Sentenza di Cassazione Penale Sez. F Num. 29634 Anno 2025
Penale Sent. Sez. F Num. 29634 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/08/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME nato in Belgio il 10/01/1988
avverso l’ordinanza del 31/07/2025 della Corte d’appello di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni, per il ricorrente, dell’Avv. NOME COGNOME che ha eccepito il mancato rispetto dei termini per la fissazione di udienza e l’erroneità della fissazione di udienza non partecipata, e, in subordine, ha chiesto un rinvio per consentire la presentazione di memoria.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 31 luglio 2025, la Corte di appello di Reggio Calabria, in esecuzione di mandato di arresto europeo emesso dall’Autorità
giudiziaria del Regno del Belgio in data 12 giugno 2025, ha disposto la consegna temporanea di NOME COGNOME alla precisata Autorità, per il periodo compreso dal 2 settembre 2025 al 30 settembre 2025, per consentire al medesimo di partecipare alle udienze del processo a suo carico davanti al Tribunale di Limburgo.
L’ordinanza è stata pronunciata a norma dell’art. 14 d.lgs. n. 69 del 2005, previa acquisizione del consenso alla consegna da parte di NOME COGNOME La stessa, in particolare, respinge la richiesta ai Giudici di astenersi formulata dal Difensore di fiducia sul presupposto della partecipazione di uno dei componenti del Collegio a precedenti Collegi che avevano rigettato istanze di correzione di errore materiale relative al primo provvedimento di consegna temporanea di NOME COGNOME adottato dall’Autorità giudiziaria del Regno del Belgio il 6 giugno 2024. Rappresenta inoltre che la durata della consegna temporanea è stata stabilita sulla base della comunicazione trasmessa da Eurojust in data 25 giugno 2025, nella quale la medesima Eurojust dà atto di aver interloquito con l’Autorità giudiziaria richiedente e di aver ottenuto la precisazione per cui il periodo oggetto di richiesta di consegna temporanea si riferisce a tre settimane, a decorrere dal 2 settembre 2005, data fissata per la prima udienza utile del processo pendente in Belgio a carico del consegnando.
Ha presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte di appello indicata in epigrafe NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME articolando tre motivi, che si sintetizzano nei limiti previsti dall’art. 173 comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, si denuncia la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione dell’art. 6, paragrafo 3, CEDU, per incompatibilità di uno dei componenti del Collegio.
Si premette che: a) la Corte d’appello di Reggio Calabria, con ordinanza del 6 giugno 2024, aveva già disposto il trasferimento provvisorio dell’attuale ricorrente ex art. 24 legge n. 69 del 2005, delimitando il periodo di consegna in modo tale da impedirgli di partecipare ad alcune delle udienze del procedimento pendente davanti all’Autorità giudiziaria del Regno del Belgio; b) la difesa aveva per due volte presentato istanza di correzione di errore materiale del provvedimento del 6 giugno 2024, al fine di consentire la presenza dell’attuale ricorrente in Belgio anche nel periodo successivo, osservando come la delimitazione temporale determinasse illegittimamente l’assenza del medesimo nel processo pendente presso l’autorità giudiziaria di quello Stato; c) la Corte d’appello di Reggio Calabria aveva respinto le precisate richieste di errore materiale; d) componente dei Collegi della Corte d’appello di Reggio Calabria i quali avevano rigettato le richieste di correzione di errore materiale era anche uno dei componenti del Collegio chiamato a
pronunciarsi all’udienza del 31 luglio 2025; e) la difesa, in data 31 luglio 2025, in udienza, aveva presentato memoria nella quale era formulata istanza di astensione per la partecipazione del componente del Collegio alle precedenti decisioni. Si precisa, poi, che l’attuale ricorrente, per effetto dell’ordinanza della Corte d’appello di Reggio Calabria del 6 giugno 2024, e dei successivi provvedimenti di rigetto delle richieste di correzione di errore materiale, non ha potuto partecipare a quattro udienze nel processo pendente davanti all’Autorità giudiziaria del Regno del Belgio.
Si osserva, inoltre, che il diritto dell’imputato a partecipare all’udienza nel processo a suo carico è un diritto fondamentale, garantito dall’art. 6, paragrafo 3, CEDU e dall’art. 14, terzo comma, lett. d), del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, firmato a New York il 16 dicembre 1966, e che l’obbligo di cooperazione è riconosciuto dagli artt. 1, comma 3, e 24, comma 2, legge n. 69 del 2005, e può essere fatto valere anche con la procedura di infrazione di cui all’art. 258 ss. T.F.U.E.
Si segnala, quindi, che l’ordinanza impugnata ha respinto la richiesta di astensione con una motivazione apodittica, limitandosi ad affermare: «non sono definibili di merito le questioni attinenti ai termini della precedente consegna». Si sottolinea che questa motivazione si pone in contrasto con il principio affermato da Corte EDU, 8 giugno 2023, Urgesi e altri c. Italia, la quale ha ravvisato un difetto di imparzialità con riguardo ad un Collegio giudicante di cui faceva parte un magistrato che, in precedenza, nell’esercizio delle funzioni di pubblico ministero, aveva espresso un parere in un procedimento strettamente connesso.
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione dell’art. 24 della legge n. 69 del 2005, dei principi della decisione quadro 584/2002 del Consiglio del 13 giugno 2002, e, in particolare, di quello di fiducia reciproca tra Stati.
Si deduce che la Corte d’appello illegittimamente ha modificato la richiesta dell’Autorità giudiziaria del Regno del Belgio, delimitando il periodo di consegna temporanea, senza acquisire una intesa scritta ostensibile. Si precisa che la richiesta proveniente dall’Autorità giudiziaria belga non prevede alcuna data finale, e che questa è stata individuata sulla base di una mera e-mail del magistrato italiano applicato presso Eurojust. Si aggiunge che l’attuale ricorrente ha prestato il consenso alla consegna senza la delimitazione temporale individuata dall’ordinanza impugnata, ed ha inoltre dato piena disponibilità a partecipare al processo a suo carico in Italia mediante video-conferenza, forma non consentita per il processo celebrato in Belgio.
2.3. Con il terzo motivo, si denuncia violazione dell’art. 9 della legge n. 182 del 2023 in esecuzione della Direttiva 2014/41/UE del 3 aprile 2014, avendo
riguardo alla carenza di legittimazione del membro nazionale presso l’Eurojust alla modifica del mandato di arresto europeo emesso dall’Autorità giudiziaria belga.
Si deduce che la Corte d’appello ha illegittimamente ravvisato l’esistenza del potere del membro nazionale presso l’Eurojust di modificare un mandato di arresto europeo, sebbene detto potere non sia previsto dall’art. 9 della legge n. 182 del 2023 o dalla Direttiva 2014/41/UE del 3 aprile 2014, e nonostante l’art. 24, comma 2, legge n. 69 del 2005 preveda, per il trasferimento temporaneo, un accordo esclusivamente tra autorità giudiziaria emittente e corte d’appello italiana.
3. Il ricorso è stato trattato nelle forme previste dall’art. 22, comma 5-bis, legge n. 69 del 2005, in forza del quale, nel caso di ordinanza emessa a norma dell’art. 14, comma 5, legge cit., la Corte di cassazione «giudica in camera di consiglio sui motivi di ricorso e sulle richieste del procuratore generale senza intervento dei difensori»,
L’Avv. COGNOME difensore del ricorrente, in data 20 agosto 2025, alle ore 19,51, ha trasmesso via p.e.c. atto nel quale si eccepisce la nullità della fissazione dell’udienza, sia perché la stessa avrebbe dovuto svolgersi in forma partecipata, sia perché non sono decorsi i termini di legge, e, in subordine, si chiede un rinvio al fine di redigere una memoria di replica alle conclusioni del procuratore generale.
Le eccezioni e istanze appena indicate sono manifestamente infondate.
Invero, l’art. 22, comma 5-bis, legge n. 69 del 2005, non solo prevede che il procedimento, in caso di ricorso per cassazione avverso ordinanza pronunciata dalla corte d’appello previa acquisizione dell’interessato alla consegna, sia definito «in camera di consiglio senza intervento dei difensori», ma nulla dispone in ordine alla comunicazione ai difensori o all’interessato della data di fissazione dell’udienza, o della requisitoria del procuratore generale. E fissa un termine brevissimo per la definizione del procedimento, siccome stabilisce che la Corte di cassazione giudica «nel termine di sette giorni dalla ricezione degli atti» trasmessi dalla Corte di appello, e provvede a depositare la motivazione «a conclusione dell’udienza».
Inoltre, pur in assenza di specifiche prescrizioni di legge, sono state comunicate dalla cancelleria di questa Corte all’Avv. COGNOME nella sua qualità di difensore del ricorrente, sia, il 18 agosto 2025, alle ore 14,37, la data fissata per la camera di consiglio senza intervento dei difensori, sia, il 20 agosto 2025, le richieste del procuratore generale, pervenute in cancelleria il medesimo giorno. Ancora, l’atto dell’Avv. COGNOME del 20 agosto 2025 è stato trasmesso via p.e.c. alle ore 19,51, ed è stato esaminato dal Collegio.
Di conseguenza, deve concludersi che non si è verificata alcuna violazione dei diritti di difesa con riguardo alla fissazione e trattazione della presente procedura, ,
e che l’istanza di rinvio non può essere accolta anche perché un eventuale rinvio, oltre a non essere doveroso, impedirebbe il rispetto dell’obbligo di decidere nel rispetto del termine di sette giorni dalla ricezione degli atti, obbligo fissato in attuazione delle esigenze di cooperazione tra autorità giudiziarie degli Stati membri dell’Unione Europea.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito precisate.
Manifestamente infondate sono le censure esposte nel primo motivo, le quali contestano la nullità dell’ordinanza impugnata per l’incompatibilità di uno dei componenti del Collegio, derivante dalla partecipazione del medesimo ad altri Collegi giudicanti i quali hanno deciso su analoga questione concernente i limiti di durata del trasferimento dell’attuale ricorrente in relazione a precedente richiesta di consegna temporanea.
2.1. La questione da esaminare è se la situazione di incompatibilità di un giudice dia luogo ad una nullità deducibile in sede di impugnazione.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale ampiamente consolidato, enunciato anche dalle Sezioni Unite e condiviso dal Collegio, l’esistenza di una causa di incompatibilità del giudice non determina una nullità deducibile in sede di impugnazione, in quanto la stessa non esclude la potestas iudicandi, né incide sui requisiti di capacità del giudice, salvi i casi di interesse proprio e diretto del medesimo nella causa, ma costituisce esclusivamente motivo di ricusazione, che la parte interessata ha l’onere di far valere, in caso di mancata astensione, nelle forme e nei termini previsti dal codice di rito (cfr., per tutte: Sez. U, n 17/04/1996, D’Avino, Rv. 204464 – 01; Sez. 5, n. 22618 del 07/03/2022, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 283137 – 04; Sez. 3, n. 34581 del 19/05/2021, COGNOME, Rv. 282136 – 01; Sez. 6, n. 12550 del 01/03/2016, K., Rv. 267419 – 01).
Né questa soluzione può mutare solo perché la parte abbia eccepito la situazione di incompatibilità davanti al Giudice asseritamente incompatibile invitando lo stesso ad astenersi. Invero, costituisce principio anch’esso ampiamente consolidato, e condiviso dal Collegio, quello secondo cui la parte che opti per il preventivo invito all’astensione rivolto al giudice, ha comunque l’onere, a pena di decadenza di presentare tempestiva istanza di ricusazione; in proposito, invero, l’unico profilo controverso attiene al momento dal quale decorre il termine fissato a pena di decadenza per proporre istanza di ricusazione (cfr., tra le tante: Sez. U, n. 36847 del 26/06/2014, COGNOME, Rv. 260095 – 01; Sez. 1, n. 5229
del 28/10/2020, dep. 2021, Cerisano, Rv. 280973 – 01; Sez. 1, n. 1914 del 23/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280300 — 01).
2.2. Posto che la situazione di incompatibilità di un giudice, salvi i casi di interesse proprio e diretto del medesimo nella causa, non dà luogo ad una nullità deducibile in sede di impugnazione, nemmeno in caso di invito all’astensione, potendo costituire esclusivamente motivo di ricusazione, deve escludersi l’invalidità dell’ordinanza impugnata con riguardo al profilo oggetto di censura.
Ed infatti, la situazione di incompatibilità prospettata è di tipo processuale, perché deriverebbe dalla precedente risoluzione di analoghe questioni in senso sfavorevole alle richieste dell’attuale ricorrente, e non attiene, quindi, ad un caso di interesse proprio e diretto del giudice nella causa.
Per completezza, può aggiungersi che il ricorrente non ha in alcun modo allegato, o anche solo segnalato, di aver presentato istanza di ricusazione.
