Sentenza di Cassazione Penale Sez. F Num. 31398 Anno 2024
Penale Sent. Sez. F Num. 31398 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: TRIPICCIONE DEBORA
Data Udienza: 30/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Albania il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa il 28 giugno 2024 dalla Corte di appello di Bari visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Bari ha disposto la consegna all’autorità giudiziaria tedesca di NOME COGNOME in esecuzione del mandato di arresto europeo processuale relativo al reato di traffico di cocaina tra Belgio e Germania.
2. NOME COGNOME ricorre per cassazione deducendo la violazione degli artt. 2, 6, commi 1, lett. e) e comma 2, 16 e 18-bis, comma 1, lett. a), legge n. 69 del 2005. Sostiene il ricorrente che la condotta a lui contestata (confezionamento della sostanza stupefacente) è stata commessa in Belgio mentre l’unica condotta commessa in Germania si riferisce al solo coindagato COGNOME, fermato dalla Polizia di frontiera alla guida dell’autovettura con a bordo 16 pacchi contenenti complessivamente circa 17,2 chilogrammi di miscela di cocaina e 40 pacchi contenenti complessivamente circa 20,7 chilogrammi di eroina. Pertanto, poiché l’articolo 18-bis della legge n. 69 del 2005 consente il rifiuto della consegna quando il reato risulti commesso al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, la Corte territoriale avrebbe dovuto quantomeno richiedere informazioni, sollecitate dal ricorrente nel corso dell’udienza, allo Stato emittente al fine di appurare la competenza territoriale dell’autorità giudiziaria tedesca.
Si aggiunge, inoltre, che il mandato di arresto europeo non indica precisamente il luogo dove il reato sarebbe stato consumato e attribuisce al COGNOME la consapevolezza del proprio contributo ai fini del trasporto della sostanza stupefacente, senza indicare alcun elemento a supporto di siffatta conclusione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza del motivo dedotto.
2. Va, innanzitutto, premesso che l’art. 18-bis, comma 1, lett. a), legge n. 69 del 2005, di cui il ricorrente invoca impropriamente l’applicazione nel caso in esame, prevede quale motivo di rifiuto facoltativo del mandato di arresto europeo emesso al fine dell’esercizio di azioni giudiziarie in materia penale, il caso in cui questo riguardi reati che dalla legge italiana sono considerati come commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio, ovvero reati che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, se la legge italiana non consente Fazione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio.
La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che la prima ipotesi, di cui il ricorrente sembra invocare l’estensione al caso in cui una parte della condotta sia stata commessa nel territorio di altro Stato, si ricollega alle implicazioni del principio di territorialità previsto dall’art. 6, comma secondo, cod. pen. (cfr. Sez. 6, n. 27825 del 30/6/2015, Ignat, Rv. 264055) ed è configurabile quando anche solo un frammento della condotta, inteso in senso naturalistico, si sia verificato in territorio italiano, purché idoneo a collegare la parte della condotta realizzata in Italia a quella commessa nel territorio estero (cfr. Sez. 6, n. 40831 del 18/09/2018, Rv. 274121).
La seconda ipotesi, invece, non espressamente richiamata dal ricorrente riguarda invece il caso in cui il reato è stato c:ommesso fuori dal territorio dello Stato di emissione; in tal caso, affinché possa invocarsi il motivo di rifiuto, è necessario che sussista l’ulteriore condizione, ovvero che in base alla legge italiana non sia possibile l’esercizio dell’azione penale per il medesimo fatto, ove commesso fuori dal territorio italiano.
Fatta questa doverosa premessa, rileva il Collegio che la Corte territoriale, senza incorrere in alcuna violazione del citato art. 18-bis, haritenuto non configurabile l’invocato motivo di rifiuto in considerazione del fatto che, sulla base della precisa descrizione del fatto contenuta nel mandato di arresto europeo, non emerge alcun elemento sintomatico di una c:onsumazione del reato fuori dal territorio tedesco.
Va, inoltre, aggiunto che, quand’anche si volesse dare credito alla tesi difensiva e cioè all’avvenuto confezionamento della sostanza stupefacente in territorio belga, non potrebbe, comunque, configurarsi il motivo di rifiuto facoltativo previsto dalla seconda ipotesi dell’art. 18-bis, comma 1, lett. a), legge n. 69 del 2005, potendosi, in tal caso, ravvisare una fattispecie di importazione di sostanze stupefacenti dal Belgio alla Germania in relazione alla quale la legge nazionale consente la punizione anche delle porzioni di condotta avvenute nel territorio di altro Stato.
All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Così deciso in Roma, il 30 luglio 2024.