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Mandato di arresto europeo: la doppia punibilità

Un cittadino romeno si opponeva alla consegna alle autorità del suo paese, richiesta con un mandato di arresto europeo per l’esecuzione di una pena. I motivi del ricorso erano due: la presunta mancanza del requisito della doppia punibilità per il reato di fuga dal luogo dell’incidente e il rischio di trattamenti inumani nelle carceri rumene. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che per la doppia punibilità è sufficiente che il fatto concreto sia reato in entrambi gli ordinamenti, non essendo necessaria una perfetta coincidenza delle norme. Inoltre, ha ritenuto sufficienti le garanzie fornite dalle autorità rumene sulle condizioni di detenzione.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: Quando il Fatto è Reato in Entrambi i Paesi

Il mandato di arresto europeo (M.A.E.) è uno strumento fondamentale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, ma la sua applicazione solleva spesso questioni complesse. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 21256/2025) offre chiarimenti cruciali su due pilastri della procedura: il requisito della doppia punibilità e la valutazione delle condizioni detentive nello Stato richiedente. Analizziamo come i giudici hanno bilanciato la necessità di cooperazione con la tutela dei diritti fondamentali.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un cittadino romeno, destinatario di un mandato di arresto europeo emesso dalle autorità del suo Paese per l’esecuzione di una pena detentiva complessiva di 2 anni, 7 mesi e 10 giorni. La condanna derivava da due sentenze definitive: una per guida in stato di ebbrezza e l’altra per fuga dal luogo dell’incidente e lesioni colpose.

La Corte di Appello italiana aveva accolto la richiesta di consegna, disponendo la consegna del soggetto all’autorità giudiziaria romena. Avverso questa decisione, il difensore dell’uomo ha proposto ricorso in Cassazione, basandolo su due motivi principali.

I Motivi del Ricorso

Il ricorrente contestava la decisione della Corte di Appello sotto due profili:

1. Violazione del principio di doppia punibilità: Secondo la difesa, il reato di ‘fuga dal luogo dell’incidente’ previsto dalla legge rumena non avrebbe un esatto corrispondente nell’ordinamento italiano (art. 189 del Codice della Strada). Si sosteneva che la norma rumena punisse il semplice allontanamento senza autorizzazione della polizia, a prescindere dall’obbligo di fermarsi e prestare assistenza, rendendo la fattispecie non sovrapponibile a quella italiana. Di conseguenza, mancando la doppia punibilità, la consegna non sarebbe stata legittima.
2. Rischio di trattamenti inumani e degradanti: La difesa lamentava l’insufficienza delle informazioni fornite dalle autorità rumene sulle condizioni carcerarie. Le rassicurazioni sullo spazio vitale minimo, sulle condizioni igieniche e sulle attività trattamentali erano ritenute generiche e non idonee a escludere un concreto rischio di violazione dei diritti fondamentali del detenuto, in violazione delle convenzioni europee.

Le Motivazioni della Cassazione sul mandato di arresto europeo

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile per manifesta infondatezza. Le argomentazioni della Suprema Corte sono illuminanti per comprendere l’applicazione pratica del mandato di arresto europeo.

La questione della doppia punibilità

Sul primo punto, la Corte ha ribadito un principio consolidato: per soddisfare il requisito della doppia punibilità non è necessaria una perfetta e speculare coincidenza tra le norme incriminatrici dei due Stati. È invece sufficiente che la condotta concreta contestata sia punibile come reato in entrambi gli ordinamenti.

I giudici hanno sottolineato che la valutazione non deve essere meramente astratta, ma ancorata al caso specifico. La ratio sia della norma rumena che di quella italiana (art. 189 C.d.S.) è la stessa: garantire l’identificazione dei soggetti coinvolti in un sinistro e la ricostruzione della dinamica. L’allontanarsi dal luogo del sinistro per sottrarsi alle conseguenze penali e civili è una condotta che entrambi gli ordinamenti intendono reprimere. Pertanto, la Corte di Appello ha correttamente ravvisato l’identità di oggettività giuridica, ritenendo integrato il requisito.

La valutazione delle condizioni detentive

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Cassazione ha evidenziato come la Corte di Appello avesse basato la sua decisione su informazioni integrative dettagliate trasmesse dall’autorità giudiziaria romena. Tali informazioni descrivevano il percorso detentivo: un primo periodo in un carcere, seguito dal trasferimento in un’altra struttura per scontare la pena in regime chiuso, con la possibilità futura di accedere a regimi più aperti (semiaperto o aperto) in base alla condotta.

Le informazioni specificavano le buone condizioni delle celle, la disponibilità di spazi adeguati (garantendo il minimo di tre metri quadrati a persona), servizi igienico-sanitari, attività rieducative e ore d’aria. Alla luce di questi dati, la Corte ha concluso che non sussisteva un rischio concreto di trattamenti inumani e degradanti. I giudici hanno affermato che le autorità dello Stato di esecuzione non possono dubitare delle assicurazioni fornite dallo Stato emittente, a meno che non vi siano elementi specifici e contrari, assenti nel caso di specie. Anzi, è stato riconosciuto un progressivo miglioramento delle condizioni detentive negli istituti penitenziari rumeni.

Le Conclusioni

La sentenza consolida due importanti principi in materia di mandato di arresto europeo. In primo luogo, la doppia punibilità va intesa in senso sostanziale e non meramente formale: ciò che conta è che il fatto storico sia considerato reato da entrambe le legislazioni. In secondo luogo, le garanzie fornite dallo Stato emittente sulle condizioni di detenzione, se specifiche e dettagliate, sono sufficienti a fugare i dubbi sul rispetto dei diritti fondamentali, salvo prove concrete del contrario. Questa decisione riafferma la fiducia reciproca tra gli Stati membri, pilastro della cooperazione giudiziaria europea, pur mantenendo ferma la tutela dei diritti della persona.

Per eseguire un mandato di arresto europeo, il reato deve essere identico in entrambi gli Stati?
No, la sentenza chiarisce che non è necessaria una corrispondenza esatta e formale tra le norme incriminatrici. È sufficiente che la condotta concreta per cui si procede sia punibile come reato in entrambi gli ordinamenti giuridici, a prescindere dal titolo del reato o da tutti gli elementi specifici della fattispecie.

Come valuta un giudice italiano le condizioni delle carceri di un altro Stato UE?
Il giudice si basa sulle informazioni integrative fornite dall’autorità giudiziaria dello Stato richiedente. Se queste informazioni sono dettagliate, esaustive e idonee a escludere un rischio concreto di trattamenti inumani e degradanti (ad esempio, specificando lo spazio pro capite, le condizioni igieniche, le attività trattamentali), il giudice le ritiene sufficienti e non può dubitarne, a meno che non vi siano elementi specifici che dimostrino il contrario.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La decisione impugnata diventa definitiva. Nel caso specifico, l’ordine di consegna della persona all’autorità estera diventa pienamente esecutivo. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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