Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27090 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27090 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME nato in Nigeria il 14/10/1986 (C.U.I.: 05P40G8)
avverso la sentenza del 26/06/2025 della Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Torino, con sentenza del 26 giugno 2025, ha accolto la domanda di consegna avanzata dalla Autorità giudiziaria della Repubblica d’Austria nei confronti di NOME COGNOME in quanto destinatario di mandato di arresto europeo “esecutivo” emesso il 13 aprile 2018, in relazione alla condanna di mesi nove irrogata con sentenza definitiva dell’Il dicembre 2017 per quattro violazioni in tema di traffico di stupefacenti (fatti commessi dal 14 maggio e al 4 ottobre del 2017).
NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso, deducendo violazione di legge, in relazione all’art. 18 bis, comma 2, della legge 22 aprile 2005 n. 69, e vizio di motivazione per omissione e illogicità.
La Corte di appello avrebbe identificato il consegnando nella persona di NOME COGNOME senza procedere ai rilievi dattiloscopici e basandosi sulle generiche dichiarazioni dallo stesso rese nel corso della udienza di convalida.
La Corte distrettuale avrebbe, inoltre, erroneamente ritenuto non sussistente il radicamento nel territorio dello Stato italiano da almeno un quinquennio, nonostante tale informazione potesse essere acquisita ex officio attraverso i siti istituzionali del catasto immobili urbani e della conservatoria dei registri immobiliari, avendo NOME acceso “recentemente” un mutuo per l’acquisto di un immobile in provincia di Vercelli.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, sia perché manifestamente infondato, sia in quanto declinato per motivi non consentiti.
L’art. 18 d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, nel modificare l’art. 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69, consente il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello sulla richiesta di consegna nell’ambito della disciplina del mandato di arresto europeo solo «per i motivi, contestualmente enunciati, di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’articolo 606 del codice di procedura penale» e, dunque, non per vizi della motivazione (ex multis, Sez. 6 n.8299 del 08/03/2022,Rafa, Rv.281911).
Deve, pertanto, ritenersi inammissibile la censura che, pur dal ricorrente formulata quale vizio violazione di legge, attinge in realtà la motivazione della sentenza impugnata relativamente alla erronea identificazione del consegnando nella persona di NOME COGNOME
La Corte d’appello ha, infatti, motivato in modo non apparente la sussistenza di tale presupposto. I Giudici, invero, non solo hanno evidenziato che lo COGNOME aveva ammesso, in sede di convalida, di avere rassegnato in Austria le generalità di NOME COGNOME nato in Nigeria il 14/10/1986, e di non avere fatto rientro nell’istituto penitenziario di Klagenfurt, sottraendosi così alla condanna definitiva inflittagli dall’Autorità austriaca con sentenza dell’Il dicembre 2017, ma hanno congruamente rilevato come alla identificazione del consegnando si fosse giunti in modo sicuro sulla base di informazioni oggettive, tratte dalla richiesta del permesso di soggiorno, dal documento di identità e dai rilievi fotodattiloscopici in atti.
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Informazioni, quelle su richiamate, che il ricorrente non ha specificamente contestato in questa Sede.
2.1. Sorte non diversa spetta alla ulteriore censura relativa al mancato riconoscimento del motivo facoltativo di rifiuto del consegnando ai sensi dell’art. 18-bis, comma 2, legge cit.
La norma, invero, stabilisce che “quando il mandato di arresto europeo è stato emesso ai fini della esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà personale, la Corte di appello può rifiutare la consegna del cittadino italiano o di persona che legittimamente ed effettivamente risieda o dimori in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano, sempre che disponga che tale pena o misura di sicurezza sia eseguita in Italia conformemente al suo diritto interno”.
La nozione di “residenza e/o dimora”, rilevante ai fini del rifiuto della consegna, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, presuppone un radicamento reale e non estemporaneo della persona nello Stato, che è desumibile da una serie di indici rivelatori, quali ad esempio: la legalità della presenza in Italia, l’apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra quest’ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all’estero, la fissazione in Italia della sede principale e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, il pagamento eventuale di oneri contributivi e fiscali (cfr. Sez. 6, n. 19389 del 25/06/2020, D., Rv. 279419).
Dunque, per valutare se possa essere rifiutata l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo emesso nei confronti del cittadino di un Paese terzo che dimori o risieda nel territorio dello Stato membro di esecuzione, «l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve considerare complessivamente tutti gli elementi concreti caratterizzanti la situazione di tale cittadino, idonei a indicare se esistono con lo Stato membro di esecuzione, legami che dimostrino che egli è sufficientemente integrato in tale Stato e che, pertanto, l’esecuzione, nello Stato membro, della pena o della misura di sicurezza privative della libertà pronunciata nei suoi confronti nello Stato membro emittente accrescerà le sue possibilità di reinserimento sociale dopo che la pena o la misura di sicurezza saranno state eseguite. Tra tali elementi vanno annoverati i legami familiari, linguistici, culturali, sociali o economici che il cittadino del paese terzo intrattiene con lo Stato membro di esecuzione, nonché la natura, la durata e le condizioni del suo soggiorno in tale Stato» (così Sez. 6, n.25013 del 21/06/2024, Rv. 286670).
2.t Ebbene, nel caso in esame, la Corte di appello ha escluso che COGNOME risieda in Italia da almeno cinque anni, con motivazione tutt’altro che illogica ed apparente, rilevando come il consegnando non avesse offerto alcuna
dimostrazione circa la sua effettiva presenza continuativa sul territorio per il periodo previsto.
Né le censure sollevate dal difensore consentono di superare le valutazioni dei
Giudici di merito. Ed invero, la documentazione – che secondo la difesa proverebbe il radicamento sul territorio – da un lato, viene genericamente indicata solo in
questa Sede, senza dimostrarne la necessaria decisività al fine qui considerato, dall’altro lato, e soprattutto, non è stata prodotta nel precedente grado di giudizio,
pur essendo, per stessa ammissione del difensore, facilmente ricavabile da siti istituzionali.
Al riguardo, tuttavia, è preclusa ogni valutazione in sede di legittimità, poiché un eventuale accertamento di fatto svolto sotto tale profilo involgerebbe
un giudizio di merito cui questa Corte non può più procedere (Sez. 6, n. 8299 del
08/03/2022, Rafa, Rv. 282911), a seguito delle modifiche apportate dall’art. 18
d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, all’art. 22 legge cit., che non consentono il ricorso per cassazione per vizi di motivazione avverso i provvedimenti che decidono sulla
consegna dell’interessato.
Alla inammissibilità del ricorso segue – ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. – la condanna al pagamento del ricorrente delle spese del procedimento e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si stima equo fissare in tremila euro, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (vedi Corte Costit., sent. n. 186 del 13 giugno 2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.
Così deciso il 23/07/2025.