LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Mandato di arresto europeo e misure cautelari

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto sottoposto a mandato di arresto europeo che chiedeva la sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari. La Corte ha chiarito che, in questa materia, il ricorso è consentito solo per violazione di legge, che include la motivazione assente o apparente, ma non per contestare la logica della valutazione del giudice sul pericolo di fuga.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di arresto europeo: quando il ricorso sulle misure cautelari è inammissibile

La gestione delle misure cautelari nell’ambito di un mandato di arresto europeo presenta delle specificità procedurali che limitano notevolmente i motivi di impugnazione. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 2854/2025) ha ribadito questi confini, chiarendo quando un ricorso contro la detenzione in carcere può essere dichiarato inammissibile. Il caso analizzato offre spunti fondamentali per comprendere la differenza tra un vizio di motivazione e una vera e propria violazione di legge.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda una persona arrestata in Italia in esecuzione di un mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria del Belgio. Durante la procedura di consegna, all’interessato era stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere. La difesa aveva presentato un’istanza alla Corte di Appello di Venezia per ottenere la sostituzione della misura con gli arresti domiciliari.

A sostegno della richiesta, erano stati prodotti documenti che attestavano un progetto imprenditoriale avviato in Italia e il radicamento della famiglia nel territorio nazionale, elementi volti a dimostrare l’insussistenza di un concreto pericolo di fuga. La difesa sosteneva inoltre che i precedenti spostamenti all’estero erano giustificati da necessità burocratiche legate al rinnovo di visti e che non vi erano prove di recenti viaggi in Belgio. Nonostante ciò, la Corte di Appello aveva rigettato l’istanza, confermando la custodia in carcere.

La Decisione della Cassazione sul mandato di arresto europeo

Avverso la decisione della Corte di Appello, il difensore ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un’erronea applicazione della legge e una motivazione omessa o carente in merito al pericolo di fuga. La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso inammissibile.

La Suprema Corte ha precisato che, in tema di mandato di arresto europeo, l’unico rimedio contro i provvedimenti relativi alle misure cautelari personali è il ricorso per cassazione per “violazione di legge”, ai sensi dell’art. 9 della L. 69/2005 e dell’art. 719 cod. proc. pen. Questo significa che non è possibile contestare la valutazione logica o la coerenza della motivazione del giudice di merito, ma solo un’errata applicazione delle norme giuridiche.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte ha spiegato che un ricorso basato sulla motivazione è ammissibile solo in due casi estremi: l’assenza totale della motivazione o la presenza di una motivazione “apparente”, ovvero basata su clausole di stile che non forniscono una reale giustificazione della decisione. Nel caso di specie, invece, la Corte di Appello aveva fornito una motivazione, seppur sintetica. Aveva infatti considerato la reiterazione dell’istanza a pochi giorni da un precedente rigetto e aveva giustificato la misura inframuraria in ragione dei punti di appoggio che il ricorrente aveva in diversi Paesi, ritenendo tali legami internazionali un fattore che rendeva la misura carceraria non sostituibile.

Secondo la Cassazione, le censure del ricorrente non denunciavano una violazione di legge, ma miravano a una diversa valutazione dei fatti e delle prove documentali (come il progetto imprenditoriale e il radicamento in Italia). Questo tipo di riesame del merito è precluso in sede di legittimità, specialmente nella stringente cornice normativa del mandato di arresto europeo. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché proposto per ragioni non consentite dalla legge.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida un principio fondamentale: nell’ambito delle procedure di consegna basate su un mandato di arresto europeo, gli spazi per contestare le misure cautelari sono molto ristretti. La scelta del legislatore è quella di garantire rapidità ed efficacia alla cooperazione giudiziaria europea, limitando le impugnazioni a questioni di pura legittimità. Per la difesa, ciò significa che un ricorso avrà possibilità di successo solo se si riesce a dimostrare un’evidente violazione di una norma di legge o una motivazione talmente carente da essere considerata inesistente, e non semplicemente contestando l’interpretazione dei fatti data dal giudice.

In caso di mandato di arresto europeo, è sempre possibile impugnare il diniego di una misura cautelare meno afflittiva?
No. Il ricorso per cassazione avverso i provvedimenti sulle misure cautelari in questa materia è ammesso solo per “violazione di legge”, come specificato dalla L. 69/2005. Non è possibile contestare la valutazione di merito del giudice, ad esempio sul pericolo di fuga, se questa è sorretta da una motivazione non meramente apparente.

Cosa si intende per “motivazione apparente” che può giustificare un ricorso?
Per motivazione apparente si intende una giustificazione che utilizza formule generiche o clausole di stile senza un reale esame del caso concreto, risultando quindi formalmente esistente ma sostanzialmente vuota. Una motivazione che, seppur sintetica, si basa su elementi specifici (come i legami del ricorrente con più Paesi) non è considerata apparente.

Qual è stata la conseguenza pratica della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la conferma definitiva del provvedimento della Corte di Appello, mantenendo quindi la misura della custodia in carcere per il ricorrente. Inoltre, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati