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Mandato di arresto europeo: i limiti del ricorso

Un cittadino rumeno, destinatario di un mandato di arresto europeo per riciclaggio, si opponeva alla consegna sostenendo il proprio radicamento in Italia. La Corte di Appello di Venezia accoglieva la richiesta di consegna. La Corte di Cassazione, investita del ricorso, lo ha dichiarato inammissibile. La Suprema Corte ha chiarito che, a seguito della riforma del 2021, la valutazione sul radicamento dell’interessato nel territorio nazionale è una questione di fatto, non sindacabile in sede di legittimità. Il ricorso avverso le decisioni in materia di mandato di arresto europeo è ora limitato ai soli vizi di violazione di legge, escludendo ogni riesame del merito.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: Quando la Cassazione non può Riesaminare il “Radicamento” in Italia

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, torna a delineare i confini del proprio sindacato in materia di mandato di arresto europeo, specialmente dopo le modifiche legislative introdotte nel 2021. La decisione chiarisce che la valutazione sul ‘radicamento’ di una persona richiesta in consegna sul territorio italiano è una questione di merito, non più soggetta a riesame da parte della Suprema Corte. Analizziamo insieme i dettagli del caso e le importanti implicazioni pratiche di questa pronuncia.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Consegna

Un cittadino di nazionalità rumena era stato oggetto di un mandato di arresto europeo emesso dalle autorità giudiziarie della Romania per il reato di riciclaggio in forma continuata. La Corte di appello di Venezia, quale autorità giudiziaria dell’esecuzione, aveva disposto la consegna dell’uomo.

Contro tale decisione, il difensore del ricercato proponeva ricorso per cassazione, articolando tre motivi principali:
1. Violazione di legge sulla valutazione del radicamento: Si lamentava che la Corte di appello avesse erroneamente ritenuto insufficienti le prove del suo stabile inserimento in Italia (certificato di residenza, dichiarazioni di un amico e del cognato), dove affermava di vivere dal 2019.
2. Violazione del divieto di trattamenti inumani: Si contestava alla Corte territoriale di non aver verificato il rischio che l’uomo potesse subire trattamenti inumani o degradanti nelle carceri rumene.
3. Mancata assunzione di prove decisive: Si sosteneva che la Corte d’appello avrebbe dovuto acquisire d’ufficio ulteriori informazioni per accertare il suo effettivo radicamento in Italia.

L’Analisi della Corte di Cassazione sul mandato di arresto europeo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire i principi che governano il ricorso per cassazione in questa specifica materia dopo la riforma del D.Lgs. 2 febbraio 2021, n. 10. Questa normativa ha modificato l’art. 22 della legge n. 69/2005, eliminando la possibilità di proporre ricorso “anche nel merito”.

Di conseguenza, il sindacato della Corte di Cassazione è oggi circoscritto esclusivamente ai motivi previsti dall’art. 606, lettere a), b) e c) del codice di procedura penale, ovvero:
– Esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi;
– Inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche;
– Inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza.

Sono quindi escluse le censure relative a vizi della motivazione, come la sua contraddittorietà o manifesta illogicità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha smontato punto per punto i motivi del ricorso, basando il proprio ragionamento sulla nuova e più restrittiva natura del giudizio di legittimità in materia di mandato di arresto europeo.

Sul primo motivo (il radicamento): I giudici hanno affermato con chiarezza che l’accertamento del radicamento del soggetto nel territorio dello Stato è una valutazione di fatto, che attiene al merito della decisione. Pertanto, ogni censura che, pur presentata come violazione di legge, mira in realtà a ottenere un nuovo esame delle prove (come il certificato di residenza o le dichiarazioni dei parenti), è inammissibile. Non spetta alla Cassazione verificare la tenuta logica della valutazione del giudice di merito o riesaminare la documentazione per giungere a un esito diverso.

Sul secondo motivo (trattamenti inumani): La Corte ha ricordato che tale rischio può essere dedotto per la prima volta in sede di legittimità solo in due casi: quando le gravi situazioni sistemiche delle carceri di uno Stato membro costituiscono un fatto notorio o quando sono state oggetto di recenti pronunce della stessa Cassazione. Nel caso di specie, il ricorrente non aveva sollevato la questione davanti alla Corte d’appello né aveva prospettato in Cassazione l’esistenza di tali eccezionali condizioni.

Sul terzo motivo (mancata assunzione di prove): La Corte ha ribadito che è onere del cittadino comunitario che chiede di scontare la pena in Italia allegare tutti gli elementi fattuali a sostegno della sua effettiva residenza o stabile dimora. La Corte d’appello ha la facoltà – non l’obbligo – di richiedere ulteriori documenti solo qualora residuino dubbi. Nel caso in esame, il ricorrente non aveva sollecitato specifiche attività istruttorie in appello e, d’altra parte, la Corte territoriale aveva ritenuto sufficienti gli elementi già presenti, con una valutazione insindacabile in questa sede.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento ormai chiaro: il ricorso per cassazione avverso le decisioni sul mandato di arresto europeo ha perso la sua dimensione di giudizio sul fatto. La valutazione circa l’esistenza di un effettivo e stabile radicamento della persona richiesta sul territorio italiano è un apprezzamento di stretto merito, la cui fisiologica e definitiva sede è la Corte d’appello. Per la difesa, ciò significa che è fondamentale produrre sin da subito, davanti al giudice del merito, ogni elemento di prova, documentale e dichiarativo, idoneo a dimostrare in modo inequivocabile i legami con l’Italia. Attendere il giudizio di legittimità per contestare la valutazione fattuale della Corte d’appello è una strategia destinata all’insuccesso.

È possibile fare ricorso in Cassazione contro una decisione sul mandato di arresto europeo contestando la valutazione dei propri legami con l’Italia?
No. Secondo la sentenza, a seguito delle modifiche legislative del 2021, la valutazione del “radicamento” (i legami familiari, sociali e lavorativi) di una persona sul territorio italiano è una questione di merito. La Corte di Cassazione non può riesaminare questa valutazione, ma solo verificare la corretta applicazione della legge.

Se si temono trattamenti inumani o degradanti nel Paese richiedente, è possibile sollevare questa obiezione per la prima volta in Cassazione?
Di regola no. La Corte specifica che tale obiezione può essere sollevata per la prima volta in Cassazione solo se si basa su un “fatto notorio” o su recenti sentenze di legittimità che evidenziano gravi problemi sistemici nelle carceri dello Stato richiedente. In assenza di queste condizioni, l’argomento doveva essere presentato alla Corte d’appello.

Cosa succede se la Corte d’appello non acquisisce d’ufficio ulteriori prove sul radicamento di una persona in Italia?
La Corte di Cassazione chiarisce che è onere della persona richiesta fornire tutti gli elementi a sostegno del proprio radicamento. La Corte d’appello ha la facoltà, ma non l’obbligo, di richiedere ulteriori documenti. Se la Corte d’appello ritiene sufficienti gli elementi già acquisiti, la sua decisione di non svolgere ulteriori indagini non è sindacabile in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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