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Mandato di arresto europeo: pena incerta, no consegna

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di consegna basata su un mandato di arresto europeo, poiché la Corte d’Appello non aveva determinato l’esatta pena da scontare per il singolo reato per cui la consegna era stata concessa. La Suprema Corte ha stabilito che la verifica della pena minima è un requisito inderogabile che spetta al giudice italiano e non può essere delegata allo Stato emittente.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di arresto europeo: perché la certezza della pena è un requisito fondamentale

Il mandato di arresto europeo (MAE) rappresenta uno degli strumenti più efficaci di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, basato sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e deve rispettare precise garanzie legali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio cruciale: la consegna di una persona non può avvenire se non è chiaramente definita la porzione di pena da scontare per i reati per i quali la consegna stessa viene autorizzata.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria rumena nei confronti di un cittadino condannato in via definitiva per due distinti reati: porto o uso di strumenti atti ad offendere e guida senza patente. La pena complessiva, risultante dal cumulo delle sanzioni per entrambi i reati, era di un anno, sei mesi e settanta giorni di reclusione.

La Corte di Appello italiana, investita della decisione sulla consegna, accoglieva la richiesta, ma solo limitatamente al reato di porto d’armi, escludendo quello di guida senza patente. Tuttavia, la Corte non specificava quale fosse la frazione di pena da attribuire al solo reato per cui veniva concessa la consegna. Anzi, demandava all’autorità giudiziaria rumena il compito di ‘rideterminare’ la sanzione. Contro questa decisione, la difesa della persona richiesta in consegna proponeva ricorso in Cassazione, lamentando l’incertezza sull’entità della pena da eseguire, in violazione della legge italiana di attuazione del MAE (L. 69/2005).

La Decisione sul mandato di arresto europeo e la pena

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza della Corte di Appello con rinvio per un nuovo giudizio. La Suprema Corte ha affermato un principio di diritto fondamentale: il giudice dell’esecuzione, nel decidere sulla consegna, ha l’obbligo di verificare la sussistenza di tutti i requisiti di legge, compreso quello della pena minima.

Secondo l’art. 7, comma 4, della L. 69/2005, se il mandato di arresto europeo è emesso per l’esecuzione di una condanna, la pena deve avere una durata non inferiore a quattro mesi. Nel caso di specie, essendo la pena complessiva frutto di un cumulo per più reati e avendo la Corte d’Appello escluso uno di essi, era impossibile stabilire se la pena residua per il solo reato ammesso alla consegna superasse tale soglia minima. Delegare questo calcolo allo Stato emittente è stato ritenuto un errore procedurale che lede le garanzie previste dalla legge.

Le Motivazioni della Corte

La Cassazione ha chiarito che il principio del reciproco riconoscimento, pur essendo il cardine della cooperazione giudiziaria europea, non esime il giudice nazionale dal verificare i presupposti dettati dalla propria legge interna. L’impossibilità di scindere le pene relative ai singoli reati impedisce al giudice dell’esecuzione di compiere la necessaria valutazione sulla conformità della richiesta alla legge.

La Corte ha specificato che la soluzione corretta non era quella di demandare la rideterminazione della pena all’autorità estera, ma quella di avviare un’interlocuzione con essa per ottenere la specificazione delle pene relative a ciascun reato. Solo con questa informazione, la Corte di Appello avrebbe potuto:
1. Verificare il rispetto del requisito della pena minima di quattro mesi.
2. Determinare con esattezza quale fosse il titolo esecutivo da porre in esecuzione.

La soluzione adottata dalla Corte d’Appello, secondo la Cassazione, creava una situazione di incertezza giuridica inaccettabile, rendendo la decisione sulla consegna invalida. La sentenza impugnata è stata quindi annullata, e il caso è stato rimandato alla Corte di Appello, che dovrà ora acquisire le informazioni necessarie dallo Stato emittente prima di poter decidere nuovamente sulla richiesta di consegna.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia rafforza le garanzie procedurali nell’ambito del mandato di arresto europeo. Essa stabilisce che il giudice italiano non può limitarsi a un recepimento passivo della richiesta, ma deve svolgere un ruolo attivo di controllo sulla legalità della procedura. L’incertezza sulla pena da scontare non è un dettaglio formale, ma un elemento sostanziale che incide sulla legittimità della limitazione della libertà personale. Per gli operatori del diritto, questa sentenza sottolinea l’importanza di analizzare attentamente i mandati d’arresto che si fondano su condanne cumulative per più reati, assicurandosi che sia sempre possibile individuare la sanzione specifica per ogni singolo illecito oggetto della richiesta di consegna.

È possibile eseguire un mandato di arresto europeo se la pena da scontare non è chiaramente definita per il reato per cui si concede la consegna?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’indicazione dell’esatta entità della pena da eseguire è un requisito necessario e inderogabile. L’autorità giudiziaria italiana deve verificare che la pena per il reato oggetto di consegna non sia inferiore a quattro mesi, e non può delegare questa verifica allo Stato di emissione.

Se un mandato di arresto europeo riguarda più reati, ma la consegna viene concessa solo per alcuni, come si determina la pena da scontare?
La sentenza chiarisce che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione (in questo caso, italiana) deve ottenere dallo Stato di emissione la specificazione della frazione di pena riferibile a ciascuna condanna. Non è sufficiente conoscere la pena complessiva risultante dal cumulo.

Il principio di fiducia reciproca tra Stati membri può superare la necessità di definire la pena esatta?
No. Sebbene la fiducia reciproca sia il fondamento della cooperazione giudiziaria europea, essa non esime il giudice dell’esecuzione dal verificare la sussistenza dei presupposti legali richiesti dalla normativa nazionale (in questo caso, la L. 69/2005), come il requisito della pena minima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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