LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Mandato di arresto europeo e rifiuto di consegna

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino straniero contro la sua consegna alle autorità tedesche, richiesta tramite mandato di arresto europeo per reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. La Corte ha stabilito che la commissione parziale del reato in Italia e la residenza nel Paese da meno di cinque anni non costituiscono motivi sufficienti per rifiutare la consegna, specialmente quando l’evento principale del reato si è verificato nello Stato richiedente e non vi sono procedimenti penali pendenti in Italia per gli stessi fatti.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di arresto europeo e rifiuto di consegna: la Cassazione fa chiarezza

Il mandato di arresto europeo (M.A.E.) è uno strumento fondamentale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea. Tuttavia, la sua applicazione solleva questioni complesse, specialmente quando i reati contestati hanno legami con più Stati membri. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 34766 del 2024, offre importanti chiarimenti sui limiti del rifiuto di consegna, anche quando il reato è stato parzialmente commesso in Italia e la persona richiesta risiede nel nostro Paese.

Il Contesto del Ricorso: i Fatti e le Doglianze

Il caso riguardava un cittadino straniero, destinatario di un mandato di arresto europeo emesso dalle autorità tedesche per reati legati all’introduzione clandestina di stranieri. La Corte di Appello di Milano aveva autorizzato la sua consegna alla Germania.

L’interessato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Violazione delle norme sulla giurisdizione: La difesa sosteneva che i reati fossero stati commessi in parte in Iran e in parte in Italia (come la falsificazione di passaporti italiani) e che l’indagato non si fosse mai recato in Germania. Pertanto, la giurisdizione doveva essere italiana, e la consegna andava rifiutata.
2. Radicamento sul territorio italiano: L’uomo risiedeva stabilmente in Italia dal 2021, parlava la lingua, aveva un permesso di soggiorno per lavoro ed era stato raggiunto dalla moglie. Secondo la difesa, queste condizioni giustificavano il rifiuto della consegna e, in ogni caso, la revoca della custodia cautelare in carcere per assenza di pericolo di fuga.

Analisi del mandato di arresto europeo e giurisdizione

La Suprema Corte ha respinto il primo motivo, confermando la decisione della Corte di Appello. I giudici hanno chiarito un principio fondamentale: il fatto che un reato sia stato commesso in parte sul territorio italiano non comporta un automatico rifiuto della consegna.

La legge (art. 18-bis, lett. a, L. 69/2005) prevede una facoltà, non un obbligo, di rifiutare la consegna in questi casi. Per esercitare tale facoltà, lo Stato italiano deve avere un interesse concreto ad affermare la propria giurisdizione, interesse che di solito si manifesta con la pendenza di un procedimento penale per gli stessi fatti. Nel caso specifico, non c’erano indagini in corso in Italia.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che una parte rilevante del reato – l’ingresso illegale degli stranieri – si era consumata in Germania. Questo elemento giustificava pienamente l’interesse dello Stato tedesco a procedere penalmente, rendendo legittima la scelta di disporre la consegna.

Residenza in Italia e Rifiuto della Consegna

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato infondato e inammissibile. La Corte ha spiegato una distinzione cruciale: il M.A.E. in questione era di tipo ‘processuale’, ovvero finalizzato a sottoporre la persona a un processo, non a farle scontare una pena già inflitta.

La norma invocata dalla difesa (art. 18-bis, comma 2), che riguarda il radicamento territoriale, non si applica a questa tipologia di mandato di arresto europeo. La legge prevede, sì, la possibilità per una persona di scontare la pena in Italia (art. 19), ma solo a condizione che sia ‘legittimamente ed effettivamente residente in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano’. L’interessato, risiedendo solo dal 2021, non soddisfaceva questo requisito temporale.

Infine, la Corte ha dichiarato preclusa ogni censura sulla custodia cautelare. Una volta che la decisione di consegna diventa definitiva, si apre una fase puramente esecutiva in cui l’unica finalità è trasferire materialmente la persona richiesta allo Stato estero, senza poter più discutere sulla sussistenza del pericolo di fuga.

le motivazioni della Suprema Corte

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione consolidata e rigorosa della L. n. 69/2005, che disciplina il mandato di arresto europeo. In primo luogo, la Corte ribadisce che il criterio del ‘reato commesso in parte in Italia’ non è un automatismo, ma una valutazione discrezionale che deve basarsi su un interesse concreto dello Stato italiano a perseguire quel reato, interesse che manca se non ci sono procedimenti aperti. La prevalenza viene data all’interesse dello Stato in cui si è verificata una parte significativa dell’evento criminoso. In secondo luogo, la Corte distingue nettamente tra M.A.E. processuale e M.A.E. esecutivo. Le tutele legate al radicamento sociale e familiare, come la possibilità di scontare la pena in Italia, sono previste principalmente per il secondo caso e subordinate a requisiti stringenti, come i cinque anni di residenza continuativa, che nel caso di specie non erano presenti. Infine, viene sancita l’improcedibilità delle questioni cautelari una volta che la decisione sulla consegna è definitiva, cristallizzando il processo nella sua fase esecutiva.

le conclusioni

Questa sentenza riafferma la centralità del principio di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie che anima il mandato di arresto europeo. La Corte di Cassazione ha stabilito che né la parziale commissione del reato in Italia, né un radicamento territoriale inferiore a cinque anni, possono di per sé bloccare la consegna di una persona richiesta per essere processata in un altro Stato membro. La decisione sottolinea che le eccezioni alla consegna devono essere interpretate restrittivamente e basate su precisi requisiti di legge, bilanciando le esigenze di cooperazione giudiziaria con i diritti individuali, ma senza creare ostacoli ingiustificati alla giustizia europea.

Se un reato oggetto di mandato di arresto europeo è commesso in parte in Italia, lo Stato può rifiutare la consegna?
No, non automaticamente. Il rifiuto è una facoltà discrezionale che richiede la valutazione di un concreto interesse dello Stato italiano a procedere, come la pendenza di un procedimento penale per gli stessi fatti. In assenza di ciò, e se l’evento principale del reato si è verificato nello Stato richiedente, la consegna è generalmente disposta.

Avere la residenza in Italia impedisce la consegna ad un altro Stato UE sulla base di un mandato di arresto europeo?
No, se il mandato è ‘processuale’ (per essere sottoposti a processo). La legge prevede la possibilità di scontare la pena in Italia solo per chi è residente continuativamente da almeno cinque anni, e questo vale per i mandati ‘esecutivi’ (per scontare una pena già decisa).

È possibile contestare la custodia cautelare dopo che la decisione di consegna è diventata definitiva?
No. Secondo la Corte, una volta che la decisione sulla consegna è definitiva, il procedimento entra in una fase puramente esecutiva. In questa fase non è più possibile contestare la necessità della misura cautelare, come il pericolo di fuga, poiché l’unico scopo è assicurare il trasferimento della persona.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati