOME avverso la sentenza con cui questi era stato condannato in primo grado alla pena di giustizia per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 cod. pen.).
In particolare, i Giudici di secondo grado rilevavano la violazione dell’art. 581 commi 1 -ter e 1 -quater, cod. proc. pen. che prevedono, rispettivamente, che con
l’atto di impugnazione sia depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, e che, sempre a tal fine, quando si è proceduto nei confronti di imputato assente, con l’atto di impugnazione del difensore sia depositato, ancora a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato.
La Corte d’appello precisava che l’imputato in primo grado non aveva eletto domicilio, tanto che le notifiche erano state fatte presso il difensore d’ufficio, i quale aveva peraltro rifiutato l’elezione di domicilio presso di sé, ed era stato dichiarato assente nel relativo giudizio, celebrato dopo il 31/12/2022, quindi dopo l’entrata in vigore della c.d. legge Cartabia.
Osservava che, ciò nondimeno, con l’atto d’appello non era stato depositato specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e che neppure era stata fatta elezione di domicilio, nonostante l’invito ricevuto il 27/02/2019 all’atto dell’informativa di polizia giudiziaria.
Avverso l’ordinanza ha presentato ricorso il difensore di NOME, AVV_NOTAIO, articolando due motivi di ricorso.
2.1. Violazione degli artt. 178, lett c) e 179 cod. proc. pen., in relazione all’omessa citazione dell’imputato.
Premesso che la difesa di NOME aveva rifiutato la domiciliazione, così come espressamente consentito dall’art. 162, comma 4 -bis, cod. proc. pen., e che tutte le notifiche successive e, in particolare, l’avviso ex art 415-bis cod. proc. pen. nonché il decreto di citazione diretta a giudizio, furono, ciò nondimeno, indirizzate al difensore ex art 161, comma 4, cod. proc. pen., alla prima udienza dibattimentale era stata eccepita l’irritualità delle notifiche e la mancata prova dell’effettiva conoscenza del procedimento da parte dell’imputato, con il quale non vi era stato mai alcun contatto.
Il Tribunale di Bergamo rigettava l’eccezione e, pertanto, dichiarava l’assenza dell’imputato.
Quindi, all’udienza successiva, condannava l’imputato, il quale proponeva appello, dichiarato tuttavia inammissibile perché presentato in violazione dell’art. 581commi 1 -ter e 1 -quater, cod. proc. pen., con la precisazione che, a tutela dell’imputato in assenza, soccorrono rimedi quali la rescissione del giudicato ex art 629-bis cod. proc. pen. e la nuova disciplina contenuta nell’art. 175, comma 2.1, cod. proc. pen.
Argomentando come ha fatto la Corte d’appello, l’errore di valutazione di un giudice sulla necessità di procedere in assenza non troverebbe, tuttavia, rimedio
nel nostro ordinamento, con una conseguente incostituzionale compressione del diritto di difesa e della presunzione di innocenza.
Nel caso di specie, d’altronde, il verbale di identificazione ed elezione del domicilio era stato sottoscritto in un tempo (2019) in cui in esso non si menzionava il fatto che all’impossibilità di eleggere domicilio consegue l’automatica notifica degli atti al difensore d’ufficio, né che tra le facoltà precluse al difensore vi è quell di presentare in più impugnazione nell’interesse dell’imputato.
Non essendoci prova che l’imputato fosse a conoscenza del procedimento, è stato, dunque, tradito l’intento legislativo, espresso nel nuovo art. 162, comma 4bis, cod. proc. pen., di superare un approccio puramente formalistico, assicurando la reale conoscenza del procedimento da parte dell’imputato rappresentato dal difensore d’ufficio, e si è violato l’insegnamento di Sez. U n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420.
Né può ritenersi l’equivalenza tra la dichiarazione di nullità del procedimento a seguito di appello e i rimedi indicati dalla Corte di secondo grado (rescissione del giudicato e della remissione in termini), dal momento che soltanto l’appello ha efficacia sospensiva della esecutività della condanna (nel caso di specie, l’imputato è stato condannato a sette mesi di reclusione, pena non sospesa, con la conseguenza che, ove la dichiarazione d’inammissibilità dell’appello sia confermata, l’ordine di esecuzione, notificato al difensore, diverrebbe esecutivo), e che la remissione in termini e la rescissione del giudicato non restituiscono all’imputato il diritto a partecipare ai tre gradi di giudizio, precludendogli possibilità di eventualmente accedere ai procedimenti alternativi.
2.2. Illegittimità costituzionale dell’art. 581, commi 1.-ter e 1.-quater, cod. proc. pen., per violazione degli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost., nella parte in cui impongono al difensore d’ufficio del giudicato in assenza di depositare atto di nomina per l’impugnazione e di elezione di domicilio e nella parte in cui non impongono al giudice dell’impugnazione di valutare la correttezza della dichiarazione di assenza e la sussistenza dell’effettiva conoscenza del procedimento da parte dell’imputato, prima di procedere alla dichiarazione di inammissibilità della impugnazione.
Il ricorrente chiede, GLYPH in subordine, che sia dichiarata l’illegittimità costituzionale delle disposizioni in oggetto.
L’inammissibilità dell’atto di impugnazione presentata dal difensore in assenza di elezione di domicilio sottoscritta dall’imputato si porrebbe, infatti, in contrasto con il principio di ragionevolezza (subordinando di fatto il diritto di difesa alla mera semplificazione di adempimenti formali prodromici e precludendo ogni vaglio delle nullità prodottesi nel giudizio di primo grado), così come richiedere che colui il quale sia stato processato in assenza in primo grado possa accedere all’appello
solo conferendo un mandato specifico ad impugnare, discriminerebbe irragionevolmente la posizione di chi non è mai venuto a conoscenza del procedimento (difeso d’ufficio da un avvocato che con lui non ha mai avuto alcun contatto) rispetto a chi ha partecipato, invece, al giudizio di primo grado.
Tali disposizioni contrastano anche, per le ragioni esposte, con il diritto di difesa, con la presunzione di non colpevolezza e con il principio del giusto processo.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell’art. 23, comma 8, del dl. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e successive modificazioni, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti, di discussione orale, il AVV_NOTAIO generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Nel caso in esame, l’instaurazione di un valido rapporto processuale in sede di legittimità è preclusa dal mancato conferimento al difensore della procura speciale a presentare il ricorso in Cassazione, in applicazione dell’art. 581, comma 1.ter e comma 1.quater, cod. proc. pen.: disposizioni introdotte dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. legge Cartabia).
2.1. Come di recente precisato anche da Sez. 6, n. 2323 del 07/12/2023, COGNOME, non mass., le disposizioni di cui ai commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 cit. si pongono in stretta correlazione con la nuova disciplina del processo in assenza, tesa a ridurre il rischio di celebrare processi a carico di imputati involontariamente inconsapevoli, assicurando, d’altro canto, il diretto coinvolgimento dell’imputato, ora chiamato a rilasciare uno specifico mandato al difensore per impugnare, mandato che rappresenta un indice ulteriore di conoscenza certa della pendenza del processo. E sempre in correlazione al più ampio ambito di applicazione delle regole del giudizio in absentia, è stata anche modificata la disciplina della rescissione del giudicato, rapportandola alla prova della mancanza di conoscenza della pendenza del processo che può essere ora riferita anche soltanto al giudizio di appello.
2.2. La ratio degli artt. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen. – che consiste, come detto, nel prevenire situazioni suscettibili di dar luogo a processi in cui l’imputato, rimasto assente nel giudizio, sia del tutto ignaro della pendenza del processo, con correlato innalzamento del rischio che questo sia celebrato inutilmente – è, d’altronde, la medesima sia per l’appello, sia per il ricorso per
cassazione (ampiamente, Sez. 6, n. 2323 del 07/12/2023, COGNOME, cit.; vd. anche, tra le altre, Sez. 6 n. 41309 del 20/09/2023, S., Rv. 285353; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME, Rv. 285324; Sez. 3, n. 46690 del 09/11/2023, Baum, Rv. 285342), dove sarebbe, d’altra parte, irrazionale immaginare un regime meno rigoroso di quello vigente per l’appello (Sez. 5, n. 39166 del 04/07/2023, N., Rv. 285305).
Per queste ragioni sistematiche, oltre che per la collocazione topografica delle disposizioni, inserite tra quelle che regolano in generale il sistema delle impugnazioni, non si aderisce alla tesi minoritaria secondo cui i commi 1.ter e 1.quater dell’art. 581 cod. proc. pen. riguardano la celebrazione del solo giudizio di merito di secondo grado (in tal senso, Sez. 2, n. 40824 del 13/09/2023, Karaj, Rv. 285256; Sez. 1, n. 43523 del 28/06/2023, Cop, Rv. 285396: Sez. 4, n. 22140 del 03/05/2023, COGNOME NOME, Rv. NUMERO_DOCUMENTO).
2.3. Si ritiene, invece, che le disposizioni in oggetto trovino applicazione anche in Cassazione dove, come affermato in tempi affatto recenti, consentono di ricorrere alla procedura de plano ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., essendo l’impugnazione proposta da soggetto non legittimato (vd. Sez. 2 n. 4800 del 15/01/2024, Stan, non mass.).
L’inammissibilità del ricorso non consente di valutare le deduzioni difensive oggetto del motivo/relativo alla prospettata illegittimità costituzionale delle disposizioni in oggetto, che appare comunque manifestamente infondata.
Questa Corte ha infatti già escluso che la discrezionalità legislativa sia stata esercitata in modo irragionevole, ritenendo come la novella abbia, al contrario, perseguito «il legittimo scopo di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato, per evitare la pendenza di res iudicanda nei confronti di imputati non consapevoli del processo, oltre che far sì che l’impugnazione sia espressione del personale interesse dell’imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatismo difensivo». Ed ha inoltre precisato che la novazione legislativa non implica alcuna irrazionale compressione del diritto di difesa, «essendosi contemporaneamente previsti i correttivi dell’ampliamento del termine per impugnare e dell’estensione della restituzione nel termine» (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, cit.; ampiamente, anche Sez. 4 n. 44630 del 10/10/2023, COGNOME, non mass.).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento delle somme indicate
nel dispositivo, ritenute eque, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/01/2024