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Mandato di Arresto Europeo: quando l’Italia rifiuta

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso contro un’ordinanza di consegna basata su un mandato di arresto europeo. La sentenza chiarisce che, per poter scontare la pena in Italia, il condannato deve fornire una prova rigorosa di un radicamento effettivo e continuativo sul territorio nazionale da almeno cinque anni, requisito che la Corte ha ritenuto non soddisfatto nel caso di specie a causa di prove documentali insufficienti e di una condotta contraddittoria.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: La Prova della Residenza di 5 Anni è Fondamentale

La cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea si fonda su strumenti efficaci come il mandato di arresto europeo (MAE), che semplifica la consegna di persone ricercate tra gli Stati membri. Tuttavia, la legge prevede delle eccezioni, come la possibilità per una persona di scontare la pena in Italia se dimostra un solido legame con il nostro Paese. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito la necessità di una prova rigorosa di tale legame, respingendo il ricorso di un cittadino rumeno e confermandone la consegna alle autorità del suo Paese d’origine.

I Fatti del Caso

Un cittadino rumeno, destinatario di due mandati di arresto europei per l’esecuzione di pene detentive definitive, si opponeva alla consegna richiesta dalla Romania. I reati contestati includevano detenzione di stupefacenti, guida con patente sospesa, omissione di soccorso e lesioni, commessi tra il 2021 e il 2023. L’interessato sosteneva di dover scontare la pena in Italia, affermando di essere stabilmente radicato nel nostro territorio. A sostegno della sua tesi, presentava vari documenti: un contratto di comodato abitativo del 2017, certificato di residenza, contratti di lavoro, buste paga e un estratto previdenziale. Dichiarava, inoltre, di aver reciso ogni legame con la Romania, dove risiedeva l’ex moglie con i figli, con i quali non aveva più rapporti.

La Decisione sul Mandato di Arresto Europeo

La Corte di Appello di Roma, in prima istanza, aveva disposto la consegna del soggetto alle autorità rumene, ritenendo la documentazione prodotta insufficiente a dimostrare il requisito della residenza legittima ed effettiva in Italia da almeno cinque anni, come previsto dalla legge. La Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sul ricorso, ha dichiarato quest’ultimo inammissibile. La Suprema Corte ha confermato la validità della decisione impugnata, sottolineando come le censure del ricorrente fossero generiche e si limitassero a contestare la valutazione dei fatti, un’operazione preclusa in sede di legittimità per i casi di mandato di arresto europeo.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 18-bis della legge n. 69/2005. Questa norma consente all’autorità giudiziaria italiana di rifiutare la consegna e disporre l’esecuzione della pena in Italia solo se la persona richiesta è un cittadino o un residente di un altro Stato membro che dimori o risieda legittimamente ed effettivamente nel territorio italiano da almeno cinque anni. La Corte ha chiarito che la prova di tale radicamento deve essere completa, puntuale e non contraddittoria.

Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva correttamente evidenziato diverse lacune probatorie:

1. Documentazione Recente e Incompleta: Gran parte della documentazione prodotta era molto recente (contratti di lavoro e locazione del 2024) o non era stata depositata in originale, rendendola inidonea a provare una permanenza stabile e continuativa per il quinquennio richiesto.
2. Condotta Contraddittoria: L’elemento decisivo che ha smentito la tesi del ricorrente è stato il periodo in cui sono stati commessi i reati in Romania (tra il 2021 e il 2023). Questo fatto, secondo i giudici, dimostrava una notevole mobilità e smentiva in modo inconfutabile la dichiarata continuità della permanenza in Italia e la rottura dei legami con il Paese d’origine.

La Cassazione ha inoltre ribadito un principio procedurale fondamentale: il ricorso avverso le sentenze in materia di MAE è consentito solo per violazione di legge e non per vizi di motivazione. Le doglianze del ricorrente, essendo incentrate sulla valutazione delle prove del suo radicamento, attenevano al merito e non potevano essere riesaminate in sede di legittimità.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza un orientamento consolidato: l’eccezione all’obbligo di consegna previsto dal mandato di arresto europeo richiede un onere probatorio particolarmente rigoroso a carico del richiedente. Non è sufficiente allegare una generica presenza sul territorio nazionale, ma è necessario dimostrare un radicamento sociale, familiare e lavorativo che sia stabile, continuativo per almeno cinque anni e non smentito da comportamenti che indichino il persistere di legami significativi con lo Stato di emissione. La decisione sottolinea come la valutazione di tale radicamento sia un accertamento di fatto riservato al giudice di merito, la cui motivazione, se logica e completa, non può essere censurata in Cassazione.

Un cittadino UE può scontare in Italia una pena inflitta da un altro Stato membro?
Sì, è possibile a condizione che la persona dimostri, con prove concrete e inequivocabili, di risiedere o dimorare legittimamente ed effettivamente in Italia da almeno cinque anni. In assenza di tale prova, prevale l’obbligo di consegna previsto dal mandato di arresto europeo.

Quali prove sono state considerate insufficienti in questo caso per dimostrare il radicamento?
La Corte ha ritenuto insufficienti documenti recenti (come un contratto di lavoro e di locazione stipulati nel 2024), documentazione non presentata in originale e, soprattutto, il fatto che il ricorrente avesse commesso i reati per cui era stato condannato nel suo Paese d’origine durante il periodo in cui affermava di risiedere stabilmente in Italia.

È possibile contestare la valutazione delle prove del radicamento davanti alla Corte di Cassazione?
No. Il ricorso per Cassazione contro una decisione sul mandato di arresto europeo è limitato alla sola violazione di legge. Non è possibile chiedere alla Suprema Corte di riesaminare i fatti o di valutare diversamente le prove già esaminate dalla Corte di Appello, se la motivazione di quest’ultima è logica e completa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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