Manifestamente infondate, e comunque non consentite in questa sede, sono le censure enunciate nel secondo e nel terzo motivo di ricorso, da esaminare congiuntamente, perché tra loro strettamente connesse, le quali deducono l’illegittimità della decisione di consegna temporanea, perché la durata della consegna è stata determinata in assenza di un provvedimento formale dell’autorità richiedente, e sulla base delle comunicazioni di un soggetto, il membro nazionale presso l’Eurojust, privo di qualunque legittimazione in materia.
3.1. A norma dell’art. 24, comma 2, legge n. 69 del 2005, per consentire alla persona richiesta in consegna di partecipare ad un procedimento penale in Italia o per scontare una pena in Italia, «su richiesta dell’autorità emittente, la corte di appello, sentita l’autorità giudiziaria competente per il procedimento penale in corso o per l’esecuzione della sentenza di condanna, può disporre il trasferimento temporaneo della persona richiesta in consegna alle condizioni concordate».
Sulla base di questa disposizione, quindi, perché possa essere disposta dalla corte d’appello la consegna temporanea di una persona in esecuzione di un mandato di arresto europeo, occorre una richiesta in tal senso dell’autorità emittente, e la sussistenza di «condizioni concordate».
3.2. Tuttavia, non può ritenersi che l’art. 24, comma 2, legge n. 69 del 2005 preveda un provvedimento formale dell’autorità emittente attestante l’avvenuto raggiungimento di «condizioni concordate».
Invero, per un verso, non si può ritenere che le «condizioni concordate» debbano essere necessariamente indicate nella richiesta dell’autorità emittente, perché la locuzione «condizioni concordate» presuppone un confronto tra autorità richiedente, autorità emittente e autorità giudiziaria italiana competente per il procedimento penale in corso o per l’esecuzione della sentenza di condanna, e,i
ii
quindi, può benissimo riferirsi anche ad una progressiva “messa a punto” dell’intesa tra detti soggetti. Mentre, sotto altro profilo, la disposizione citata null precisa sulle modalità formali attraverso le quali deve formarsi l’accordo sulle condizioni della consegna temporanea; del resto, nessuna forma specifica è prevista dalla medesima disposizione nemmeno per l’interlocuzione tra la corte d’appello e l’autorità giudiziaria italiana competente per il procedimento penale in corso o per l’esecuzione della sentenza di condanna.
Sembra allora plausibile concludere che, per la definizione delle «condizioni concordate» di cui all’art. 24, comma 2, legge n. 69 del 2005, non sia necessario un provvedimento formale dell’autorità emittente, almeno quando non occorra una modifica del provvedimento di emissione del mandato di arresto europeo. Ovviamente, però, è necessario che il consenso dell’autorità emittente sia “certo”.
3.3. Ciò posto, poi, appare ragionevole ritenere che le «condizioni concordate» possano essere individuate mediante l’intervento “agevolativo” del membro nazionale presso l’Eurojust, e che il membro nazionale presso l’Eurojust possa dare “certezza” in ordine al consenso dell’autorità emittente sulle condizioni della consegna temporanea non indicate nel mandato di arresto europeo.
Questa conclusione, infatti, discende dalla disciplina dei poteri del membro nazionale presso l’Eurojust, adottata dalle autorità dell’Unione Europea, come dalle autorità nazionali.
Precisamente, per quanto attiene alle fonti sovranazionali, viene in rilievo il Regolamento (UE) 2018/1727 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (Eurojust) e che sostituisce e abroga la decisione 2002/187/GAI del Consiglio. Per quanto concerne le fonti nazionali, rileva il d.lgs. 23 novembre 2023, n. 182, rubricato «Adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) n. 2018/1727 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria penale (EUROJUST) e che sostituisce e abroga la decisione 2002/187/GAI del Consiglio.
In particolare, l’art. 9 d.lgs. n. 182 del 2023, rubricato «Poteri del membro nazionale presso l’Eurojust”, al comma 1, prevede, tra l’altro, che «l membro nazionale distaccato presso l’Eurojust ha il potere di: a) agevolare o altrimenti sostenere l’emissione o l’esecuzione delle richieste di assistenza giudiziaria o riconoscimento reciproco; b) contattare direttamente e scambiare informazioni con le autorità nazionali competenti o con qualsiasi altro organo, ufficio o agenzia competente dell’Unione europea, inclusa la Procura europea; c) contattare direttamente e scambiare informazioni con le autorità internazionali competenti, in conformità degli impegni internazionali dello Stato; ».
