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Mandato di arresto europeo: rischio di fuga e detenzione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la detenzione in carcere di una persona richiesta tramite mandato di arresto europeo. La sentenza chiarisce che il ‘pericolo di fuga’ in questi casi deve essere valutato in funzione della necessità di garantire la consegna allo Stato richiedente, rendendo i criteri diversi da quelli applicati nei procedimenti nazionali. La vita stabile in un paese terzo non esclude automaticamente la necessità della misura cautelare.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: Quando il Rischio di Fuga Giustifica la Detenzione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 24350 del 2025, offre importanti chiarimenti sulla valutazione del pericolo di fuga nell’ambito di un mandato di arresto europeo. Il caso analizzato riguarda una cittadina straniera, con una vita stabile e protetta in Canada, arrestata in Italia su richiesta della Germania. La Corte ha stabilito che i criteri per la custodia cautelare in questi contesti sono specifici e orientati a garantire la consegna della persona, rendendo il giudizio diverso da quello applicato nei procedimenti penali interni.

I Fatti del Caso

Una donna, cittadina rumena, veniva arrestata in Italia in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso da un tribunale tedesco per una condanna definitiva a nove mesi di reclusione per due episodi di furto. La Corte di Appello di Milano convalidava l’arresto e applicava la misura della custodia cautelare in carcere, respingendo successivamente la richiesta di sostituzione con gli arresti domiciliari.
La difesa presentava ricorso in Cassazione, sostenendo che la decisione violasse la legge perché non era stato provato un pericolo di fuga attuale e concreto. La ricorrente, infatti, aveva da tre anni ottenuto lo status di protezione internazionale in Canada, dove viveva e lavorava stabilmente con la sua famiglia. Aveva inoltre ottenuto un titolo di viaggio canadese, il che presupponeva l’assenza di pendenze penali in quel Paese. Secondo la difesa, questi elementi dimostravano una condizione di stabilità che escludeva il rischio di fuga.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la legittimità delle decisioni della Corte di Appello di Milano. I giudici hanno chiarito che il ricorso in Cassazione per queste materie è consentito solo per violazione di legge, e in questo caso la motivazione dei giudici di merito era stata logica e corretta.

Le Motivazioni: la Specificità del Mandato di Arresto Europeo

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra la procedura cautelare nazionale e quella legata a un mandato di arresto europeo. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: l’applicazione di misure coercitive in una procedura di consegna ha come obiettivo primario quello di garantire che la persona non si sottragga alla consegna stessa (la cosiddetta traditio in vinculis).
Questo scopo specifico modula la valutazione del pericolo di fuga. Non si tratta solo di impedire che l’imputato si allontani dal processo, ma di adempiere a un obbligo di cooperazione giudiziaria internazionale. Di conseguenza, i principi elaborati per i procedimenti interni non sono automaticamente trasferibili.
Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva correttamente basato la sua valutazione su elementi concreti:
1. Consistenza degli addebiti: due furti di elevato importo.
2. Assenza di legami in Italia: la donna non aveva domicilio né legami familiari o lavorativi sul territorio italiano.
3. Capacità di spostamento internazionale: il fatto di essersi stabilita in un Paese geograficamente distante come il Canada e di possedere un passaporto che le consentiva di viaggiare è stato interpretato non come un segno di stabilità, ma come prova di una spiccata capacità di muoversi a livello globale per sottrarsi alla giustizia.
La Corte ha quindi concluso che la motivazione dei giudici di merito era ben articolata e non presentava alcuna violazione di legge, rendendo il ricorso inammissibile.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza rafforza un punto cruciale nella cooperazione giudiziaria europea: la necessità di assicurare l’effettività del mandato di arresto europeo può prevalere su elementi che, in un contesto nazionale, potrebbero indicare un ridotto rischio di fuga. Avere una vita stabile, un lavoro e una famiglia in un Paese terzo non costituisce una garanzia sufficiente a escludere la detenzione, se altri fattori indicano un’elevata mobilità e un’assenza di radicamento nel territorio dello Stato di esecuzione. La decisione sottolinea che la finalità del procedimento di consegna è l’elemento guida nella valutazione delle esigenze cautelari, garantendo così che gli impegni internazionali assunti dall’Italia vengano rispettati.

Avere una vita stabile all’estero esclude il pericolo di fuga in caso di mandato di arresto europeo?
No. Secondo la sentenza, anche una vita stabile in un paese terzo (in questo caso, il Canada) non esclude il pericolo di fuga. La valutazione deve tenere conto della specifica esigenza di garantire la consegna della persona allo Stato richiedente, e la capacità di spostamento internazionale può essere considerata un fattore a sostegno della misura detentiva.

I criteri per applicare la custodia cautelare sono gli stessi per un reato interno e per un mandato di arresto europeo?
No. La Corte chiarisce che la valutazione delle esigenze cautelari in una procedura di mandato di arresto europeo risponde a scopi diversi. L’obiettivo primario è assicurare la “traditio in vinculis”, ovvero la consegna fisica della persona, un presupposto che rende il procedimento e i relativi criteri di valutazione differenti da quelli per reati interni.

Per quale motivo il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le critiche mosse dalla difesa non configuravano una violazione di legge, unico motivo consentito in questa sede. La Corte ha ritenuto che la motivazione del giudice di merito sul pericolo di fuga fosse logica e adeguata, basata sulla consistenza degli addebiti, l’assenza di legami in Italia e la dimostrata capacità di spostamento internazionale della persona richiesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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