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Mandato di arresto europeo e detenzione: la guida

La Corte di Cassazione analizza un caso di mandato di arresto europeo per un soggetto già detenuto in Italia. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore che chiedeva la custodia cautelare, confermando la decisione della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva escluso un concreto pericolo di fuga proprio in virtù dello stato di detenzione del soggetto, ritenendo la sua motivazione sufficiente e non sindacabile in sede di legittimità.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: Quando la Detenzione Esclude il Pericolo di Fuga

Il mandato di arresto europeo (MAE) è uno strumento fondamentale per la cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea. Ma cosa succede se la persona richiesta da un altro Stato è già detenuta in Italia per altri reati? Può essere applicata un’ulteriore misura cautelare per garantire la sua consegna? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 19354/2024) offre chiarimenti cruciali, sottolineando l’importanza di una valutazione concreta del pericolo di fuga.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un cittadino straniero, detenuto in Italia con una condanna definitiva la cui pena terminerà nel 2028. Le autorità giudiziarie tedesche emettono nei suoi confronti un mandato di arresto europeo per reati di furto aggravato e lesioni. Il Procuratore Generale presso la Corte d’appello di Perugia, incaricata della procedura, richiede l’applicazione della custodia cautelare in carcere per l’uomo, al fine di prevenire il rischio di fuga in attesa della decisione sulla consegna.

Contrariamente alla richiesta, la Corte d’appello convalida l’arresto ma rigetta l’applicazione della misura cautelare. La motivazione dei giudici di merito è netta: essendo il soggetto già ristretto in carcere con una prospettiva di detenzione a lungo termine, non sussiste un concreto e attuale pericolo di fuga, soprattutto considerando i tempi brevi previsti per la procedura di consegna.

Il Ricorso del Procuratore e la questione del mandato di arresto europeo

Insoddisfatto della decisione, il Procuratore Generale presenta ricorso in Cassazione. La sua tesi si basa su un principio giuridico consolidato: lo stato di detenzione per un’altra causa non è, di per sé, un ostacolo all’applicazione di una nuova misura cautelare per un diverso reato. Il Procuratore evidenzia inoltre i precedenti penali del soggetto e i suoi trascorsi, caratterizzati da spostamenti in varie località anche all’estero, elementi che delineerebbero una personalità incline a sottrarsi alla giustizia.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte dichiara il ricorso del Procuratore Generale inammissibile. I giudici di legittimità non entrano nel merito della scelta della Corte d’appello, ma si concentrano sulla struttura della sua motivazione. Secondo la Cassazione, il ricorso contro i provvedimenti cautelari in materia di mandato di arresto europeo è possibile solo per violazione di legge, categoria che include anche la motivazione inesistente o meramente apparente.

Nel caso specifico, la Corte di Cassazione stabilisce che la motivazione dei giudici di Perugia non è affatto apparente. Anzi, è ancorata a una valutazione specifica e fattuale della situazione.

Le Motivazioni

Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra un principio generale e la sua applicazione al caso concreto. È vero che, in astratto, lo status detentionis non impedisce una nuova misura cautelare. Tuttavia, la Corte d’appello ha il dovere di valutare se, in concreto, esista un reale pericolo di fuga.

I giudici di merito hanno ragionato in modo logico: una persona che deve scontare una pena fino al 2028 non ha alcuna possibilità attuale di darsi alla fuga. Questo dato, unito alla rapidità del procedimento di consegna, ha portato la Corte a concludere per l’insussistenza del pericolo. Tale valutazione, essendo un giudizio di fatto supportato da una motivazione logica e non contraddittoria, non può essere messa in discussione in sede di legittimità.

La Cassazione precisa che i precedenti giurisprudenziali citati dal ricorrente non sono pertinenti, in quanto si riferivano a casi diversi, in cui era l’imputato a impugnare una misura cautelare che gli era stata applicata.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale del nostro ordinamento: le misure cautelari, specialmente quelle che limitano la libertà personale, devono rispondere a esigenze concrete e attuali, non a pericoli astratti o ipotetici. Sebbene la detenzione per un’altra causa non crei un’immunità automatica da ulteriori misure, il giudice ha il potere e il dovere di considerare tale stato per valutare l’effettiva sussistenza del pericolo di fuga. La decisione della Corte d’appello, basata su un’analisi pragmatica della realtà del soggetto richiesto, è stata quindi ritenuta immune da censure, consolidando un approccio che privilegia la sostanza sulla forma nella delicata materia del mandato di arresto europeo.

Se una persona è già in carcere in Italia, può essere applicata un’altra misura di custodia cautelare per un mandato di arresto europeo?
Sì, in linea di principio lo stato di detenzione per un’altra causa non impedisce l’emissione di un nuovo provvedimento cautelare. Tuttavia, il giudice deve valutare in concreto se esista un effettivo e attuale pericolo di fuga che giustifichi la nuova misura.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Procuratore in questo caso?
Perché ha ritenuto che la motivazione della Corte d’appello non fosse né mancante né meramente apparente. La Corte d’appello aveva escluso il pericolo di fuga basandosi su elementi concreti (la lunga detenzione già in corso e la rapidità della procedura di consegna), fornendo una motivazione logica che non può essere riesaminata nel merito dalla Cassazione.

Qual è il principio chiave affermato dalla sentenza riguardo al pericolo di fuga?
La sentenza sottolinea che la valutazione del pericolo di fuga non deve essere astratta, ma basata su una disamina concreta e attuale delle circostanze personali del soggetto. Una detenzione a lungo termine per altra causa può essere un elemento decisivo per escludere tale pericolo, rendendo non necessaria un’ulteriore misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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