Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23030 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23030 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
Procuratore generale presso la Corte di appello di Bari nel procedimento a carico di NOME COGNOME nato in Albania il 24/2/1990
avverso la sentenza del 23/05/2025 emessa dalla Corte di appello di Bari visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso; udito l’Avvocato NOME COGNOME in sostituzione degli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME il quale chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile e si
riportano alla memoria difensiva depositata.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza, la Corte di appello di Bari rigettava la richiesta di consegna di NOME COGNOME all’autorità giudiziaria tedesca, che aveva emesso un mandato di arresto europeo in relazione alla ritenuta partecipazione del predetto ad un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe.
La Corte di appello provvedeva, a più riprese, a richiedere all’autorità tedesca l’invio del provvedimento di custodia cautelare, ritenendo essenziale l’acquisizione di tale atto in quanto, nei confronti di COGNOME e nell’ambito di un distin procedimento avviato per i medesimi fatti in Kosovo, era stata disposta dall’autorità giudiziaria di tale Paese l’archiviazione (provvedimento allegato dalla difesa).
Nel provvedimento impugnato, si dava atto che il mandato di arresto non indicava in maniera esaustiva gli elementi a carico di COGNOME, con riferimento al grado di partecipazione all’associazione e al luogo della commissione del reato. A fronte dell’incertezza in ordine agli indizi a carico di COGNOME e dell’esistenza di u provvedimento di archiviazione, sia pur adottato in altro Stato, la Corte di appello riteneva necessaria l’integrazione documentale richiesta all’autorità tedesca e, una volta preso atto del mancato adempimento, addiveniva al rigetto della consegna.
Ha proposto ricorso il Procuratore generale presso la Corte di appello di Bari, deduce la violazione dell’art. 6 I. 22 aprile 2005, n.69, evidenziando come, a seguito delle modifiche apportate con il d.lgs. 2 febbraio 2021, n.10, è stata sottratta al giudice nazionale qualsivoglia valutazione in ordine alla gravità indiziaria.
Se nella versione dell’art.6, ante riforma, era indicata la necessità di allegare al mandato di arresto copia del provvedimento restrittivo, l’attuale formulazione della norma richiede esclusivamente l’indicazione del provvedimento cautelare, proprio perché al giudice nazionale è inibita qualsivoglia valutazione in ordine alla fondatezza dell’accusa.
Ne consegue che la Corte di appello non aveva titolo per richiedere l’integrazione documentale e, pertanto, non poteva neppure pervenire al rigetto della richiesta di consegna, in quanto si sarebbe dovuta limitare alla verifica della regolarità del mandato di arresto sulla base di quanto previsto dall’art. 6 I. 22 aprile 2005, n.69 .
Con memoria difensiva, il cui contenuto è stato ulteriormente illustrato in udienza, i difensori di COGNOME sostengono che le modifiche normative indicate dal ricorrente non possono tradursi nell’esclusione di qualsivoglia possibilità, per l’autorità richiesta, di dare seguito al mandato, anche in presenza di fondati dubbi
circa la fondatezza dell’iniziativa cautelare.
In tal senso depone l’art. 16 I. 22 aprile 2005, n.69, in base al quale la Corte di appello ha mantenuto il potere di chiedere informazioni integrative ove ritenga insufficienti quelle già inviate.
Aggiungono i difensori che il mandato di arresto risulterebbe carente anche in ordine alla descrizione della condotta (tuttora richiesta ai sensi dell’art.6, lett. inoltre sarebbe stata indicata la sola pena massima astrattamente irrogabile, ma non quella minima (in violazione di quanto previsto dall’art.6, lett.f).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
La Corte di appello di Bari, nel rigettare la richiesta di consegna, ha valorizzato l’omesso invio di documentazione integrativa, nonché il fatto che nei confronti del soggetto richiesto, per i medesimi fatti, fosse stata disposta l’archiviazione del procedimento in Kosovo, luogo ove sarebbe stata commessa, almeno in parte, la condotta illecita.
La ratio sottesa alla decisione impugnata è evidentemente quella di ritenere la necessità di una verifica nel merito della fondatezza dell’ipotesi accusatoria, in tal senso deponendo la richiesta di acquisire l’ordinanza cautelare.
In tal modo, però, la Corte di appello ha esercitato un controllo non più consentito, per effetto delle modifiche apportate alla disciplina sul mandato di arresto, volte a valorizzare il principio del reciproco affidamento tra Stati l’autonomia della valutazione dello Stato richiedente in ordine ai presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento restrittivo.
