Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5915 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5915 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME nato in Guinea il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 18/01/2024 della CORTE DI APPELLO DI MILANO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano, quale giudice del rinvio all’esito dell’annullamento disposto da questa Corte (Sez. 6, n. 45517 del 08/11/2023), ha ordinato la consegna di COGNOME COGNOME all’Autorità giudiziaria tedesca, in esecuzione del mandato di arresto europeo emesso in data 7 agosto 2023 dal Tribunale di Monaco di Baviera, per i reati di favoreggiamento dell’ingresso e del soggiorno illegali commessi in Monaco e altrove, dal 15 agosto 2020 al 10 marzo 2022.
Ricorre per cassazione COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo due motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, la difesa lamenta la radicale carenza di motivazione, con conseguente nullità della sentenza. Dal momento che l’annullamento era stato disposto per motivi procedurali, la Corte di appello avrebbe dovuto esprimersi sull’intera materia del contendere.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione dell’art. 18-bis, comma 2bis della legge 22 aprile 2005, n. 69, e la contraddittorietà della motivazione, poiché il provvedimento impugnato, affrontando il solo tema del radicamento della persona richiesta in consegna sul territorio nazionale, ipervalorizza irritualmente la mancanza di un lavoro stabile (condizione assai comune) e la mancanza di adeguate lecite fonti di sostentamento e non tiene invece nella dovuta considerazione la risalente permanenza in Italia, lo svolgimento di attività lavorativa e le conseguenti dichiarazioni dei redditi e la relazione sentimentale da cui è nato un figlio. In tal modo si verrebbero a recidere solidi legami personali e familiari, senza che possa venire in rilievo il mancato rinnovo del permesso di soggiorno.
In difetto di richieste di trattazione orale nelle forme di cui all’art. 127 cod. proc. pen., si è proceduto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito nella legge 18 dicembre 2020, n. 176 (applicabile alle impugnazioni proposte sino al 15 gennaio 2024, in forza di quanto disposto dall’art. 94, comma 2, decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, come modificato dall’art. 17, decreto-legge 22 giugno 2023, n. 75).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo muove da un presupposto del tutto erroneo.
La sentenza di annullamento pronunciata da questa Corte, rigettando gli altri motivi di ricorso in tema di doppia incriminazione e di differimento della consegna, ha disposto il rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Milano «affinché alla luce anche dei principi individuati dalla Corte cost. nella sentenza n. 178 del 2023 – venga accertato se sussistano nei confronti del COGNOME i presupposti per l’operatività della sopraindicata disciplina ».
La sentenza impugnata snoda dunque correttamente il proprio percorso motivazionale entro il perimetro delineatole dal rinvio della Corte di cassazione.
La censura è dunque manifestamente infondata.
Quanto al secondo motivo, ai sensi del citato art. 19, comma 2, se il mandato di arresto europeo è stato emesso, come nel caso di specie, ai fini di un’azione penale nei confronti di persona legittimamente ed effettivamente residente in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano, l’esecuzione del mandato può essere subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata sottoposta al processo, sia rinviata nello Stato italiano per scontarvi la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale eventualmente applicate nei suoi confronti nello Stato membro di emissione. Statuisce poi il precedente art. 18-bis, comma 2-bis (le cui disposizioni, per espresso dettato normativo, si applicano anche al caso di specie): «ai fini della verifica della legittima ed effettiva residenza o dimora sul territorio italiano della persona richiesta in consegna, la corte di appello accerta se l’esecuzione della pena o della misura di sicurezza sul territorio sia in concreto idonea ad accrescerne le opportunità di reinserimento sociale, tenendo conto della durata, della natura e delle modalità della residenza o della dimora, del tempo intercorso tra la commissione del reato in base al quale il mandato d’arresto europeo è stato emesso e l’inizio del periodo di residenza o di dimora, della commissione di reati e del regolare adempimento degli obblighi contributivi e fiscali durante tale periodo, del rispetto delle norme nazionali in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri, dei legami familiari, linguistici, culturali, sociali, economici o di altra natura che l persona intrattiene sul territorio italiano e di ogni altro elemento rilevante. La sentenza è nulla se non contiene la specifica indicazione degli elementi di cui al primo periodo e dei relativi criteri di valutazione». All’esito dell’intervento del Giudice delle leggi, nelle medesime condizioni soggettive di legittima ed effettiva residenza o dimora e di sufficiente integrazione in Italia, la corte di appello può altresì rifiutare la consegna di un cittadino di uno Stato terzo, sempre che disponga che la pena o la misura di sicurezza sia eseguita in Italia (Corte cost., sent. n. 178 del 5/07/2023). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte di appello non ha riconosciuto in capo a COGNOME la condizione di radicamento che legittima il rifiuto alla consegna ovvero la previsione di una consegna condizionata.
Il GLYPH percorso giustificativo prende puntualmente in considerazione, valorizzandole in diversa misura, tutte le circostanze indicate dalla legge ai fini dello scrutinio dell’inserimento sociale: la presenza in Italia è sicuramente risalente e ha dato luogo anche a una prima fase di scolarizzazione, ma il consegnando non è più provvisto di permesso di soggiorno (quindi, allo stato, non dimora “legittimamente” in Italia) ed ha egli stesso dichiarato di essere senza fissa dimora (la dichiarazione di ospitalità da parte di connazionali non era suffragata
adeguatamente, dal momento che il contratto di locazione transitoria risultava già terminato, e altra profferta di accoglienza risultava parimenti incerta); COGNOME è stato sottoposto (anche con esiti di condanna definitiva) ad altri procedimenti penali, anche per violazioni al Testo unico sull’immigrazione; ha meramente affermato, in maniera peraltro generica, la sussistenza di relazioni familiari con compagna e figlio, neppure compiutamente individuati, e comunque senza comprovare il fatto; ha presentato dichiarazioni dei redditi, per importi inferiori alla soglia di sussistenza; gli illeciti per cui si procede sono stati commessi dopo l’arrivo in Italia (e in parte anche sul territorio nazionale).
La Corte milanese, senza alcuna apparenza di motivazione e senza genericità tali da escluderne l’efficacia dimostrativa, ha dunque compiutamente ottemperato al proprio onere argomentativo.
Il ricorrente evidenzia, nelle sue doglianze, non vizi di legittimità, ma si duole in effetti solo del non condiviso apparato giustificativo, tuttavia incensurabile in questa sede. Il ricorso per cassazione contro la decisione della corte di appello, infatti, può essere proposto, secondo quanto disposto dall’art. 22, I. n. 69 del 2005 cit., solo per i motivi di cui all’art. 606, comma 1, lett. a), b) e c) cod. proc. pen.
Non sono pertanto consentite le censure inerenti ipotetici – e, nel caso di specie, peraltro insussistenti – vizi della motivazione.
5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
La Cancelleria curerà l’immediata trasmissione di copia del provvedimento al AVV_NOTAIO della giustizia.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, della legge n. 69 del 2005.
Così deciso 1’8 febbraio 2024
tensore GLYPH
Il Preside e