E l’esecuzione del mandato di arresto europeo può senz’altro ritenersi esecuzione di richiesta di riconoscimento reciproco, come richiede l’art. 9, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 182 del 2023, in quanto, a norma dell’art. 1, comma 3, legge n. 69 del 2005, «L’Italia dà esecuzione al mandato d’arresto europeo in base al principio del mutuo riconoscimento».
Se si vuole, ancor più chiare sono le indicazioni del Regolamento (UE) 2018/1727 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 14 novembre 2018. In particolare, l’art. 2, rubricato «Compiti», prevede, al paragrafo 1, che «Eurojust sostiene e potenzia il coordinamento e la cooperazione tra le autorità nazionali responsabili delle indagini e dell’azione penale contro le forme gravi di criminalità», e, al paragrafo 2, che «ello svolgimento dei propri compiti Eurojust: b) agevola l’esecuzione delle richieste e decisioni di cooperazione giudiziaria, anche con riferimento a richieste e decisioni basate sugli strumenti che danno effetto il principio del riconoscimento reciproco».
3.4. In applicazione dei principi indicati, deve ritenersi che legittimamente l’ordinanza impugnata abbia disposto il trasferimento temporaneo di NOME COGNOME all’autorità giudiziaria del Regno del Belgio delimitando il periodo di consegna sulla base delle indicazioni ricevute dal membro nazionale presso l’Eurojust.
Innanzitutto, il mandato di arresto europeo cui l’ordinanza impugnata ha dato esecuzione è espressamente intitolato come «Richiesta di consegna (temporanea) ai fini di un procedimento penale», e non contiene indicazioni precise sulla durata di tale consegna temporanea, salvo a precisare che la prima udienza è prevista per il 2 settembre 2025.
Inoltre, il membro nazionale presso l’Eurojust, in data 25 giugno 2025, ha dato comunicazione al Ministero della Giustizia italiana, quale autorità centrale per i mandati di arresto europeo, a norma dell’art. 4 legge n. 69 del 2005, sia del mandato di arresto europeo cui dà esecuzione l’ordinanza impugnata, sia della delimitazione del periodo di consegna temporanea, con le parole: «La richiesta è di ottenere la consegna temporanea per un processo che inizierà il 2 settembre 2005 e per tre settimane (quest’ultima indicazione non è contenuta nel MAE ma è stata da me richiesta, e pertanto te la riporto)».
Ancora, sulla base di queste indicazioni, la Corte d’appello di Reggio Calabria ha interloquito con il Tribunale di Locri, autorità giudiziaria competente per il procedimento penale in corso in Italia nei confronti del consegnando, ed ha avuto parere favorevole alla consegna temporanea del medesimo all’Autorità giudiziaria belga per tutto il mese di settembre 2025.
Sulla base di questi elementi, può concludersi che l’ordinanza impugnata non ha modificato il mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria del
Regno del Belgio, ma vi ha dato esecuzione sulla base di «condizioni concordate», in conformità di quanto previsto dalla legge n. 69 del 2005, anche per effetto
dell’intervento “agevolativo” del membro nazionale presso l’Eurojust.
3.5. In ogni caso, poi, l’asserita violazione dell’obbligo di adozione di un formale provvedimento da parte dell’autorità emittente, sanzionante l’accordo in
ordine al periodo di consegna temporanea, non è deducibile in questa sede.
Invero l’art. 22, comma
5-bis, legge n. 69 del 2005, prevede che contro le
ordinanze adottate a norma dell’art. 14, comma 5, legge cit., come appunto nel caso di specie, gli unici motivi consentiti per proporre ricorso per cassazione sono
quelli di cui alle lett.
a), b)
e
c)
dell’art. 606 cod. proc. pen.
Nella specie, le censure di cui al secondo e al terzo motivo deducono una violazione di legge processuale. Ora, a norma dell’art. 606, comma 1, lett.
c), cod.
proc. pen., sono deducibili esclusivamente «inosservanze delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza». Le
disposizioni che si assumono violate, in particolare l’art. 24, comma 2, legge n. 69
del 2005, non prevedono alcuna sanzione di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza, né sono sussumibili nelle categorie generali di cui agli artt. 178 e 191 cod. proc. pen., perché attengono esclusivamente alla disciplina delle forme relative ai rapporti tra autorità giudiziarie. Del resto, nel ricorso non si precisa nemmeno se siano state fissate udienze nel processo celebrato in Belgio per date successive al 30 settembre 2025.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della cassa delle ammende, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle C spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle i74 ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.
Così deciso il 21 agosto 2025.