Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21256 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21256 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME nato in Romania il 05/09/1989
avverso la sentenza del 17/03/2025 della Corte di appello di Torino letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
udite le richieste del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di NOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale la Corte di appello di Torino ha disposto la consegna all’Autorità Giudiziaria romena del Turda, destinatario di mandato di arresto europeo, emesso il 28 maggio 2024, per l’esecuzione della sentenza emessa in data 27 dicembre 2023 dal Tribunale di Sighetu Marmatjei, divenuta irrevocabile il 30 aprile 2024 per i reati di fuga dal luogo dell’incidente e lesioni colpose, commessi il 5 settembre 2021, e della sentenza, emessa dal medesimo Tribunale il 27 gennaio 2020, irrevocabile il 12 febbraio 2020, per il reato di guida in stato di ebbrezza, per la pena complessiva di anni 2, mesi 7 e
giorni 10 di reclusione; ha contestualmente rifiutato la consegna per il reato di guida senza patente, oggetto della prima sentenza indicata, difettando la condizione della doppia punibilità.
Ne chiede l’annullamento per due motivi di seguito illustrati:
1.1. violazione dell’art. 7 legge n. 69 del 2005 in relazione al reato di fuga dal luogo dell’incidente previsto dall’art. 338 cod. pen. rumeno, difettando il requisito della doppia punibilità.
Deduce che dalla descrizione della condotta contenuta nel m.a.e. risulta che il 5 settembre 2021 l’imputato si è allontanato dal luogo dell’incidente senza l’approvazione degli organi di polizia, sicché, come già evidenziato con memoria del 2 aprile 2025, non vi sarebbe corrispondenza tra il reato di cui all’art. 189 C.d.s. e la fattispecie prevista dall’art. 388 cod. pen. rumeno, in quanto, pur rispettando il comportamento previsto dal nostro ordinamento in caso di incidente, il reato sarebbe sempre integrato quando l’agente si allontani senza l’autorizzazione delle forze dell’ordine. Sul punto la Corte di appello ha ritenuto integrato il requisito della doppia incriminazione, in quanto entrambe le norme sanzionano la condotta di colui che si allontana dal luogo del sinistro per sottrarsi all’identificazione e alle conseguenze penali della sua condotta. Sostiene che la Corte di appello si è limitata ad una comparazione astratta, trascurando che dagli atti non emerge la violazione dell’obbligo di fermarsi e di prestare assistenza ad eventuali feriti; segnala, peraltro, che la condotta di chi non fornisce le proprie generalità dopo essersi fermato ed aver prestato eventualmente soccorso è punita dall’art. 189, comma 9, C.d.s. con una mera sanzione amministrativa. Difettando il requisito della doppia punibilità, andrebbe scomputata la porzione di pena irrogata per tale fatto con conseguente necessità di valutare la proporzionalità della consegna per l’esecuzione di una pena residua minima per un delitto colposo e una contravvenzione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
1.2. Con il secondo motivo denuncia la violazione degli artt. 696-ter, 2 e 16 I. n. 69 del 2005, 4 e 19, comma 2, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, 2 e 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo per insufficienza delle informazioni integrative fornite dall’A.G. rumena sul trattamento penitenziario cui sarà sottoposto il ricorrente.
Deduce che le informazioni sono generiche ed inidonee ad escludere il rischio di sottoposizione a trattamenti disumani e degradanti; che per la struttura di Rahova, ove il ricorrente sarà sottoposto a regime chiuso per soli 21 giorni, non è dato comprendere se sia assicurato il rispetto dello spazio minimo di tre metri, non essendo chiarito se sia stato calcolato al netto degli arredi; che già in passato la struttura di Gherla, ove il ricorrente potrebbe fruire del regime semi-aperto, è stata oggetto di pronunce della Corte EDU; nessun dato è stato fornito sulla percentuale di sovraffollamento carcerario o sulla possibilità per
l’interessato di contestare le condizioni di detenzione; che è agevole rilevare dalla comparazione dei dati riportati nel ricorso che le informazioni fornite a distanza di nove anni sono pressoché identiche e avrebbero meritato un approfondimento ulteriore, mancante nel caso di specie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
2. Manifestamente infondato è il primo motivo alla luce del consolidato principio secondo il quale in tema di mandato di arresto europeo, per soddisfare la condizione della doppia punibilità prevista dall’art. 7, comma primo, della I. 22 aprile 2005, n. 69, anche a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, il requisito della doppia punibilità costituisce presupposto indispensabile per potersi far luogo alla consegna, fermo restando che non è necessario che lo schema astratto della norma incriminatrice dell’ordinamento straniero trovi il suo esatto corrispondente in una norma dell’ordinamento italiano, ma é sufficiente che la concreta fattispecie sia punibile come reato in entrambi gli ordinamenti, a nulla rilevando l’eventuale diversità, oltre che del trattamento sanzionatorio, anche del titolo e di tutti gli elementi richiesti per l configurazione del reato (Sez. 6, n. 21336 del 26/05/2021, COGNOME, Rv. 281509; Sez. 6, n. 22249 del 03/05/2017, Bernard, Rv. 269918).
Il motivo è frutto di una lettura parziale della condotta contestata al ricorrente, ritenuto responsabile nello stesso contesto dei reati di fuga dal luogo dell’incidente e di lesioni colpose, sicché la prospettazione difensiva non è ancorata al caso concreto, ma ad una analisi meramente astratta ed ipotetica.
