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Mandato di Arresto Europeo: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4863/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso contro un mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria italiana. La Corte ha ribadito un principio consolidato: eventuali vizi del mandato, inclusa la violazione del principio di specialità, non possono essere fatti valere davanti al giudice italiano, ma esclusivamente dinanzi all’autorità giudiziaria dello Stato estero richiesto dell’esecuzione.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: Impugnazione Inammissibile in Italia

Con la recente sentenza n. 4863 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale della cooperazione giudiziaria europea: l’impugnabilità del mandato di arresto europeo. La decisione chiarisce in modo definitivo dove e come possono essere sollevate le contestazioni contro un MAE emesso dall’Italia, stabilendo un principio netto che delimita le competenze del giudice nazionale e di quello straniero.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso di un individuo, condannato con più sentenze poi riunite in un provvedimento di cumulo, contro un’ordinanza della Corte di Appello di Lecce. Quest’ultima aveva respinto la sua istanza volta a ottenere la revoca o la dichiarazione di inefficacia di un mandato di arresto europeo emesso nei suoi confronti dalla Procura Generale di Taranto.

Il ricorrente lamentava diverse violazioni. In primo luogo, sosteneva la violazione del principio di specialità, poiché il mandato era stato esteso a nuove condanne confluite nel cumulo senza che gli fosse stata data la possibilità di rinunciare a tale principio. A suo avviso, l’autorità giudiziaria avrebbe dovuto emettere un nuovo e distinto mandato. In secondo luogo, denunciava un travisamento degli atti, affermando che il MAE originario era stato revocato dalla stessa Procura Generale, portando all’archiviazione della procedura in Spagna. Infine, si doleva di essere detenuto per condanne per le quali non era mai stata chiesta l’estradizione alla Spagna.

La Decisione della Corte di Cassazione e il principio di diritto

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, allineandosi alla sua giurisprudenza consolidata. Il fulcro della decisione risiede in un principio fondamentale: il mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria italiana nell’ambito di una procedura ‘attiva’ di consegna (cioè, quando l’Italia chiede a un altro Stato di consegnare una persona) non è un atto impugnabile nell’ordinamento giuridico italiano.

Secondo gli Ermellini, qualsiasi vizio che possa inficiare il mandato, sia esso formale o sostanziale, può e deve essere dedotto unicamente davanti all’autorità giudiziaria dello Stato richiesto, ovvero lo Stato membro chiamato a dare esecuzione al mandato. Sarà quest’ultimo, applicando le proprie norme procedurali, a valutare la legittimità della richiesta di consegna.

Le Motivazioni: la non impugnabilità del mandato di arresto europeo attivo

La Corte di Cassazione ha spiegato che il mandato di arresto europeo non è un provvedimento coercitivo interno, ma uno strumento di cooperazione giudiziaria. Quando l’Italia è lo Stato di emissione, il MAE rappresenta una richiesta rivolta a un’altra autorità sovrana. Di conseguenza, il contraddittorio sulla validità di tale richiesta si instaura nel Paese di esecuzione.

Questa interpretazione, già sancita dalle Sezioni Unite con la sentenza ‘Caiazzo’ del 2012, trova conferma nella Legge n. 69/2005. La normativa non prevede alcun rimedio giurisdizionale interno contro l’emissione del MAE attivo. Pertanto, questioni complesse come quelle relative al principio di specialità non possono essere esaminate dal Giudice dell’esecuzione italiano, ma devono essere portate all’attenzione del giudice dello Stato richiesto (nel caso di specie, quello spagnolo).

Le doglianze del ricorrente, seppur articolate, sono state quindi ritenute ‘de-assiali e aspecifiche’ rispetto all’oggetto del giudizio, poiché miravano a introdurre nel procedimento di esecuzione italiano tematiche che, per loro natura, appartengono alla giurisdizione estera.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza ribadisce con forza un confine giurisdizionale netto. Chi è colpito da un mandato di arresto europeo emesso dall’Italia non può contestarne la validità davanti ai giudici italiani. La sede deputata per far valere le proprie ragioni, inclusa la presunta violazione di principi fondamentali come quello di specialità, è esclusivamente il tribunale dello Stato membro in cui la persona viene rintracciata e arrestata. Questa pronuncia consolida l’efficienza del sistema del MAE, evitando duplicazioni di giudizi e riaffermando la reciproca fiducia su cui si fonda lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia europeo.

È possibile impugnare un mandato di arresto europeo emesso dall’Italia davanti a un giudice italiano?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria italiana in una procedura attiva di consegna non è impugnabile nell’ordinamento interno.

Dove si possono sollevare questioni relative al principio di specialità per un mandato di arresto europeo?
Le questioni relative al principio di specialità, così come altri eventuali vizi del mandato, devono essere dedotte esclusivamente davanti all’autorità giudiziaria dello Stato richiesto (cioè lo Stato che esegue il mandato), secondo le regole del suo ordinamento.

Cosa succede se un ricorso contro un mandato di arresto europeo viene comunque presentato in Italia?
Come nel caso di specie, il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi che escludano la colpa, al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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