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Mandato di arresto europeo: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso contro una decisione di consegna basata su un mandato di arresto europeo. La Corte ha stabilito che la richiesta di informazioni integrative allo Stato emittente è una facoltà discrezionale e non un obbligo, e deve essere specifica e non generica. Inoltre, ha ribadito che, a seguito delle recenti riforme, il giudice italiano non può più valutare la sufficienza dei gravi indizi di colpevolezza come motivo per rifiutare la consegna.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: Quando la Richiesta di Informazioni è Inutile

Il mandato di arresto europeo (MAE) è uno strumento fondamentale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, pensato per rendere più rapide ed efficaci le procedure di consegna delle persone ricercate. Tuttavia, la sua applicazione solleva spesso questioni complesse, come dimostra una recente sentenza della Corte di Cassazione. La decisione in esame chiarisce i limiti entro cui la difesa può richiedere informazioni integrative allo Stato emittente e ribadisce un principio cruciale: il giudice italiano non è chiamato a riesaminare le prove di colpevolezza.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un cittadino italiano destinatario di un mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria tedesca per reati molto gravi: associazione a delinquere finalizzata alla commissione di furti aggravati e concorso in rapina. La Corte di Appello di Napoli, come autorità giudiziaria dell’esecuzione in Italia, aveva ordinato la consegna dell’uomo alle autorità tedesche.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione procedurale. Secondo il ricorrente, la Corte di Appello avrebbe dovuto accogliere la sua richiesta di sollecitare informazioni e documenti integrativi alla Germania, poiché il mandato appariva generico e “meramente esplorativo”, non supportato da adeguate allegazioni.

Il Mandato di Arresto Europeo e i Limiti del Giudice Italiano

Il cuore del ricorso si basava sull’idea che il giudice italiano dovesse effettuare un controllo più approfondito sulla fondatezza delle accuse prima di autorizzare la consegna. La difesa ha invocato l’art. 16 della legge n. 69/2005, che consente alla Corte di Appello di richiedere informazioni supplementari allo Stato emittente.

La tesi difensiva, tuttavia, si è scontrata con l’interpretazione rigorosa fornita dalla Corte di Cassazione, che ha delineato chiaramente i confini dell’intervento del giudice nazionale nella procedura del mandato di arresto europeo.

le motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza e genericità, esponendo due principi fondamentali.

In primo luogo, ha chiarito che la richiesta di informazioni integrative ai sensi dell’art. 16 è uno strumento a disposizione della Corte di Appello, la cui attivazione ha natura discrezionale. Non è un diritto dell’imputato né un obbligo per il giudice. Tale richiesta, inoltre, per essere presa in considerazione, deve essere specifica e mirata a chiarire aspetti essenziali per la decisione sulla consegna (come il rispetto dei diritti fondamentali), e non può essere una richiesta generica e “esplorativa” volta a ottenere l’intero fascicolo processuale estero.

In secondo luogo, e questo è l’aspetto più rilevante, la Corte ha ribadito che, a seguito della riforma introdotta dal D.Lgs. n. 10 del 2021, il giudice italiano non ha più il potere di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. La normativa precedente prevedeva un controllo sulla “gravità indiziaria”, ma tale riferimento è stato eliminato proprio per rafforzare la fiducia reciproca tra gli Stati membri e velocizzare la cooperazione. Pertanto, tentare di utilizzare la richiesta di informazioni integrative per provocare una valutazione nel merito delle prove a carico è un’operazione non consentita dalla legge.

le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento ormai chiaro: la procedura di esecuzione di un mandato di arresto europeo non è un secondo processo nel merito. Il ruolo del giudice dello Stato di esecuzione (in questo caso, l’Italia) è limitato alla verifica del rispetto dei requisiti formali del mandato e della non sussistenza dei motivi di rifiuto obbligatori o facoltativi previsti dalla legge, con particolare attenzione alla tutela dei diritti fondamentali della persona richiesta in consegna. Qualsiasi ricorso basato sulla pretesa carenza di prove o sulla genericità delle accuse, senza individuare specifiche violazioni procedurali o dei diritti umani, è destinato a essere dichiarato inammissibile.

È possibile opporsi a un mandato di arresto europeo sostenendo che le prove a carico sono insufficienti?
No. A seguito delle modifiche legislative (D.Lgs. n. 10/2021), la carenza o insufficienza dei gravi indizi di colpevolezza non costituisce più un legittimo motivo di rifiuto alla consegna da parte dell’autorità giudiziaria italiana.

La Corte di Appello è obbligata a chiedere informazioni integrative allo Stato estero se la difesa lo richiede?
No. La richiesta di informazioni integrative è una facoltà discrezionale della Corte, non un obbligo. Per essere considerata, la richiesta della parte deve essere specifica, non meramente esplorativa, e finalizzata a chiarire requisiti necessari per la decisione sulla consegna.

Cosa succede se un ricorso contro la decisione di consegna viene dichiarato inammissibile?
In caso di declaratoria di inammissibilità del ricorso, la decisione di consegna diventa definitiva. La Corte di Cassazione condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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