Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23043 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23043 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato in Romania DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano il 07/05/2024;
visti gli atti ed esaminato il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME;
udito il Sostituto Procuratore Generale, AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano ha disposto la consegna all’Autorità Giudiziaria di Romania, di NOME, destinatario di un mandato di arresto europeo per il reato di guida senza patente, commesso in Romania il 20.12.2017, e per il quale era stato condannato con sentenza n. 606 del 19.4.2022 alla pena di un anno, cinque mesi e giorni dieci di reclusione.
In punto di fatto si evidenzia che
NOME, oltre al reato per cui si procede, è stato condannato: a) con sentenza n. 468 del 13.5.2015 alla pena di otto mesi di reclusione per lo stesso reato in relazione a
fatti accertati il 31.8.2014; b) con sentenza n. 826 del 12.12.2019 alla pena di un anno di reclusione sempre per lo stesso reato, per fatti commessi il 15.9.2017;
con la sentenza n. 826 del 2019 la pena veniva cumulata con quella in precedenza inflitta con la sentenza n. 468 del 2015, con determinazione della pena complessiva di un anno, due mesi e giorni venti di reclusione;
con la sentenza per cui si procede il Tribunale ha rideterminato la pena per tutti i reati concorrenti, nel senso di infliggere: la pena di un anno di reclusione per i fa commessi il 20.12.2017; otto mesi di reclusione per i fatti di cui alla sentenza n. 82 del 2019; otto mesi per i fatti commessi con la sentenza n. 468 del 2015; nel riconoscere la continuazione tra i reati, il Tribunale aveva stabilito che la pena più grav di un anno di reclusione, inflitta per il reato commesso il 20.12.2017, dovesse essere aumentata complessivamente di cinque mesi e giorni dieci di reclusione per gli altri due fatti e che dunque la pena complessiva da espiare sarebbe stata quella di un anno, cinque mesi e giorni dieci di reclusione;
la consegna è stata disposta solo per la pena di un anno di reclusione, cioè solo per i fatti commessi il 20.12.2017, perché solo tali fatti assumerebbero rilievo penale per l’ordinamento interno.
Ha proposto ricorso per cassazione il consegnando articolando tre motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge quanto al principio della doppia incriminazione.
Il tema attiene alla necessità per l’ordinamento interno, ai fini della rilevanza penal della condotta di guida senza patente, che sussista la recidiva nel biennio precedente alla data di commissione del reato per cui si procede.
Si assume che la Corte di appello avrebbe dovuto dare esecuzione non solo alla sentenza n. 606 del 19.4.2022, ma anche a quella n. 826 del 2019 in quanto quest’ultima sarebbe il presupposto necessario affinchè si configuri il reato per il qual è stata disposta la consegna; si aggiunge che sarebbe stata altresì necessaria la emissione di un mandato di arresto autonomo anche per i fatti oggetto della sentenza n. 826 del 2019.
2.2. Con il secondo motivo si deduce violazione di legge quanto all’art. 18 bis, comma 2 bis, legge 22 aprile 2005, n. 69.
Il tema attiene alla prova del radicamento stabile in Italia da almeno cinque anni, negato dalla Corte facendo riferimento al mero dato temporale.
Si argomenta che il ricorrente, dopo aver lavorato “in nero” per “diverso tempo”; a) sarebbe stato assunto dalla società RAGIONE_SOCIALE con contratto a tempo determinato del 16.11.2022: b) sarebbe legato ad una compagna NOME dalla cui unione è nata una figlia nel 2022; c) tutti i soggetti in questione sarebbero in possesso di una cart d’identità.
Si aggiunge che sarebbe stata prodotta anche documentazione comprovante la richiesta di codice fiscale e il pagamento di bollette in relazione ad una determinata abitazione, un verbale di pronto soccorso del 2022, nonché l’ospitalità offerta da un conoscente dal maggio 2019
Dunque una serie di indici che la Corte avrebbe dovuto apprezzare.
2.3. Con il terzo motivo si deduce violazione di legge quanto all’art.16 della legge 69 del 2005 per assenza delle informazioni dall’Autorità giudiziaria Romena in relazione all’art. 2 legge cit. e al mancato accertamento della inesistenza del pericolo d trattamenti inumani e degradanti.
La sentenza sarebbe viziata, da una parte, COGNOME per non avere la Corte chiesto informazioni sul luogo in cui il ricorrente sarà detenuto e, dall’altra, per avere omess di verificare che non sussista il pericolo che il consegnando possa essere sottoposto a trattamenti degradanti o inumani.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è inammissibile.
2.1. La Corte di cassazione ha in più occasioni chiarito che per la sussistenza del requisito della doppia punibilità di cui all’art. 7 della legge n. 69 del 2005, è necessa che l’ordinamento italiano contempli come reato, al momento della decisione sulla domanda dello Stato di emissione, il fatto per il quale la consegna è richiesta (Sez. 6, n. 5749 del 09/02/2016, COGNOME, Rv. 266039, in relazione ad una consegna richiesta per il reato di guida senza patente, depenalizzato ai sensi del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, che ha escluso la persistenza, a seguito della novella legislativa, della condizion della doppia punibilità della violazione; v., inoltre, Sez. 6, n. 28701 del 20 luglio 20 Lacatus, non mass.).
Si è aggiunto che la depenalizzazione dei reati puniti con la sola pena pecuniaria, prevista dall’art. 1, d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, non si estende alle ipotesi aggravat punite con la pena detentiva, le quali, a seguito della trasformazione in illeci amministrativo delle fattispecie base, si configurano quali autonome figure di reato. Ne discende che solo la fattispecie di guida senza patente, nell’ipotesi aggravata dalla recidiva nel biennio, non è stata depenalizzata dall’art. 1 d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8 si configura, pertanto, come fattispecie autonoma di reato di cui la recidiva integra un elemento costitutivo (Sez. 4, n. 42285 del 10/05/2017, Diop, Rv. 270882).
