Mandato di Arresto Europeo: La Cassazione chiarisce i limiti del ricorso
Il mandato di arresto europeo (M.A.E.) è uno strumento fondamentale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, ma le procedure per la sua esecuzione sollevano spesso questioni complesse. Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha fornito importanti chiarimenti sui limiti del ricorso contro le decisioni di consegna, in particolare riguardo ai motivi che possono essere validamente sollevati.
Il caso: Consegna all’Austria per truffa e ricorso in Cassazione
La vicenda trae origine dalla decisione della Corte di Appello di Venezia, che aveva disposto la consegna di un individuo alle autorità giudiziarie austriache. L’uomo era ricercato per reati di truffa in base a un mandato di arresto europeo emesso dall’Austria.
Contro tale decisione, la difesa dell’interessato ha proposto ricorso per cassazione, sollevando una serie di motivi volti a ottenere l’annullamento della sentenza.
I motivi del ricorso: dal principio di territorialità alla specialità
Il ricorrente ha basato la sua impugnazione su diverse presunte violazioni di legge, tra cui:
1. Violazione del principio di territorialità: la difesa sosteneva che il reato fosse stato commesso in Italia, chiedendo quindi il rifiuto della consegna.
2. Carenze del M.A.E.: si lamentava che il mandato fosse generico nella descrizione dei fatti, dei dati spazio-temporali e del danno subito.
3. Violazione del principio di specialità e tutela della giurisdizione nazionale: l’interessato era sottoposto a indagini in Italia per bancarotta, e la sua consegna avrebbe comportato la sospensione di tale procedimento, comprimendo la sovranità giurisdizionale italiana.
4. Violazione del principio di proporzionalità: si contestava la proporzione tra la consegna e la limitata gravità dei fatti.
Analisi del mandato di arresto europeo: i vizi non ammessi
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Il punto centrale della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 22 della legge n. 69/2005 (che disciplina il M.A.E.), come modificato dal d.lgs. n. 10/2021. La nuova normativa, infatti, non ammette più il ricorso per cassazione per “vizi di motivazione”.
Questo significa che non è possibile contestare davanti alla Suprema Corte il modo in cui il giudice di merito ha valutato gli elementi e argomentato la sua decisione, a meno che non si configuri una vera e propria violazione di legge. Molte delle censure sollevate dal ricorrente, secondo la Corte, si risolvevano proprio in contestazioni sulla motivazione e, pertanto, erano inammissibili.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha esaminato nel dettaglio i singoli motivi, ritenendoli infondati o inammissibili.
Sul rifiuto di consegna per territorialità
La Cassazione ha chiarito che il rifiuto facoltativo di consegna previsto dall’art. 18-bis (quando il reato è commesso in tutto o in parte in Italia) richiede una prova certa, non una mera ipotesi. Inoltre, la giurisprudenza consolidata stabilisce che, anche in presenza di un reato commesso in parte in Italia, il rifiuto è giustificato solo se esiste già un procedimento penale pendente in Italia per gli stessi fatti. Questa circostanza dimostra la volontà effettiva dello Stato italiano di esercitare la propria giurisdizione, volontà che nel caso di specie non era stata manifestata.
Sulla presunta genericità del M.A.E.
Il motivo è stato giudicato manifestamente infondato. La Corte ha spiegato che i dettagli descrittivi richiesti dall’art. 6 della legge sul M.A.E. sono funzionali alle verifiche sulla doppia incriminabilità (art. 7) e sulla consegna obbligatoria (art. 8). Nel caso di specie, trattandosi di truffa, era sufficiente la qualificazione giuridica data dallo Stato di emissione e la relativa cornice edittale, aspetti non contestati. La Corte d’Appello aveva comunque elementi sufficienti per qualificare il fatto come truffa anche secondo la legge italiana.
Sull’errata applicazione del principio di specialità
La Suprema Corte ha evidenziato come il ricorrente abbia invocato erroneamente il principio di specialità. Tale principio, infatti, protegge la persona consegnata da eventuali procedimenti, nello Stato richiedente (in questo caso l’Austria), per fatti diversi da quelli per cui la consegna è stata concessa. Non ha, invece, alcun effetto sui procedimenti penali in corso nello Stato di esecuzione (l’Italia). La possibilità di rinviare la consegna, in presenza di procedimenti pendenti in Italia, è una facoltà discrezionale della Corte di Appello, non un obbligo.
Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza
Questa sentenza ribadisce alcuni principi chiave in materia di mandato di arresto europeo:
1. Limiti al ricorso in Cassazione: Dopo le recenti riforme, i margini per impugnare una sentenza di consegna si sono ristretti. Non è più possibile lamentare semplici vizi di motivazione, ma è necessario dimostrare una chiara violazione di legge.
2. Rifiuto per territorialità: Il rifiuto della consegna per reati commessi in Italia non è automatico. È necessaria la certezza del luogo del reato e, soprattutto, la pendenza di un procedimento penale per gli stessi fatti in Italia, a dimostrazione di un concreto interesse dello Stato a procedere.
3. Principio di specialità: Questo principio opera a tutela dell’imputato nello Stato di destinazione, non impedisce la consegna da parte dello Stato in cui si trova.
La decisione consolida un orientamento che mira a rendere più celere ed efficace la cooperazione giudiziaria europea, limitando le impugnazioni a questioni di pura legittimità e rafforzando la fiducia reciproca tra gli Stati membri.
È possibile impugnare in Cassazione una sentenza sulla consegna per un mandato di arresto europeo lamentando difetti di motivazione?
No, a seguito delle modifiche legislative (art. 22 della legge n. 69/2005), il ricorso per cassazione avverso la sentenza della corte di appello sulla richiesta di consegna non è ammesso per vizi di motivazione.
Quando può essere rifiutata la consegna di una persona se il reato è stato commesso in Italia?
Il rifiuto della consegna basato sul fatto che il reato è stato commesso in Italia (locus commissi delicti) richiede che tale circostanza risulti con certezza. Inoltre, la giurisprudenza prevalente ritiene che il rifiuto sia giustificato solo quando in Italia pende già un procedimento penale per gli stessi fatti, dimostrando così la volontà dello Stato di esercitare la propria giurisdizione.
Il principio di specialità impedisce la consegna di una persona che è indagata per altri reati nello Stato di esecuzione?
No. Il principio di specialità regola le conseguenze della consegna sui procedimenti penali nello Stato di emissione (quello che ha richiesto la persona), non in quello di esecuzione (quello che consegna). Esso vieta allo Stato richiedente di processare la persona per reati diversi da quelli per cui è stata concessa la consegna. La presenza di altri procedimenti in Italia non impedisce la consegna, ma può al massimo giustificare un rinvio, a discrezione della Corte d’Appello.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31298 Anno 2025
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