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Mandato di arresto europeo e doppia punibilità

Un uomo, ricercato dalla Romania per guida senza patente, ha impugnato la decisione di consegna dall’Italia. Ha sollevato questioni sulla violazione del principio di doppia punibilità, sul suo radicamento in Italia e sul rischio di trattamenti inumani. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, chiarendo che per il mandato di arresto europeo la doppia punibilità si valuta sul fatto specifico che costituisce reato in Italia (in questo caso, per recidiva nel biennio). Ha inoltre ribadito che i ricorsi non possono contestare l’accertamento dei fatti sul radicamento e che le doglianze sulle condizioni detentive devono essere specifiche e, di norma, sollevate in appello.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di arresto europeo: la Cassazione chiarisce i limiti del rifiuto

Il mandato di arresto europeo (MAE) rappresenta un pilastro della cooperazione giudiziaria penale nell’Unione Europea, ma la sua applicazione solleva spesso questioni complesse, specialmente quando si scontra con i principi degli ordinamenti nazionali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sui motivi di rifiuto della consegna, in particolare riguardo al principio di doppia punibilità e al radicamento della persona richiesta sul territorio italiano.

I fatti del caso: la richiesta di consegna dalla Romania

Il caso esaminato riguardava un cittadino rumeno, destinatario di un mandato di arresto europeo emesso dall’Autorità Giudiziaria della Romania. La richiesta era finalizzata all’esecuzione di una pena detentiva per il reato di guida senza patente, commesso in Romania nel dicembre 2017. L’interessato era stato condannato per questo fatto e, in precedenza, per altri episodi analoghi. La Corte di appello di Milano aveva concesso la consegna, limitandola però al solo reato del 2017, in quanto unicamente questo integrava gli estremi del reato anche per la legge italiana, data la sussistenza di una precedente condanna nel biennio (recidiva).

I motivi del ricorso: tre fronti di opposizione

Contro la decisione della Corte di appello, l’interessato ha proposto ricorso per cassazione, articolando tre distinti motivi:

1. Violazione del principio di doppia punibilità: Secondo la difesa, poiché la rilevanza penale del fatto del 2017 dipendeva da una condanna precedente (del 2019), la Corte avrebbe dovuto dare esecuzione anche a quella sentenza, per la quale non era stato emesso un autonomo MAE.
2. Violazione della norma sul radicamento stabile: Il ricorrente sosteneva di risiedere stabilmente in Italia da oltre cinque anni, avendo un lavoro, una compagna e una figlia nata in Italia. Tale circostanza, a suo dire, avrebbe dovuto comportare il rifiuto della consegna.
3. Rischio di trattamenti inumani: Infine, si lamentava che la Corte di appello non avesse verificato le condizioni detentive in Romania, omettendo di accertare il rischio di trattamenti inumani e degradanti.

La decisione sul mandato di arresto europeo: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le doglianze, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto infondate le argomentazioni della difesa, fornendo una lettura rigorosa dei presupposti per l’applicazione e il rifiuto del mandato di arresto europeo.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato punto per punto i motivi del ricorso, smontandoli sulla base di principi giuridici consolidati.

Sul principio di doppia punibilità

La Corte ha chiarito che la valutazione della doppia punibilità deve essere effettuata con riferimento al momento della decisione sulla consegna. In Italia, la guida senza patente è stata depenalizzata, ma torna a essere reato in caso di recidiva nel biennio. La Corte di appello ha correttamente applicato questo principio, disponendo la consegna solo per il fatto che, a causa della recidiva, costituiva reato per entrambi gli ordinamenti. La precedente condanna non è il reato per cui si procede, ma solo un presupposto necessario affinché il nuovo fatto assuma rilevanza penale. Pertanto, non era necessario un MAE specifico per la condanna precedente.

Sul radicamento nel territorio nazionale

In materia di mandato di arresto europeo, il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge e non per vizi di motivazione. La valutazione sul radicamento stabile del soggetto in Italia attiene all’accertamento di fatto, che è di competenza esclusiva della Corte di appello. Quest’ultima aveva esaminato la documentazione prodotta (contratti di lavoro, bollette) e l’aveva ritenuta insufficiente a dimostrare un radicamento effettivo e stabile. Contestare tale valutazione in Cassazione equivale a chiedere un riesame del merito, non consentito in quella sede.

Sul rischio di trattamenti inumani

La Corte ha ribadito che il rischio di trattamenti inumani o degradanti deve essere dedotto, di norma, davanti alla Corte di appello, allegando fonti attendibili e specifiche. È possibile sollevare la questione per la prima volta in Cassazione solo se il rischio deriva da situazioni sistemiche e gravi che costituiscano un fatto notorio o siano state oggetto di recenti pronunce. Nel caso di specie, il ricorrente ha sollevato un’eccezione generica, senza specificare perché le condizioni carcerarie rumene costituissero un pericolo concreto e attuale, né perché tale rischio dovesse considerarsi notorio.

Le conclusioni

La sentenza rafforza un orientamento rigoroso nell’applicazione del mandato di arresto europeo. La Corte di Cassazione conferma che i motivi di rifiuto della consegna devono essere interpretati restrittivamente e provati secondo regole precise. In particolare:
– La doppia punibilità va verificata sul fatto oggetto della richiesta, considerando i suoi elementi costitutivi secondo la legge italiana, come la recidiva.
– La valutazione sul radicamento territoriale è un accertamento di fatto insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivato dal giudice di merito.
– Il pericolo di violazione dei diritti fondamentali deve essere allegato in modo specifico e concreto, non potendo basarsi su doglianze generiche.

Quando la guida senza patente è reato in Italia e rileva per un mandato di arresto europeo?
La guida senza patente costituisce reato in Italia, ai fini della doppia punibilità, solo nell’ipotesi aggravata dalla recidiva nel biennio, cioè se il fatto è commesso entro due anni da una condanna definitiva per lo stesso illecito. In questo caso, il fatto è considerato reato autonomo e può essere oggetto di consegna.

È possibile opporsi alla consegna basandosi sul radicamento stabile in Italia?
Sì, la legge prevede il rifiuto della consegna se la persona risiede o dimora stabilmente in Italia da almeno cinque anni. Tuttavia, la prova di tale radicamento è un accertamento di fatto demandato alla Corte di appello. Il suo giudizio non può essere contestato davanti alla Corte di Cassazione se non per una manifesta violazione di legge, ma non per riesaminare le prove.

Si può sollevare per la prima volta in Cassazione il rischio di trattamenti inumani nello Stato richiedente?
Di norma no. Questa questione deve essere sollevata davanti alla Corte di appello con prove specifiche. Può essere dedotta per la prima volta in Cassazione solo eccezionalmente, quando le gravi situazioni sistemiche delle carceri dello Stato richiedente costituiscano un fatto notorio o siano state oggetto di recenti sentenze di legittimità, e il ricorso spieghi perché tale rischio sia concreto e attuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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