Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 44938 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 44938 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME alias NOME COGNOME nato in Romania il 05/10/1978
avverso l’ordinanza del 12/11/2024 della Corte di appello di Roma letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME
udite le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni del difensore, avv. NOME COGNOME che ha depositato documentazione e concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di appello di Roma ha disposto la consegna del Nica all’autorità giudiziaria romena del Nica, destinatario di due mandati di arresto esecutivi: il primo, emesso in data 1 luglio 2024, è relativo alla sentenza del Tribunale di Bucarest del 7 marzo 2024, irrevocabile il 27 maggio 2024, di condanna alla pena di 1 anno e mesi 9 di reclusione per il reato di detenzione di
sostanze stupefacenti, commesso in Romania il 6 novembre 20021 e il 17 febbraio 2023; il secondo, emesso il 16 luglio 2024, accede alla sentenza di del Tribunale di Bucarest del 20 dicembre 2023, irrevocabile il 27 maggio 2023, di condanna alla pena di 3 anni e mesi 8 di reclusione per i reati di guida con patente sospesa e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, omissione di soccorso e lesioni, commessi in Romania il 7 aprile 2021 e il 17 febbraio 2023.
Ne chiede l’annullamento per un unico motivo con il quale denuncia la violazione di legge e plurimi vizi della motivazione.
La Corte di appello non ha fatto corretta applicazione dell’art. 18-bis, comma 2, I. n. 69/2005 ai fini della esecuzione in Italia della pena inflitta al ricorrente. In particolare, la Corte non ha considerato le dichiarazioni rese in sede di convalida dal Nica, che vive da tempo in Italia insieme al suo nucleo familiare oltre alla madre e alla sorella; ha dichiarato di aver reciso i rapporti con il paese di origine, dove vive la ex moglie con i figli con i quali non ha alcun rapporto e che abitano in un appartamento di sua proprietà. A tal fine è stata prodotta documentazione relativa al contratto di comodato abitativo dell’i marzo 2017, è stata prodotta la carta di identità del ricorrente, il certificato d residenza, il libretto sanitario, il contratto di lavoro datato 9 maggio 2019 e relative buste paga, un contratto di locazione, un estratto previdenziale INPS dal quale risulta lo svolgimento di attività lavorativa dal 31 dicembre 2017 al 31 luglio 2024 nonché un nuovo contratto di lavoro e di locazione. Si ritiene pertanto, che la documentazione prodotta dimostri il radicamento, la presenza effettiva e continuativa del ricorrente nel territorio dello Stato che giustifica l’espiazione della pena in Italia al fine di salvaguardare i vincoli familiari e il principio di rieducazione della pena.
Con memoria depositata il 27 novembre 2024 il difensore ha depositato ulteriore documentazione diretta a dimostrare il radicamento del ricorrente sin dal 2017 e il fondato timore per la propria incolumità in caso di consegna a causa della allegata denuncia sporta contro un esponente di polizia e ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Prennesso che non può tenersi conto della documentazione allegata alla memoria e integrata dalla produzione all’udienza odierna, trattandosi di documentazione non sottoposta alla Corte di appello, il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito esposte.
Secondo l’orientamento di questa Corte in tema di mandato di arresto europeo, sono inammissibili quelle censure che involgono l’accertamento del
radicamento del soggetto nel territorio dello Stato, le quali, pur dedotte quale vizio di violazione di legge, attengono in realtà alla motivazione della decisione, atteso che l’art. 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69, come modificato dall’art. 18 del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, non consente il ricorso per cassazione per vizi di motivazione avverso la sentenza resa dalla corte di appello sulla richiesta di consegna (Sez. 6, n. 41074 del 10/11/2021, COGNOME Rv. 282260).
Situazione, questa, riscontrabile nel caso di specie, atteso che il ricorso è meramente oppositivo, limitandosi ad elencare la documentazione prodotta, attestante nella prospettiva del ricorrente, la sua legittima ed effettiva presenza nel territorio dello Stato, che giustificherebbe l’esecuzione delle pene inflitte dall’AG rumena, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte di appello.
La censura si risolve in una generica contestazione della decisione senza una reale critica delle valutazioni contenute nella sentenza impugnata, che si sottrae a censure risultando motivata in modo completo, con puntuale analisi delle condizioni richieste dall’art. 18-bis I. 69/05, norma che, prevede, in caso di mandato di arresto europeo emesso ai fini della esecuzione di una pena, la consegna del cittadino di altro Stato membro dell’Unione europea possa essere rifiutata soltanto qualora si tratti di persona legittimamente ed effettivamente residente o dimorante nel territorio italiano da almeno cinque anni.
La Corte di appello ha ritenuto sussistenti le condizioni richieste per la consegna del ricorrente allo Stato richiedente, in quanto destinatario di due mandati di arresto esecutivi in forza di sentenze di condanna definitive per reati per i quali sussiste la doppia punibilità, ritenendo, al contempo, insussistenti ragioni ostative rientranti tra i motivi di rifiuto previsti dall’art. 18-bis I. n. 69 2005.
In particolare, la Corte di appello ha rilevato che il Nica ha prodotto un contratto di lavoro datato 9 maggio 2024 e una sola busta paga; un contratto di locazione datato 9 settembre 2024 e documentazione più risalente, depositata non in originale, neppure in sede di rinvio, disposto proprio a tal fine, sicché l’unica documentazione prodotta in originale risale al gennaio 2024, all’evidenza inidonea a provare il radicamento e la permanenza quinquennale nel territorio dello Stato. Ulteriore conferma di tale valutazione la Corte di appello ha tratto anche considerando il tempo intercorso tra la commissione dei reati per cui vi è stata condanna nel paese di origine – tra il 7 aprile 2021 e il 17 febbraio 2023, come già detto- e l’inizio del periodo di residenza o di dimora: dato questo che incontestabilmente smentisce la dichiarata continuità di permanenza in Italia e la radicale interruzione di contatti e legami con il paese di origine, attestando, al contrario, una notevole mobilità del ricorrente.
Ne deriva la completezza ed incensurabilità della motivazione resa in punto di valutazione degli indici di radicamento quinquennale sul territorio dello Stato del ricorrente.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativannente determinata in tremila euro.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, I. n. 69/2005
Così deciso, 5 dicembre 2024
Il consigliere estensore