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Mandato di Arresto Europeo: la Cassazione decide

Un cittadino nigeriano, residente in Italia, ha presentato ricorso contro la sua consegna alla Slovenia in base a un Mandato di Arresto Europeo per falsificazione di passaporto. L’imputato ha lamentato la violazione dei diritti di difesa e ha invocato il suo stabile radicamento in Italia. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, affermando che i giudici italiani non possono riesaminare le decisioni cautelari straniere e che la prova del radicamento territoriale deve essere specifica e non generica per poter bloccare la consegna.

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Pubblicato il 13 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: Limiti e Condizioni per il Rifiuto della Consegna

Il Mandato di Arresto Europeo (MAE) è uno strumento fondamentale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, ma la sua applicazione solleva questioni complesse, specialmente quando coinvolge persone stabilmente residenti in uno Stato diverso da quello che ha emesso il mandato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 46822/2024) offre chiarimenti cruciali sui limiti del controllo del giudice italiano e sulle condizioni necessarie per rifiutare la consegna.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Consegna dalla Slovenia

Il caso riguarda un cittadino nigeriano, da anni residente e integrato in Italia, la cui consegna era stata richiesta dalle autorità giudiziarie della Slovenia. L’accusa era di aver falsificato un passaporto, un reato previsto sia dalla legge slovena che da quella italiana (principio della doppia incriminabilità). La Corte di Appello di Bologna aveva autorizzato la consegna, ma l’interessato ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando diverse obiezioni di natura procedurale e sostanziale.

I Motivi del Ricorso: Difesa, Radicamento e Processo Equo

Il ricorrente basava la sua difesa su quattro punti principali:
1. Violazione del diritto di difesa: Sosteneva di non essere stato assistito dal suo avvocato di fiducia italiano durante il procedimento cautelare in Slovenia.
2. Decisione basata su atti incompleti: Lamentava che la Corte di Appello avesse deciso senza attendere tutta la documentazione richiesta alla Slovenia.
3. Insussistenza delle esigenze cautelari: Contestava la legittimità dell’ordinanza cautelare slovena, ritenendola sproporzionata.
4. Radicamento in Italia: Evidenziava la sua stabile residenza in Italia da oltre sette anni, con famiglia e lavoro, chiedendo di poter svolgere il processo in Slovenia in absentia e, in caso di condanna, di scontare la pena in Italia.

Analisi del Mandato di Arresto Europeo e i Limiti del Giudice Italiano

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, fornendo importanti precisazioni sul funzionamento del Mandato di Arresto Europeo.

L’insindacabilità del provvedimento cautelare estero

Il punto centrale della decisione è che il giudice italiano, chiamato a decidere sulla consegna, non ha il potere di entrare nel merito del provvedimento emesso dall’autorità straniera. Non può valutare se la misura cautelare (come la custodia in carcere) fosse giustificata o se gli indizi di colpevolezza fossero solidi. Il suo controllo è limitato a verificare che non vi siano state violazioni evidenti dei diritti fondamentali della persona, come il diritto a un processo equo e il diritto di difesa.

Il diritto di difesa nel paese di emissione

Per quanto riguarda la presunta violazione del diritto di difesa, la Corte ha osservato che al ricorrente era stato garantito un difensore d’ufficio in Slovenia, il quale aveva regolarmente presentato appello contro la misura cautelare. Questo è stato ritenuto sufficiente a garantire il nucleo essenziale del diritto di difesa in quella fase procedurale. La mancata assistenza da parte del legale di fiducia italiano in un procedimento incidentale estero non costituisce, quindi, un motivo per bloccare la consegna.

Il Rifiuto della Consegna per Radicamento e il Mandato di Arresto Europeo

Uno degli aspetti più interessanti riguarda il motivo basato sul radicamento territoriale.

I requisiti dell’art. 18-bis

La legge italiana (art. 18-bis, L. 69/2005) prevede che, per i cittadini italiani o per coloro che risiedono stabilmente in Italia da almeno cinque anni, la consegna possa essere subordinata alla condizione che la persona, dopo essere stata processata, venga restituita all’Italia per scontare l’eventuale pena. Questa norma mira a favorire il reinserimento sociale della persona nel Paese in cui ha i suoi legami familiari e lavorativi.

L’onere della prova a carico del richiesto

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha specificato che questa facoltà non è automatica. Spetta alla persona richiesta in consegna dimostrare in modo concreto e dettagliato il suo stabile radicamento. Non basta una semplice affermazione. È necessario produrre documentazione e allegazioni specifiche che provino l’esistenza di un legame effettivo e continuativo con il territorio italiano. Nel caso di specie, il ricorrente aveva sollevato la questione in modo generico, senza fornire le prove necessarie, motivo per cui la sua richiesta non è stata accolta.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che i motivi presentati erano infondati. Ha ribadito il principio del mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie, cardine del Mandato di Arresto Europeo, che limita il potere di sindacato del giudice dell’esecuzione. L’autorità italiana non può riesaminare la fondatezza della misura cautelare straniera, ma solo verificare il rispetto dei diritti fondamentali. Inoltre, ha chiarito che il diritto di rifiutare la consegna per una persona stabilmente radicata in Italia non è automatico, ma richiede una dimostrazione specifica e puntuale da parte dell’interessato, che nel caso in esame è mancata.

Le conclusioni

Questa sentenza conferma un orientamento rigoroso nell’applicazione del Mandato di Arresto Europeo. Sottolinea che la cooperazione tra Stati membri prevale, a meno che non emergano violazioni palesi dei diritti fondamentali o non vengano soddisfatti specifici oneri probatori da parte di chi si oppone alla consegna. Per chi risiede stabilmente in Italia, la possibilità di scontare la pena nel nostro Paese rimane una via percorribile, ma solo a condizione di dimostrare in modo inequivocabile il proprio radicamento sociale, familiare e lavorativo.

Un giudice italiano può rifiutare la consegna basata su un Mandato di Arresto Europeo se ritiene ingiusta la misura cautelare emessa all’estero?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’autorità giudiziaria italiana non può sindacare nel merito l’ordinanza cautelare emessa da un altro Stato membro, né le sue ragioni giustificative. Il controllo si limita alla verifica del rispetto dei diritti fondamentali, ma non si estende a una valutazione di opportunità o fondatezza della misura.

Essere residenti stabilmente in Italia con famiglia e lavoro è un motivo automatico per rifiutare la consegna ad un altro Stato UE?
No, non è automatico. L’art. 18-bis della legge n. 69/2005 prevede la possibilità di subordinare la consegna alla condizione che la persona, dopo il processo, sia rinviata in Italia per scontare la pena. Tuttavia, la persona richiesta in consegna deve dimostrare con allegazioni specifiche e prove concrete il suo stabile radicamento nel territorio nazionale. Una semplice affermazione generica non è sufficiente.

La mancata assistenza del proprio avvocato di fiducia italiano nel procedimento cautelare all’estero viola il diritto di difesa e impedisce la consegna?
Secondo la sentenza, no. È sufficiente che nel procedimento cautelare nello Stato di emissione sia stato garantito un difensore (anche d’ufficio) che abbia potuto esercitare i diritti di difesa, come proporre appello. La nomina di un difensore di fiducia italiano per il processo di merito principale non invalida il procedimento cautelare incidentale gestito da un difensore locale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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