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Mandato di arresto europeo e residenza in Italia

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso di un cittadino straniero contro la consegna richiesta tramite mandato di arresto europeo. La Corte stabilisce che la semplice residenza non è sufficiente per bloccare la consegna, ma è necessaria la prova di un solido e stabile radicamento sociale e lavorativo. Inoltre, si ribadisce che il giudice italiano non può sindacare l’esecutività della sentenza estera se questa è attestata dallo Stato emittente.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: Quando la Residenza in Italia Non Basta per Evitare la Consegna

Un recente caso esaminato dalla Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui presupposti per rifiutare la consegna di una persona richiesta tramite mandato di arresto europeo. La sentenza sottolinea la differenza tra la semplice residenza e il concetto più stringente di “radicamento territoriale”, un fattore cruciale per consentire l’esecuzione della pena in Italia. Vediamo nel dettaglio come la Suprema Corte ha affrontato la questione.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Consegna

La vicenda riguarda un cittadino croato, destinatario di un mandato di arresto europeo emesso dal Tribunale di Zara (Croazia) per l’esecuzione di una pena di sette mesi di reclusione per reati di furto. La Corte di Appello di Bologna aveva dato il via libera alla consegna, ritenendo sussistenti le condizioni richieste dalla legge. L’interessato, tuttavia, ha presentato ricorso in Cassazione, sollevando due principali obiezioni contro la decisione.

I Motivi del Ricorso: Discrepanze e Radicamento Territoriale

La difesa ha basato il ricorso su due argomenti principali:

1. Vizio di forma: Si contestava una palese discrasia temporale nei documenti, dove la data di emissione della sentenza (2023) risultava successiva alla data in cui la stessa sarebbe diventata definitiva (2021) ed esecutiva (2011). Secondo il ricorrente, tale incongruenza avrebbe imposto alla Corte d’Appello un accertamento più approfondito sull’effettiva esecutività del titolo.
2. Mancato riconoscimento del radicamento in Italia: Il ricorrente sosteneva di risiedere stabilmente in Italia da oltre cinque anni e di avere qui il centro dei propri interessi. A sostegno di questa tesi, produceva un contratto di locazione e documentazione lavorativa, evidenziando il suo interesse a scontare la pena in Italia per finalità rieducative, come previsto dalla normativa sul mandato di arresto europeo.

L’esecutività della sentenza nel mandato di arresto europeo

Sul primo punto, la Cassazione ha dichiarato il motivo inammissibile. La Corte ha ribadito un principio consolidato: una volta che l’autorità giudiziaria dello Stato emittente attesta l’esecutività della sentenza secondo le proprie leggi, il giudice italiano non ha il potere di “sindacare” tale affermazione. Il meccanismo del mandato di arresto europeo si basa sulla fiducia e sulla cooperazione reciproca tra gli Stati membri. Eventuali incongruenze formali non sono sufficienti per bloccare la procedura, a meno che non siano tali da minare la certezza stessa del provvedimento.

La prova del radicamento per rifiutare la consegna

Il secondo motivo di ricorso è stato giudicato infondato. La Corte ha colto l’occasione per definire con precisione cosa si intenda per “radicamento territoriale” ai fini del rifiuto facoltativo della consegna. Non è sufficiente dimostrare di avere una residenza o un contratto d’affitto in Italia. La legge richiede la prova di un’integrazione sociale e lavorativa stabile e profonda, connotata dal rispetto delle norme.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha specificato che elementi come precedenti penali o pendenze giudiziarie in Italia non solo non aiutano a dimostrare il radicamento, ma anzi giocano a sfavore del richiedente. Essi, infatti, contraddicono la finalità di reinserimento sociale che sta alla base della possibilità di scontare la pena nello Stato di residenza. Nel caso specifico, il ricorrente non è riuscito a fornire prove concrete di un’occupazione lavorativa stabile e continuativa negli ultimi cinque anni, né di un inserimento positivo nel tessuto sociale nazionale. La documentazione presentata è stata ritenuta insufficiente a dimostrare quella “effettiva solidità del radicamento” che la legge richiede.

Infine, la Corte ha ricordato che, a seguito di recenti riforme normative, il ricorso per cassazione in materia di mandato di arresto europeo è limitato alle sole violazioni di legge, escludendo la possibilità di riesaminare nel merito le valutazioni fatte dai giudici dei gradi precedenti.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza

Questa pronuncia della Cassazione delinea chiaramente i confini per l’applicazione del rifiuto facoltativo di consegna. Per poter scontare in Italia una pena inflitta da un altro Stato UE, non basta vivere nel nostro Paese. È indispensabile dimostrare, con prove concrete e coerenti, di aver costruito un legame stabile e legale con il territorio, basato su un lavoro continuativo e un’integrazione sociale positiva. La presenza di precedenti penali, anziché sostenere la tesi della presenza in Italia, può essere interpretata come un elemento contrario al presupposto del reinserimento sociale, rafforzando così le ragioni per la consegna allo Stato richiedente.

L’autorità giudiziaria italiana può verificare se una sentenza di condanna estera alla base di un mandato di arresto europeo sia effettivamente esecutiva?
No. Secondo la Corte, una volta che l’autorità dello Stato di emissione ha affermato che la sentenza è esecutiva secondo le proprie norme interne, non spetta all’autorità giudiziaria italiana sindacare tale affermazione, anche in presenza di apparenti discrasie temporali.

Avere la residenza o un contratto di affitto in Italia è sufficiente per rifiutare la consegna basata su un mandato di arresto europeo?
No, non è sufficiente. La Corte ha chiarito che serve la prova di un “radicamento territoriale stabile”, che implica un inserimento sociale e lavorativo solido e connotato dal rispetto delle leggi. Un contratto di affitto da solo non basta a dimostrarlo.

I precedenti penali o i reati commessi in Italia possono aiutare a dimostrare la presenza sul territorio e quindi a evitare la consegna?
Al contrario. La sentenza afferma che i precedenti penali e le pendenze giudiziarie contraddicono la finalità di reinserimento sociale e lavorativo e, pertanto, non sono elementi utili ad attestare un radicamento territoriale che possa giustificare il rifiuto della consegna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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