Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 34766 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 34766 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME, nato a Tehran (Iran) il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 14/08/2024 della Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; udito il difensore, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del
ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Milano disponeva, ai sensi della I. n. 69 del 2005, la consegna alle autorità giudiziarie tedesche di NOME COGNOME, al fine del suo perseguimento per i reati di introduzione clandestina di stranieri.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’interessato, denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 18-bis, comma 1, lett. a) I. n. 69 del 2005.
La difesa aveva dedotto che i reati indicati nel capo di imputazione risultavano commessi fuori dal territorio tedesco, ovvero in parte in Iran ed in parte in Italia
Il ricorrente non si è mai recato in Germania e, non parlando e non comprendendo la lingua tedesca, anche il reato relativo alla falsificazione dei passaporti rientra nella giurisdizione italiana, trattandosi di passaporti italiani.
2.2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 18-bis, comma 2, I. n. 69 del 2005 e alla custodia cautelare in carcere in Italia.
La difesa ha pienamente provato che il ricorrente è persona radicata in Italia, ove risiede stabilmente dal 2021, dopo il ricongiungimento con la moglie, parla e comprende la lingua italiana, è titolare di permesso di soggiorno per motivi di lavoro. Sicché ricorrono le condizioni per applicare l’art. 18-bis, comma 2.
Sotto il profilo cautelare, va revocata o sostituita la custodia cautelare perché essendo il ricorrente radicato, non sussiste il pericolo di fuga.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è da rigettare perché complessivamente infondato per le ragioni di seguito illustrate.
Va premesso che non sono consentite, ai sensi dell’art. 20 I. n. 69 del 2005, censure che esulino dalla violazione di legge.
Pertanto, sono precluse quelle censure riguardanti la motivazione che non si traducano in carenza o apparenza della motivazione, atteso che solo in tal caso si prospetta la violazione dell’art. 125 cod. proc. pen., che impone l’obbligo della motivazione dei provvedimenti giurisdizionali.
Il primo motivo è infondato.
La Corte di appello ha escluso di far luogo al motivo di rifiuto facoltativo, previsto dall’art. 18-bis, comma 1, lett. a) I. n. 69 del 2005, muovendo dal rilievo, che anche ammettendo la sussistenza della giurisdizione italiana in ordine ai fatti, oggetto del mandato di arresto europeo, non risultava per essi la pendenza in Italia di procedimenti penali e comunque in Germania si era realizzata una parte rilevante dell’evento tipico dei reati, con l’ingresso illegale dei citta extraeuropei, che giustificava la scelta di far luogo alla consegna a favore di detto Stato.
Si tratta di valutazione che è conforme ai principi già affermati da questa Corte.
Si è infatti ritenuto (tra le altre, Sez. 6, n. 15402 del 11/04/2024; Sez. 6, n 2959 del 22/01/2020) anche dopo l’introduzione, da parte della I. n. 117 del 2019, della causa facoltativa di rifiuto di cui all’art. 18-bis, lett. a), I. n. 69 del 2005, di mantenere fermo l’orientamento consolidato di questa Corte, formatosi nel vigore dell’art. 18, comma 1, lett. p), I. n. 69 del 2005, in forza del quale anche il motivo di rifiuto per fatti commessi in parte nel territorio dello Stato si fon sull’individuazione di un concreto interesse, legato ad una situazione oggettiva, attestata dalla sussistenza di indagini sul fatto oggetto della richiesta di consegna, sintomatiche della volontà di affermare la propria giurisdizione (tra tante, Sez. 6, n. 27992 del 13/06/2018, Rv. 273544). Ed invero, risulta chiaro l’intento del legislatore che ha voluto evidenziare come il collegamento del reato oggetto del mandato di arresto europeo con il territorio nazionale (che potrebbe essere giustificato anche dal verificarsi in Italia di un solo “frammento” della condotta) non comporta un automatico rifiuto della consegna, ciò a conferma che l’interesse dello Stato italiano ad affermare la propria giurisdizione deve essere verificato concretamente caso per caso.
A questa valutazione, la Corte di appello ha anche aggiunto la considerazione riguardante il preminente interesse dello Stato di emissione al perseguimento dei reati, che veniva a giustificare ulteriormente la scelta operata.
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto, come ha tra l’altro spiegato la Corte territoriale, siamo in presenza di un m.a.e. processuale, per il quale è inapplicabile la previsione dell’art. 18-bis, comma 2, I. cit.
E’ appena il caso di rilevare che la Corte di appello ha correttamente anche considerato l’ipotesi di cui all’art. 19 I. n. 69 del 2005 con riferimento a possibilità per il consegnando di espirare in Italia la eventuale pena, “se legittimamente ed effettivamente residente in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano”.
La Corte di appello al riguardo ha rilevato come difettassero le condizioni richieste dall’art. 19 (cfr. anche art. 18-bis, comma 2-bis).
Tra l’altro è lo stesso ricorrente che colloca la sua residenza in Italia dal solo 2021,quindi al di fuori del perimetro previsto dalla norma (al riguardo, Sez. 6, n. 18124 del 06/05/2021, Rv. 281271).
In modo assertivo, inoltre, il ricorrente contesta l’accertamento condotto dalla Corte di appello, che ha riguardato i legami familiari, linguistici, lavorativ economici e fiscali del ricorrente con il territorio italiano.
Alla luce delle osservazioni che precedono, sono da ritenersi precluse le censure riguardanti il profilo cautelare.
Va rammentato invero che, una volta divenuta definitiva la decisione favorevole alla consegna della persona richiesta, si instaura una fase meramente esecutiva nell’ambito della quale, entro rigorosi e brevissimi termini, e salve cause di forza maggiore, l’interessato deve essere materialmente consegnato allo Stato estero, senza che possa venire in questione la sussistenza di pericula libertatis, ne consegue che, in tale fase, non sussiste l’interesse a proporre il ricorso per cassazione avverso il rigetto di revoca o sostituzione della misura coercitiva (tra tante, Sez. 6, n. 33280 del 06/09/2021, Rv. 281845).
Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso va rigettato con le conseguenze di legge.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, I. n. 69 del 2005.
Così deciso il 12/09/2024.