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Mandato di arresto europeo: quando si può fermare?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30607/2024, ha chiarito che nell’ambito di un mandato di arresto europeo, la mera irreperibilità della persona richiesta o la sua non verificata dichiarazione di trovarsi all’estero non sono sufficienti per interrompere la procedura di consegna o per negare una misura cautelare. La procedura deve proseguire fino a quando non vi sia la certezza assoluta che l’individuo abbia lasciato il territorio italiano. La Corte ha quindi annullato l’ordinanza della Corte d’Appello che aveva respinto la richiesta di arresto del Procuratore.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: Irreperibilità non Significa Fuga all’Estero

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di cooperazione giudiziaria europea. Quando si tratta di un mandato di arresto europeo, la semplice irreperibilità della persona richiesta non è sufficiente a bloccare la procedura di consegna. Analizziamo insieme questa importante decisione per capire le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Il caso ha origine da una decisione della Corte di appello di Bologna, che aveva disposto la consegna di un cittadino rumeno alle autorità del suo Paese, in esecuzione di un mandato di arresto europeo. Successivamente, la stessa Corte aveva respinto la richiesta del Procuratore generale di applicare una misura cautelare custodiale (l’arresto) nei confronti della persona da consegnare.

La motivazione della Corte d’appello si basava sulla presunta assenza della persona dal territorio italiano. Tale convinzione derivava da un’informativa secondo cui l’interessato avrebbe avuto intenzione di tornare in Romania e da una telefonata in cui egli stesso confermava di essere rientrato nel suo Paese, rendendosi poi irreperibile. Sulla base di questi elementi, la Corte territoriale aveva ritenuto venuto meno il presupposto per l’applicazione della misura cautelare.

La Decisione della Cassazione sul mandato di arresto europeo

Il Procuratore generale ha impugnato questa decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sostenendo che la Corte d’appello avesse commesso un errore di diritto. Secondo il ricorrente, il presupposto per una misura cautelare in questa fase non è l’individuazione del luogo esatto in cui si trova la persona, ma il pericolo di fuga e la necessità di assicurare la sua effettiva consegna.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso alla Corte di appello per un nuovo esame. I giudici hanno chiarito che l’irreperibilità della persona, lungi dall’essere un ostacolo, rappresenta la prova evidente del pericolo di fuga, rendendo quindi attuale e necessario l’interesse all’applicazione della misura cautelare richiesta.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su un principio consolidato nella giurisprudenza, applicabile anche alle procedure di consegna basate sul mandato di arresto europeo. Il presupposto fondamentale per procedere è la presenza della persona richiesta nel territorio italiano. Di conseguenza, per dichiarare l’improcedibilità, è necessaria la certezza che la persona si sia allontanata dall’Italia.

Nel caso specifico, tale certezza mancava del tutto. La Corte d’appello si era basata unicamente su dichiarazioni non verificate dell’interessato e su informazioni indirette. Questo non costituisce una prova. I giudici di legittimità hanno sottolineato che la semplice condizione di irreperibilità o latitanza nel corso del procedimento non impedisce una decisione favorevole alla consegna, a meno che non vi sia la prova inconfutabile che l’individuo non si trovi più nel territorio dello Stato.

L’irreperibilità, al contrario, dimostra un concreto pericolo di fuga e rende ancora più pressante l’esigenza di adottare misure che assicurino la traditio in vinculis, ovvero la consegna materiale della persona. Fino a quando non sarà provato con certezza che la persona ha lasciato l’Italia, la decisione di consegna deve essere eseguita, e gli strumenti cautelari per garantirla possono e devono essere applicati.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa sentenza rafforza l’efficacia del mandato di arresto europeo e della cooperazione giudiziaria. Stabilisce chiaramente che le procedure di consegna non possono essere vanificate da semplici tattiche dilatorie come rendersi irreperibili o rilasciare dichiarazioni non verificate. Le Corti di appello non possono respingere una richiesta di misura cautelare basandosi su supposizioni. Devono invece esigere prove concrete dell’allontanamento dal territorio nazionale. In assenza di tali prove, e di fronte a un’evidente irreperibilità che manifesta un rischio di fuga, l’applicazione di una misura restrittiva è non solo legittima, ma doverosa per garantire il rispetto degli obblighi internazionali.

La semplice irreperibilità di una persona richiesta in consegna blocca la procedura del mandato di arresto europeo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la procedura di consegna non si arresta se non c’è la prova certa che la persona abbia lasciato il territorio italiano. La sola irreperibilità non è sufficiente.

È possibile richiedere una misura cautelare per una persona che si è resa irreperibile dopo una sentenza di consegna?
Sì. Anzi, l’irreperibilità rafforza l’esigenza di una misura cautelare, in quanto dimostra il concreto pericolo di fuga e la necessità di assicurare la consegna fisica della persona alle autorità richiedenti.

La dichiarazione della persona di trovarsi all’estero è sufficiente a provare la sua assenza dal territorio italiano?
No. Secondo la sentenza, le sole dichiarazioni dell’interessato, non supportate da prove concrete, sono considerate irrilevanti e non possono costituire una prova certa del suo allontanamento dallo Stato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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