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Mandato di arresto europeo: quando si rifiuta la consegna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45779/2024, ha chiarito le condizioni per rifiutare la consegna di una persona richiesta tramite mandato di arresto europeo. Il caso riguardava un soggetto accusato in Francia di associazione per delinquere, truffa e contraffazione di etichette per vini pregiati. La difesa sosteneva che la consegna dovesse essere negata perché i fatti erano avvenuti in Italia e vi era un procedimento pendente a Torino per gli stessi reati. La Corte ha rigettato il ricorso, specificando che per bloccare la consegna non basta la mera pendenza di indagini, ma serve un procedimento per fatti identici, la cui assenza era stata attestata dalla Procura competente.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: Quando un Procedimento in Italia Blocca la Consegna?

Il mandato di arresto europeo (MAE) è uno strumento fondamentale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, ma la sua applicazione può sollevare complesse questioni di giurisdizione, specialmente quando i reati contestati hanno legami con più Stati membri. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 45779/2024) ha fornito chiarimenti cruciali sui motivi che possono giustificare il rifiuto di consegnare una persona richiesta da un’altra autorità giudiziaria europea. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dalla Corte.

I Fatti del Caso: Associazione a Delinquere e Contraffazione

Il caso trae origine da una richiesta di consegna formulata dalle autorità giudiziarie francesi nei confronti di un cittadino italiano. L’uomo era indagato per reati gravi, tra cui associazione per delinquere, truffa, contraffazione di marchi e autoriciclaggio. Nello specifico, era accusato di far parte di un’organizzazione criminale dedita all’immissione sul mercato di bottiglie di vino pregiato, i cui marchi erano stati contraffatti. Il suo ruolo sarebbe stato quello di partecipare alla produzione delle etichette false presso una tipografia in Italia, seguendo le direttive di uno dei vertici dell’associazione.

La Difesa: Rifiuto della Consegna basato sulla Giurisdizione Italiana

La difesa dell’indagato si è opposta alla consegna, appellandosi a due specifici motivi di rifiuto previsti dalla legge italiana (art. 18-bis, lettere a e b, della L. 69/2005):
1. La condotta contestata si era svolta interamente in Italia, radicando la giurisdizione nel nostro Paese.
2. Esisteva già un procedimento penale pendente presso la Procura di Torino per gli stessi identici fatti oggetto del mandato di arresto europeo.

La Corte di Appello di Torino, tuttavia, aveva respinto queste argomentazioni e disposto la consegna, ritenendo che non vi fosse prova di un ‘effettivo e pregresso esercizio della giurisdizione nazionale’.

L’Analisi della Cassazione sul mandato di arresto europeo

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte di Appello, rigettando il ricorso e offrendo una dettagliata analisi dei motivi di rifiuto.

Il Rifiuto per Reati Commessi in Italia (art. 18-bis, lett. a)

La Corte ha chiarito che il fatto che un reato sia stato commesso, anche solo in parte, sul territorio italiano costituisce un motivo di rifiuto facoltativo. Per poterlo applicare, non è sufficiente una mera affermazione di competenza giurisdizionale potenziale. È necessario che emerga una ‘situazione oggettiva’, come la presenza di indagini in corso, che dimostri la ‘volontà effettiva dello Stato di affermare la propria giurisdizione’. In altre parole, l’Italia deve aver già manifestato concretamente l’intenzione di procedere per quei fatti.

La Pendenza di un ‘Medesimo’ Procedimento (art. 18-bis, lett. b)

Questo è il punto cruciale della sentenza. La difesa aveva prodotto documentazione relativa a un procedimento a Torino. Tuttavia, la Procura della Repubblica di Torino aveva trasmesso una nota ufficiale attestando che, nei confronti dell’indagato, non era in corso alcun procedimento penale per gli stessi fatti oggetto del mandato di arresto europeo.
La Cassazione ha stabilito che, di fronte a un’attestazione così chiara e inequivocabile da parte dell’autorità inquirente, le argomentazioni della difesa perdono di fondamento. La mera ‘sovrapponibilità’ di alcuni elementi, come il sequestro degli stessi dispositivi elettronici o documenti contabili, non è sufficiente a dimostrare l’identità dei procedimenti. Inoltre, la Corte ha ribadito un principio importante: per integrare questo motivo di rifiuto, il procedimento italiano deve aver raggiunto uno ‘stadio qualificato’, non essendo sufficiente il semplice svolgimento di indagini preliminari.

Le Motivazioni della Decisione

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il ricorso perché la difesa non ha superato la prova decisiva fornita dalla Procura. L’attestazione formale che nega la pendenza di un procedimento per i medesimi fatti è stata considerata dirimente. I giudici hanno sottolineato che, in assenza di tale coincidenza, la Corte di Appello non era tenuta a svolgere ulteriori accertamenti per verificare l’identità o la diversità dei fatti contestati nei due Paesi. La nota della Procura è stata considerata sufficiente a escludere in radice l’applicabilità dei motivi di rifiuto invocati. La decisione si allinea all’orientamento consolidato che interpreta in modo rigoroso le cause di rifiuto della consegna, per non ostacolare il principio di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie che è alla base del mandato di arresto europeo.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma che i motivi di rifiuto alla consegna previsti dalla legge non possono essere interpretati in modo estensivo. Per bloccare un mandato di arresto europeo sulla base di un procedimento nazionale pendente, è indispensabile una piena e provata coincidenza dei fatti (‘idem factum’). Un’attestazione negativa da parte della Procura competente è un ostacolo quasi insormontabile per la difesa. La decisione rafforza l’efficacia dello strumento del MAE, limitando le possibilità di diniego a situazioni eccezionali e chiaramente definite dalla legge e dalla giurisprudenza.

Quando può essere rifiutata la consegna di una persona richiesta con mandato di arresto europeo se il reato è stato commesso in Italia?
La consegna può essere rifiutata facoltativamente se il reato è stato commesso in Italia, ma solo se esiste una situazione oggettiva, come indagini già in corso, che dimostri l’effettiva volontà dello Stato italiano di esercitare la propria giurisdizione su quei medesimi fatti.

Cosa si intende per ‘stessi fatti’ quando si valuta un procedimento pendente in Italia per bloccare un mandato di arresto europeo?
Per ‘stessi fatti’ si intende una completa identità tra l’oggetto del procedimento italiano e quello del mandato di arresto europeo. La semplice somiglianza o la sovrapposizione di alcuni elementi investigativi (es. stessi beni sequestrati) non è sufficiente. Secondo la sentenza, un’attestazione della Procura che nega questa identità è decisiva.

La semplice esistenza di indagini preliminari in Italia è sufficiente a impedire la consegna richiesta da un altro Stato UE?
No. La sentenza chiarisce che, per integrare il motivo di rifiuto basato sulla pendenza di un procedimento per gli stessi fatti, è necessario che il procedimento italiano abbia raggiunto uno ‘stadio qualificato’, non essendo sufficiente il mero svolgimento di indagini preliminari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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