La Corte di appello ha fornito corretta risposta all’obiezione difensiva, ravvisando la identità di ratio e di oggettività giuridica delle disposizioni normative da comparare, atteso che il reato di fuga dopo un incidente, previsto dal sesto comma dell’art. 189 C.d.S., è finalizzato a garantire l’identificazione dei soggetti coinvolti nell’investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro.
Si è, infatti, affermato che la finalità contenuta nell’art. 189 C.d.S., valutata nel suo complesso, è quella di imporre agli utenti della strada (in generale), alle persone coinvolte in un incidente ed ai conducenti (in particolare), in primis di fermarsi con atteggiamento costruttivo e solidale, per poi, con espressione di sintesi, mettersi a disposizione civilmente di chi abbia ipoteticamente subito danni reali o personali per effetto di un incidente, addirittura contribuendo, per quanto possibile, nell’attesa dell’intervento della polizia stradale, a porre in essere le misure idonee a salvaguardare la sicurezza
della circolazione e a conservare innmodificato lo stato dei luoghi (Sez. 4, n. 7411 del 20/02/2024, COGNOME; Sez. 4, n. 9212 del 09/03/2020, COGNOME, n.m.).
Ne deriva che la Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi indicati, tant’è che ha rifiutato la consegna per il reato di guida senza patente proprio per mancanza della condizione della doppia punibilità, elidendo la porzione di pena relativa a detto titolo di reato.
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo a fronte della ampia motivazione resa in sentenza sulla scorta delle informazioni integrative trasmesse dall’Autorità giudiziaria rumena, ritenute esaustive ed idonee ad escludere il rischio di sottoposizione a trattamenti inumani e degradanti.
Recependo le informazioni ricevute, la Corte di appello ha precisato che il Turda, dopo un primo periodo di ventuno giorni in cui sarà detenuto nel carcere di Bucarest-Rahova, sarà trasferito presso il carcere di Gherla in regime detentivo “chiuso” per scontravi un periodo di un quinto della pena, pari a sei mesi. La Corte ha descritto, con specifico riferimento all’istituto penitenziario, le buone condizioni delle celle, la disponibilità di spazi adeguati, i servizi disponibil di illuminazione, ventilazione, condizioni igienico-sanitarie, vitto, arredi, attivi del trattamento rieducativo, e fatto riferimento alla possibilità anche per i detenuti che non partecipino ai lavori ed alle attività di istruzione scolastica e professionale, di svolgere comunque attività esterne alla cella per non meno di tre ore al giorno.
La Corte di appello ha, quindi, ritenuto che gli spazi assicurati al detenuto rispettano la Convenzione dei diritti dell’uomo e consentono di escludere la presenza di un rischio concreto di trattamenti inumani e degradanti, essendo garantiti lo spazio minimo individuale di tre metri nelle celle nelle quali non sono collocati arredi fissi di elevato ingombro e una sufficiente libertà di movimento all’esterno per un periodo di sei mesi, all’esito del quale, in relazione al comportamento tenuto, il condannato potrebbe essere ammesso ad un regime di detenzione semiaperto presso il penitenziario di Baia Mare, ove sono garantiti maggiori margini di movimento, senza escludere possibilità di beneficiare di un regime aperto in caso di evoluzione positiva del percorso detentivo.
Alla luce di tali informazioni, delle quali le autorità dello Stato di esecuzione non possono dubitare, la valutazione della Corte di appello si sottrae alle censure del ricorrente, non potendo affermarsi che le strutture penitenziarie di destinazione risultino in concreto inidonee ad evitare il serio pericolo di trattamenti inumani e degradanti, anche in ragione dell’accertato progressivo miglioramento delle condizioni detentive negli istituti penitenziari rumeni e della assenza di elementi specifici di segno contrario. E’, infatti, principio consolidato in tema di mandato di arresto europeo, che, qualora lo Stato emittente abbia
fornito assicurazioni che la persona interessata non subirà un trattame inumano e degradante, l’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione p
rifiutarsi di eseguire la richiesta solo quando, sulla base di elementi p riscontri comunque il pericolo che le condizioni di detenzione siano contrar
all’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali UE (Sez. 6, n.
del 11/06/2020, M., Rv. 279301 – 02). In ogni caso, va detto che la valutazio in ordine alla sussistenza o meno delle condizioni inumane e degradanti dev
essere operata alla stregua di una valutazione complessiva ed unitaria di plurimi
indici di riferimento, cioè tenendo conto dell’effetto cumulativo delle condizion detenzione e della presenza di fattori compensativi che rendano le condizio
della detenzione conformi agli standards convenzionali (Sez. 6, n. 797
del 26/02/2020, COGNOME, Rv. 278355), come nel caso di specie.
Da ultimo va aggiunto che a seguito di criticità segnalate dalla Corte
Strasburgo, la Romania ha adottato iniziative strutturali ed un Piano di azi generale per il quinquennio 2020-2025 già favorevolmente valutato dagli organi
europei per le migliorie strutturali degli istituti penitenziari intervenute i
Stato (Sez. 6, n. 10119 del 07/03/2024, Sindilaru, non. mass.; Sez. 6, n. 20 del 19/05/2022, Sava, non mass.).
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente pagamento delle spese del procedimento ed al versamento a favore della Cassa delle ammende della somma a titolo di sanzione pecuniaria, che, in ragione dell questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, I. 69 del 2005.
Così deciso, il 4 giugno 2025
Il consigliere e tènsore
Il Presidente