Si è inoltre precisato che, per l’integrazione della recidiva nel biennio, idonea, ai sen dell’art. 5 d.lgs. 5 gennaio 2016, n. 8, ad escludere il reato dall’area de depenalizzazione, non è sufficiente che sia intervenuta la mera contestazione dell’illecito
depenalizzato, ma è necessario che questo sia stato definitivamente accertato (Sez. 4, n. 27398 del 06/04/2018, Dedominici, Rv. 273405).
2.2. La Corte di appello ha fatto corretta applicazione dei principi indicati, avend disposto la consegna, da una parte, limitatamente all’unico fatto che, per l’ordinamento interno, costituisce reato e per il quale, quindi, sussiste il requisito della doppia punib di cui all’art. 7 della legge n. 69 del 2005, e, dall’altra, in relazione alla sola pena anno di reclusione inflitta dal Tribunale romeno in ordine al fatto in questione.
Non è obiettivamente chiaro né perché la Corte di appello avrebbe dovuto “dare esecuzione” anche alle sentenza n. 826 del 2019 che ha ad oggetto un fatto che non costituisce reato per l’ordinamento interno, e neppure perché, in ordine a quest’ultimo reato, avrebbe dovuto essere emesso “un mandato ad hoc”.
3. È inammissibile anche il secondo motivo di ricorso.
3.1. La Corte di cassazione ha spiegato, in tema di mandato di arresto europeo, che sono inammissibili le censure che involgono l’accertamento del radicamento del soggetto nel territorio dello Stato, le quali, pur dedotte quale vizio di violazione di le attengono in realtà alla motivazione della decisione, atteso che l’art. 22 della legge 22 aprile 2005, n. 69, come modificato dall’art. 18 del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, no ammette avverso la sentenza resa dalla corte di appello sulla richiesta di consegna il ricorso per cassazione per vizi di motivazione (Sez. 6, n. 41074 del 10/11/2021, Huzu, Rv. 82260).
Si è chiarito che, a seguito delle modifiche apportate all’art. 18-bis legge 22 april 2005, n. 69, dall’art. 18-bis, d.l. 13 giugno 2023, n. 69, introdotto dalla legge conversione 10 agosto 2023, n. 103, la Corte di appello, al fine di verificare lo stabi radicamento nel territorio nazionale della persona richiesta, quale motivo di rifiuto del consegna, è tenuta, a pena di nullità, ad indicare gli specifici indici rivelatori pre dalla norma cit. ed i relativi criteri di valutazione, sicché il mancato apprezzamento d uno di tali indici rileva come violazione di legge, soggetta al sindacato della Corte cassazione (Sez. 6, n. 41 del 28/12/2023, dep. 2024, Bettini, Rv. 285601).
Anche in questo caso la Corte ha fatto corretta applicazione dei principi indicati e ha spiegato facendo riferimento a tutti i documenti prodotti dal consegnando perché essi non abbiano capacità dimostrativa del fatto da provare.
Nulla di specifico è stato dedotto, essendosi limitato il ricorrente a sindacare l motivazione della sentenza impugnata.
Non diversamente, è inammissibile anche il terzo motivo.
Non vi è dubbio che, in presenza di una situazione di rischio di sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti durante il regime detentivo, attestata da fonti
internazionali affidabili, è onere della Corte di appello a cui la questione sia dedot richiedere informazioni integrative allo Stato emittente, tese a conoscere il trattamento penitenziario cui il consegnando sarà in concreto sottoposto. (Sez.6, n. 44015 del 16/11/2022, Prinzhausen, Rv. 284002).
In particolare, è onere della persona richiesta in consegna, che voglia ottenere un provvedimento di rifiuto della consegna, dedurre tale profilo davanti alla Corte di appello allegando fonti attendibili, specifiche ed aggiornate su cui poter fondare la ragionevol affermazione dell’esistenza di un concreto pericolo di trattamento inumano e degradante determinato dalle condizioni di detenzione vigenti nello Stato richiedente (Sez. 6, n. 41075 del 10/11/2021, Rv. 282120).
Diversamente, quando la questione non sia stata dedotta e la Corte di appello non abbia proceduto d’ufficio, il rischio di sottoposizione del consegnando a trattamenti detentivi inumani o degradanti è deducibile per la prima volta con il ricors per cassazione solo nel caso in cui le gravi situazioni sistemiche delle condizioni carcerarie di un determinato Stato membro costituiscano fatto notorio o siano state oggetto di recenti pronunce in sede di legittimità. (Sez. 6, n. 10119 del 07/03/2024, COGNOME, Rv. 286166).
E tuttavia è necessario che, con il ricorso per cassazione, si spieghi perché la Corte di appello avrebbe dovuto procedere a tale accertamento anche prescindendo da puntuali allegazioni difensive, e, quindi, perché nella specie sarebbe notorio il risch oggettivo e astratto di essere sottoposti, se consegnati, ad un trattamento inumano e degradante.
In tale quadro di riferimento, il motivo di ricorso rivela la sua genericità struttu non solo non essendo stata la questione dedotta in appello, ma anche per non essere stato in nessun modo chiarito con il ricorso per cassazione perché detto pericolo, da una parte, sarebbe attuale e, dall’altra, costituirebbe un fatto notorio.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese 1-1processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen. Così deciso in Roma, il 6 giugno 2024.