Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 25378 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 25378 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Romania il 5/4/1995
avverso la sentenza emessa il 6 giugno 2025 dalla Corte di appello dell’Aquila visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte d’appello dell’Aquila ha disposto la consegna di NOME COGNOME all’autorità giudiziaria della Romania, in esecuzione del mandato di arresto relativo al reato di furto aggravato commesso tra il 20 e il 21 gennaio 2025.
NOME COGNOME ricorre per cassazione deducendo i motivi di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
2.1. Violazione degli artt. 6, comma 1, e 7 legge n. 69 del 2005 in quanto il mandato di arresto non indica la cittadinanza del ricorrente, ma solo la sua nazionalità e non specifica se è stata disposta la misura cautelare della custodia in carcere o degli arresti domiciliari in quanto si parla genericamente di arresto preventivo.
2.2. Assenza del requisito della residenza per cinque anni consecutivi. Rileva il ricorrente che nel caso di specie siamo in presenza di un mandato di arresto processuale in quanto relativo alla fase cautelare di un procedimento nel quale il Tribunale ha emesso un provvedimento definitivo di condanna alla pena di giorni trenta che non è chiaro se vada eseguita in carcere o agli arresti domiciliari. Sostiene il ricorrente che la Corte d’appello avrebbe dovuto rifiutare la consegna e disporre l’esecuzione della pena nel territorio italiano valorizzando il fatto che lo stesso, pur non avendo negli ultimi cinque anni una residenza o dimora continuativa in Italia, è qui giunto nel lontano 2007 ed ha lavorato fino al 2008 e poi nel 2020, 2021 e 2022. Mentre nel periodo che va dal 2008 al 2020 ha svolto lavoro non regolare. Ad avviso del ricorrente, pur non essendo i cinque anni continuativi, vanno considerati la presenza sul territorio dal 2007 e il suo radicamento desumibile anche dal fatto che lo stesso è coniugato dal 2019, vive a Sulmona con la moglie e i loro cinque figli che frequentano la scuola e sono ben inseriti nel contesto sociale, e che la madre del ricorrente si è trasferita in Italia.
2.2.1. La doglianza in esame è stata ulteriormente illustrata con i motivi aggiunti in cui il ricorrente ha dedotto che il contratto di lavoro a tempo indeterminato del 26 maggio 2025 è stato trasformato in contratto a tempo indeterminato in data 30 giugno 2025 e ciò ne dimostra il radicamento nel territorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va premesso che il ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 22 legge n. 69 del 2005 è ammesso solo per violazione di legge, vizio che sussiste anche in presenza di un provvedimento privo di motivazione o con motivazione apparente.
Esaminato il ricorso in questa prospettiva, il primo motivo di ricorso è inammissibile per carenza del requisito della specificità.
Premesso, infatti, che cittadinanza e nazionalità spesso coincidono, il ricorrente non allega alcun elemento da cui desumere la insufficienza della sola
nazionalità al fine della sua corretta identificazione. L’ulteriore doglianza in merito alla natura della misura disposta appare meramente esplorativa.
Il secondo motivo è inammissibile in quanto, in parte, deduce un non consentito vizio della motivazione, e, in altra parte, è manifestamente infondato.
3.1. Va, innanzitutto, chiarito che, a dispetto delle confuse allegazioni del ricorrente, nel caso in esame risulta emesso un mandato di arresto europeo di carattere processuale al quale è sotteso un mandato di arresto preventivo per la durata di 30 giorni al fine di ottenere la presenza del ricorrente al processo a suo carico.
3.2. Ciò premesso, le censure dedotte muovono da un erroneo presupposto, contrario al dato normativo (nel caso in esame l’art. 19 legge n. 69 del 2005) che richiede espressamente la continuatività della residenza o della dimora del consegnando nel territorio italiano.
L’art 19, comma 2, legge n. 69 del 2005, come modificato dal citato d.l. 13 giugno 2023 n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023 n. 103, prevede, infatti, che se il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini di un’azione penale nei confronti di cittadino italiano o di persona legittimamente ed effettivamente residente in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano, l’esecuzione del mandato può essere subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata sottoposta al processo, sia rinviata nello Stato italiano per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale eventualmente applicate nei suoi confronti nello Stato membro di emissione.
La norma, inoltre, rinvia, ai fini della verifica del radicamento del consegnando, alle disposizioni dell’articolo 18-bis, comma 2-bis, anch’essa introdotta dal citato d.l. n. 69 del 2023, che, tra i vari indici sintomatici, valorizza proprio la durata, l natura e le modalità della residenza o della dimora del consegnando (oltre al tempo intercorso tra la commissione del reato in base al quale il mandato d’arresto europeo è stato emesso e l’inizio del periodo di residenza o di dimora, alla commissione di reati e al regolare adempimento degli obblighi contributivi e fiscali durante tale periodo, al rispetto delle norme nazionali in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri, ai legami familiari, linguistici, culturali, sociali, economi o di altra natura che la persona intrattiene sul territorio italiano e ad ogni altr elemento rilevante).
In buona sostanza, sono stati codificati gli indici sintomatici dell’effettivo radicamento nel territorio, come elaborati dalla costante giurisprudenza di questa Corte che aveva valorizzati, tra i vari indici concorrenti, la legalità della presenza in Italia, l’apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza
temporale tra quest’ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all’estero, la fissazione in Italia della sede principale, anche se non esclusiva, e
consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali (cfr. Sez. 6, n. 49992 del 30/10/2018, Anton, Rv.
274313).
3.2. Venendo all’esame del motivo di ricorso, rileva il Collegio che la Corte territoriale, sia pure con una motivazione particolarmente sintetica, che, tuttavia
non può considerarsi nè errata nè apparente, ha legittimamente escluso lo stabile radicamento del consegnando nel territorio italiano, rilevando che la
documentazione prodotta non è idonea a documentare la residenza continuativa negli ultimi cinque anni. A tale affermazione, emergente anche dalla
documentazione prodotta dal ricorrente, costui si limita ad opporre, da un lato, delle non consentite censure di carattere confutativo, pretendendo che si valorizzi
l’ampio periodo dal 2008 al 2020 sulla base di un dato meramente ipotetico, e, dall’altro lato, considerazioni in contrasto con il dato normativo, volte a valorizzare
anche la presenza non continuativa sul territorio italiano.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della Cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69
del 2005.
Così deciso 1’8 luglio 2025.