Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2250 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2250 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Bosnia Erzegovina il 08/05/1976
avverso la sentenza del 17/12/2024 della Corte d’appello di Trieste
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore gene NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Trieste ha dichiar sussistenti le condizioni per l’accoglimento della richiesta di consegna di COGNOME alla Autorità Giudiziaria croata, in relazione al reato di furto aggr
commesso il 9 gennaio 2019 all’interno di un campeggio in Rovigno, là dove aveva forzato con uno strumento a leva alcune macchinette distributrici di bevande, impossessandosi della somma di euro 623,34. La Corte territoriale ha dato atto che la consegna è stata richiesta al fine di assicurare la presenza in giudizio dell’imputato e che i fatti costituiscono reato anche nell’ordinamento italiano. In particolare, la Corte ha evidenziato che il mandato contiene le informazioni prescritte dall’art. 6, comma 1, I. 22 aprile 2005, n. 69 nella formulazione derivante dalle modifiche apportate dal d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10. Infine, la Corte ha rilevato che il richiesto, difeso da un difensore di uffici nel procedimento croato, nonostante fosse stato regolarmente citato per l’udienza del 10 ottobre 2023, non era comparso senza giustificare l’assenza e che i tentativi del suo accompagnamento coatto per le successive udienze del 13 dicembre 2023 e 25 gennaio 2024 non avevano avuto successo. Ha altresì rappresentato che nella Repubblica croata il processo non può essere celebrato senza che l’imputato presenzi alla prima udienza dibattimentale e si esprima in merito alla fondatezza delle accuse a suo carico. La misura cautelare “processuale” è quindi prevista dall’ordinamento croato e la durata della stessa appare facilmente individuabile in ragione della precipua finalità della stessa, cioè di garantire la presenza dell’imputato alla prima udienza dibattimentale. Del resto, le udienze già tenute avevano avuto una cadenza mensile e pare dunque ragionevole prevedere che la misura, una volta eseguita, sarà contenuta nel breve tempo necessario per celebrare l’udienza successiva.
2. Ha proposto ricorso il difensore della persona richiesta, lamentando:
2.1. la violazione di legge in relazione all’art. 2 della legge 22 aprile 2005, n. 69, dal momento che non è emersa la conoscenza da parte del richiesto del procedimento a suo carico. Una conoscenza fittizia o soltanto formale confligge con il principio del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU, che presuppone la conoscenza dell’accusa formulata con l’atto di imputazione. Inoltre, la decisione adottata contrasta con la esigenza di certezza del tempo di permanenza in carcere nel Paese di consegna in attesa della prima udienza e con il principio di proporzionalità della misura coercitiva rispetto alla finalità per cui è disposta. Infine, la partecipazione coattiva all’udienza può essere considerata collidente anche con il principio processuale del diritto al silenzio dell’accusato, che costituisce un corollario dell’inviolabilità del diritto di difesa garantito dall’art Cost.
2.2. la violazione di legge quanto alla sussistenza del quadro gravemente indiziante, non essendo desumibile dal mandato di arresto europeo come l’imputato sia stato identificato quale autore del reato attribuitogli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto i motivi proposti sono infondati.
2. Il primo motivo di ricorso non è fondato. Ve evidenziato, con riguardo alla censura relativa alla mancanza di conoscenza del procedimento penale da parte del richiesto, che si tratta di mandato di natura c.d. processuale, là dove sono stabiliti solo per il mandato c.d. esecutivo i contenuti di cui all’art. 6, comma 1bis, I. n. 69/2005, riguardanti il processo al quale fa seguito la condanna da eseguire, pena o misura di sicurezza privativa della libertà personale. Sotto diverso profilo, va rilevato che nella sentenza impugnata, la Corte di appello ha dato atto che l’autorità giudiziaria croata procedente aveva vanamente tentato di celebrare la prima udienza nei confronti dell’imputato, disponendo, dopo la prima regolare citazione, l’accompagnamento coatto del richiesto, non andato a buon fine. Va quindi ricordato che, secondo la giurisprudenza di legittimità, non viola il principio di proporzionalità di cui all’art. 7 d.lgs. 21 giugno 2017, n. 108, la decisione con cui l’autorità giudiziaria italiana, su richiesta di quella straniera, disponga la consegna dell’imputato ai fini della partecipazione al procedimento a suo carico, qualora sia stata già inutilmente esperita, ai medesimi fini, una opzione procedurale meno invasiva della libertà personale della persona imputata (Sez. 6, n. 37474 del 12/09/2023, T., Rv. 285776). Le affermazioni della difesa circa la irritualità delle notifiche rimangono mere asserzioni congetturali, prive di qualsiasi appiglio.
Quanto alla pretesa indeterminatezza della durata della misura custodiale la Corte di appello ha congruamente argomentato nel senso che la misura cautelare “processuale” è prevista nell’ordinamento croato e la durata della stessa appare facilmente individuabile in ragione della precipua finalità della stessa, cioè di garantire la presenza dell’imputato alla prima udienza dibattimentale, senza la quale il processo non può essere celebrato. Del resto, la Corte ha richiesto espressamente di essere informata circa la data dell’udienza dibattimentale in cui il richiesto dovrà comparire.
Quanto, infine, al preteso contrasto con il “diritto al silenzio” dell’imputato, basti osservare che assicurare la presenza dello stesso al dibattimento non vanifica tale garanzia.
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. L’art. 6, comma 1, lettera e) del d. Igs. n. 10 del 2021, nella formulazione vigente, prevede che il
mandato contenga una descrizione delle circostanze della commissione del reato, compresi il momento, il luogo e il grado di partecipazione del ricercato, mentre è stato eliminato il riferimento alla relazione illustrativa delle fonti di prova e degl indizi di colpevolezza (di cui al previgente comma 4, lettera a, dello stesso art. 6). Ne consegue che, eliminato il riferimento alla documentazione che in precedenza si prevedeva dovesse essere allegata al mandato di arresto, sono venute meno anche le correlate cause di rifiuto, essendo richiesto che il mandato contenga da solo tutti gli elementi necessari per consentire il controllo che è tenuta ad effettuare l’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione (Sez. 6, n. 35462 del 23/09/2021, M., Rv. 282253; Sez. 6, n. 39196 del 28/10/2021, Ferrari, Rv. 282118). Nel caso di specie la Corte del merito ha ritenuto che il mandato contenesse una esposizione adeguata dei fatti, e pertanto non ha richiesto informazioni aggiuntive ex art. 16 della legge n. 69 del 2005. Le indicazioni contenute nel mandato d’arresto si presentano sufficientemente dettagliate e significativamente evocative del coinvolgimento di NOME nel furto aggravato commesso nel gennaio 2019 in Rovigno.
Destituita di fondamento è pertanto la tesi dell’incertezza fattuale e circostanziale degli addebiti.
Al rigetto dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Così deciso il 16/01/2025