2.1. Questa Corte ha già avuto modo di precisare che l’intervenuta abrogazione, ad opera del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, dei commi 3,4,5,6 dell’art. 6 della legge n. 69 del 2005, preclude la possibilità di ritenere legittimo motivo di rifiuto alla consegna la mancata allegazione della documentazione indicata nei richiamati commi (Sez.6, n. 35462 del 23/9/2021, Rv. 282253). È opportuno segnalare che proprio l’abrogato terzo comma richiedeva l’allegazione di copia del provvedimento restrittivo.
Si è anche precisato che l’eliminazione, ad opera del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, dal testo dell’art. 17, comma 4, legge 22 aprile 2005, n. 69 del riferimento ai gravi indizi di colpevolezza comporta che la mancata indicazione di essi non costituisce legittimo motivo di rifiuto alla consegna, nemmeno di carattere facoltativo (Sez.6, n. 39196 del 28/10/2021, Ferrari, Rv. 282118).
2.2. I richiamati principi sono pienamente applicabili al caso di specie, dovendosi ritenere che la Corte di appello non poteva richiedere la trasmissione del provvedimento cautelare ai fini della valutazione della gravità indiziaria, posto che tale potere gli è inibito dall’abrogazione dell’art. 6, comma 3, I. 22 aprile 2005, n.69
Tanto meno è da ritenersi legittimo il diniego della consegna sulla base del preteso inadempimento di un obbligo informativo non più sussistente.
2.3. A diverse conclusioni non conduce l’affermazione difensiva secondo cui la Corte di appello si sarebbe comunque avvalsa di un potere tutt’ora riconosciutole dall’art. 16 I. 22 aprile 2005, n.69.
La norma richiamata, pur continuando a prevedere la facoltà per il giudice nazionale di chiedere informazioni all’autorità estera, deve essere letta congiuntamente alle disposizioni in tema di contenuto della richiesta (art.6) e di motivi di rifiuto (artt.18 e 18-bis).
Le richieste integrative possono essere tutt’ora legittimamente rivolte all’autorità estera, ma solo nei limiti in cui sono funzionali all’esercizio di un pot valutativo riconosciuto al giudice nazionale.
Viceversa, ove le informazioni integrative siano del tutto avulse dall’ambito della verifica demandata alla Corte di appello, deve ritenersi che quest’ultima non possa legittimamente formulare la richiesta ex art.16 cit. e, ove questa sia stata ugualmente inviata, la mancata risposta è inidonea a dar luogo al diniego della consegna.
A ben vedere, infatti, l’omessa integrazione di un dato conoscitivo che non è funzionale alla decisione, in quanto esula dai presupposti normativamente previsti, determina una carenza del tutto irrilevante ai fini della decisione.
2.4. Applicando tale principio al caso di specie, è agevole rilevare che la richiesta rivolta all’autorità tedesca di inviare il provvedimento restrittivo non e consentita sulla base degli artt.6 e 16 I. 22 aprile 2005, n.69, posto che, ove pure la Corte di appello avesse avuto la disponibilità di tale atto, non avrebbe potuto procedere alla valutazione della gravità indiziaria, neppure a fronte di un provvedimento di archiviazione adottato in altro Stato, posto che lo stesso raffronto tra l’identità del fatto e la correttezza o meno dell’archiviazione rispet all’iniziativa cautelare tedesca è sottratta al vaglio dell’autorità nazionale.
2.5. Per completezza, deve sottolinearsi come la difesa del consegnando ha evidenziato che il mandato di arresto non contenesse neppure quella minima e sommaria descrizione del fatto richiesta dall’art.6, lett.e), I. 22 aprile 2005, n.6 come pure non risulterebbe indicato il minimo edittale previsto per il reato ipotizzato.
Si tratta di una carenza che non è stata posta a fondamento della decisione di rigetto che, del resto, ha dato conto di come la descrizione sommaria del fatto
fosse stata fornita.
È opportuno evidenziare, peraltro, che, ai fini della valutazione della completezza delle informazioni contenute nel m.a.e. processuale relativamente
all’indicazione della pena stabilita dalla legge dello Stato di emissione (art. 6, comma 1, lett. f), della legge 22 aprile 2005, n. 69), deve aversi riguardo non alla
pena minima, bensì solo all’indicazione della pena detentiva edittale massima, l’unica rilevante ai fini della decisione sulla consegna, sia nella decisione quadro
2002/584/GAI del 13 giugno 2002, che nella su citata legge di attuazione nell’ordinamento italiano (Sez.6, n. 30006 del 26/10/2020, COGNOME, Rv. 279782-
02; conf. Sez.6, n. 45364 dell’1/12/2011, COGNOME, Rv. 251187).
3. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento con rinvio per nuovo giudizio della sentenza
impugnata.
PQM
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bari.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.22, comma 5, legge n.69 del 2005.
Così deciso il 16 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente