Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 800 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 800 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 22/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOMECUI 05ENCYU), nato in Senegal il 06/10/1999
avverso la sentenza del 15/04/2024 della Corte di appello di Ancona visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 15 aprile 2024 la Corte d’appello di Ancona, in riforma della pronuncia assolutoria del primo giudice, accogliendo l’appello proposto dal Procuratore generale, dichiarava NOME Dia colpevole dei reati previsti dagli artt. 474 e 648 cod. pen. e lo condannava alla pena di due mesi, quindici giorni di reclusione e 250,00 euro di multa, riconosciuta l’ipotesi del fatto di particolare tenuità.
Nell’interesse dell’imputato, giudicato in assenza anche in grado di appello, ha proposto ricorso il difensore d’ufficio Avv. NOME COGNOME privo dello specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza di appello, denunciando con tre motivi violazione di legge e vizio della motivazione.
In via preliminare, vista la mancanza di tale mandato, il difensore ha chiesto che venga dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen., secondo il quale, nel testo vigente all’epoca di presentazione del ricorso, nel caso di imputato rispetto al quale si era proceduto in assenza, andava depositato con l’atto d’impugnazione del difensore, a pena d’inammissibilità, «specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio».
Pur trattandosi di una udienza fissata ex rt. 610, comma 5 -bis, cod. proc. pen., in data 18 novembre 2024 il difensore ha depositato memoria con la quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Il ricorso è inammissibile in quanto presentato dal difensore di ufficio di un imputato assente (dichiarato all’udienza dibattimentale del 15 aprile 2024, alla presenza delle parti), privo dello specifico mandato ad impugnare, richiesto a pena d’inammissibilità dall’art. 581, comma 1 -quater, del codice di rito.
L’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen., introdotto dall’art. 33, comma 1, lett. d), del decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, prevedeva che «Nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto d’impugnazione del difensore è depositato, a pena d’inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio».
A seguito della modifica dell’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen, ad opera della legge 9 agosto 2024, n. 114, la necessità di uno specifico mandato ad impugnare è stata mantenuta solo nel caso di impugnazione proposta dal difensore di ufficio dell’imputato per il quale si sia proceduto in assenza.
Con numerose pronunce questa Corte ha affermato che l’asserito contrasto dell’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc. pen. con i principi costituzionali poggia su una indimostrata restrizione della facoltà d’impugnazione che deriverebbe dal chiedere all’imputato, assente per sua scelta al processo che lo ha riguardato, di cui pure era stato posto a conoscenza, di indicare un domicilio che renda più agevole il processo di notificazione dell’atto d’impugnazione e, soprattutto, di rinnovare la propria volontà di proseguire in un ulteriore grado di giudizio, con possibili conseguenze negative per lui, quanto meno sotto il profilo della possibile condanna a ulteriori spese.
L’onere richiesto all’appellante non è irragionevole rispetto all’esigenza di consentirgli la certa conoscenza della celebrazione del processo di appello e, dunque, la possibilità di parteciparvi con piena consapevolezza.
Ricordato che nella sentenza n. 34 del 26 febbraio 2020 la Corte costituzionale ha «ribadito che la garanzia del doppio grado di giurisdizione non fruisce, di per sé, di riconoscimento costituzionale (ex plurimis, sentenze n. 274 e n. 242 del 2009, n. 298 del 2008, n. 26 del 2007, n. 288 del 1997, n. 280 del 1995; ordinanze n. 316 del 2002 e n. 421 del 2001)», si è affermato che l’art. 581, comma 1-quater, e l’art. 581, comma 1-ter, del codice di rito «non prevedono affatto un restringimento della facoltà di impugnazione, bensì perseguono il legittimo scopo di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato, per evitare la pendenza di regiudicande nei confronti di imputati non consapevoli del processo, oltre che far sì che l’impugnazione sia espressione del personale interesse dell’imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatismo difensivo» (Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, COGNOME Rv. 285324 – 01).
Dette norme, «non comportando una limitazione all’esercizio del potere di impugnazione spettante personalmente all’imputato, ma regolando le modalità di esercizio della concorrente ed accessoria facoltà spettante al suo difensore, non si pongono direttamente in contrasto né con il principio costituzionale della inviolabilità del diritto di difesa, di cui all’art. 24 Cost., né con il corre principio della presunzione di non colpevolezza operante fino al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, di cui all’art. 27, secondo comma Cost.; né, in quanto tali, toccano il diritto costituzionale ad impugnare (peraltro, solo con il ricorso per cassazione e per violazione di legge) ogni sentenza, riconosciuto dall’art. 111, settimo comma, Cost. Deve, perciò, escludersi, che tali nuove disposizioni producano un ingiustificato ovvero un “non ragionevolmente giustificato” squilibrio nei rapporti tra le parti necessarie del processo penale, cioè l’imputato e il rappresentante della pubblica accusa» (Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285900 – 01).
Inoltre, «le disposizioni di cui ai commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 cit. si pongono in stretta correlazione con la nuova disciplina del processo in assenza, tesa a ridurre il rischio di celebrare processi a carico di imputati involontariamente inconsapevoli, assicurando, d’altro canto, il diretto coinvolgimento dell’imputato, ora chiamato a rilasciare uno specifico mandato al difensore per impugnare, mandato che rappresenta un indice ulteriore di conoscenza certa della pendenza del processo. E sempre in correlazione al più ampio ambito di applicazione delle regole del giudizio in absentia, è stata anche
modificata la disciplina della rescissione del giudicato, rapportandola alla prova della mancanza di conoscenza della pendenza del processo che può essere ora riferita anche soltanto al giudizio di appello» (Sez. 6, n. 6264 del 10/01/2024, COGNOME, Rv. 285984 – 01).
Questi principi sono stati richiamati anche da ultimo in numerose pronunce di legittimità, che hanno ribadito la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità proposta (fra le tante cfr. Sez. 1, n. 34720 del 28/06/2024, COGNOME; Sez. 6, n. 34052 del 27/06/2024, COGNOME; Sez. 3, n. 32762 dell’11/06/2024, Fan; Sez. 4, n. 32963 del 22/05/2024, Leo; Sez. 2, n. 25422 del 03/05/2024, El Mach).
A seguito della ricordata modifica dell’art. 581, comma 1 -quater, cod. proc, pen. ad opera della legge 9 agosto 2024, n. 114, la necessità di uno specifico mandato ad impugnare è stata mantenuta solo nel caso di impugnazione proposta dal difensore d’ufficio dell’imputato per il quale si sia proceduto ri assenza, cosicché risulta ancora più evidente la infondatezza della questione d , costituzionalità proposta dal ricorrente.
All’inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22/11/2024.