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Mandato di arresto europeo: quando è legittimo?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso contro la consegna di un cittadino alle autorità croate, basata su un mandato di arresto europeo. La sentenza chiarisce che, per un mandato ‘processuale’, i tentativi falliti di citazione e accompagnamento coatto sono sufficienti a giustificare la consegna. Inoltre, il mandato non necessita più di un’esposizione dettagliata delle fonti di prova, ma di una descrizione adeguata delle circostanze del reato.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: La Cassazione sui Requisiti di Consegna

La cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea si fonda su strumenti efficaci come il mandato di arresto europeo (MAE), che semplifica le procedure di consegna dei ricercati tra gli Stati membri. Tuttavia, la sua applicazione deve sempre bilanciare l’efficienza con la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione Penale, la n. 2250 del 2025, offre importanti chiarimenti sui requisiti di legittimità di un MAE cosiddetto ‘processuale’, emesso cioè per garantire la partecipazione dell’imputato al processo.

I Fatti del Caso: Furto Aggravato e la Richiesta Croata

Il caso riguarda un cittadino bosniaco, ricercato dalle autorità giudiziarie della Croazia per un reato di furto aggravato. L’uomo era accusato di aver forzato, nel gennaio 2019, alcune macchinette distributrici di bevande in un campeggio a Rovigno, impossessandosi di circa 623 euro. La Corte d’appello di Trieste aveva ritenuto sussistenti le condizioni per accogliere la richiesta di consegna basata su un mandato di arresto europeo. La difesa dell’uomo, però, ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando dubbi sulla legittimità della procedura.

I Motivi del Ricorso: Difesa e Garanzie Processuali

Il difensore ha articolato il ricorso su due punti principali:

1. Violazione delle garanzie difensive: Si sosteneva che il ricercato non avesse avuto effettiva conoscenza del procedimento a suo carico in Croazia. Secondo la difesa, una notifica solo formale non rispetta il principio del giusto processo sancito dall’art. 6 della CEDU. Inoltre, venivano contestate l’indeterminatezza della durata della custodia cautelare nel Paese richiedente e la presunta violazione del diritto al silenzio, che sarebbe stata compromessa dalla partecipazione coattiva all’udienza.
2. Carenza del quadro indiziario: Il secondo motivo lamentava che il mandato di arresto europeo non fornisse elementi sufficienti per identificare con certezza l’imputato come l’autore del reato.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo infondati entrambi i motivi. L’analisi della Corte fornisce una guida chiara su come interpretare la normativa sul mandato di arresto europeo.

Sulla Conoscenza del Procedimento e la Proporzionalità

La Corte ha innanzitutto distinto tra mandato ‘esecutivo’ (per eseguire una pena) e ‘processuale’ (per assicurare la presenza in giudizio). In quest’ultimo caso, le norme sono meno stringenti riguardo alla prova della conoscenza del processo. I giudici hanno evidenziato che l’autorità croata aveva tentato vanamente di notificare gli atti e persino di disporre l’accompagnamento coatto dell’imputato, dimostrando così di aver esperito opzioni meno invasive prima di ricorrere al MAE. La consegna, in questo contesto, non viola il principio di proporzionalità.

In merito alla durata della custodia, la Corte ha ritenuto ragionevole la valutazione della Corte d’appello: la misura è finalizzata a garantire la presenza dell’imputato alla prima udienza (senza la quale il processo non può iniziare) e la sua durata è quindi intrinsecamente limitata a questo scopo. Infine, assicurare la presenza dell’imputato in aula non vanifica in alcun modo il suo diritto a rimanere in silenzio durante il dibattimento.

Sulla Sufficienza degli Indizi nel Mandato di Arresto Europeo

Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Cassazione ha richiamato le recenti modifiche legislative (D.Lgs. n. 10/2021) che hanno riformato la disciplina del MAE. La normativa attuale non richiede più che il mandato contenga una relazione dettagliata sulle fonti di prova o sugli indizi di colpevolezza. È invece sufficiente che il documento descriva le circostanze della commissione del reato, includendo momento, luogo e grado di partecipazione del ricercato.

Nel caso di specie, il mandato conteneva un’esposizione dei fatti adeguata e sufficientemente dettagliata da consentire all’autorità giudiziaria italiana di effettuare il proprio controllo, senza necessità di richiedere informazioni aggiuntive. La tesi difensiva sull’incertezza degli addebiti è stata quindi respinta.

Le Conclusioni: I Limiti del Controllo dello Stato di Esecuzione

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale nella cooperazione giudiziaria europea: il controllo dello Stato di esecuzione sul mandato di arresto europeo è un controllo di legalità formale e non un riesame del merito delle accuse. La Corte ha confermato che, una volta rispettati i requisiti informativi previsti dalla legge, e in assenza di evidenti violazioni dei diritti fondamentali, la consegna deve essere disposta. La riforma legislativa ha snellito il contenuto informativo del mandato, rafforzando il principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie su cui si fonda l’intero sistema.

Per un mandato di arresto europeo ‘processuale’ è necessario provare che l’imputato era pienamente a conoscenza del processo a suo carico?
No, non è strettamente necessario. La Corte ha stabilito che se l’autorità giudiziaria emittente ha già tentato, senza successo, di utilizzare misure meno invasive come la citazione e l’accompagnamento coatto per assicurare la presenza dell’imputato, la richiesta di consegna tramite MAE è legittima e proporzionata.

Il mandato di arresto europeo deve contenere un’esposizione dettagliata delle prove a carico del ricercato?
No. A seguito delle recenti modifiche legislative, il mandato non deve più includere una relazione illustrativa delle fonti di prova e degli indizi di colpevolezza. È sufficiente che contenga una descrizione chiara delle circostanze del reato (tempo, luogo, grado di partecipazione) per consentire allo Stato di esecuzione di effettuare i propri controlli.

La consegna di una persona per garantirne la presenza al processo viola il suo diritto al silenzio?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che assicurare la presenza fisica dell’imputato al dibattimento è una necessità processuale che non compromette né vanifica la sua garanzia di poter scegliere di non rispondere alle domande, ossia il diritto al silenzio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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