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Mandato di arresto europeo: differenza e conseguenze

La Corte di Cassazione annulla una sentenza di rifiuto di consegna basata su un mandato di arresto europeo, chiarendo la distinzione fondamentale tra mandato a fini processuali e mandato a fini esecutivi. La Corte ha stabilito che, in caso di ambiguità sulla natura del mandato, il giudice ha l’obbligo di interpellare l’autorità straniera emittente prima di negare la consegna, poiché i limiti di pena si applicano solo ai mandati esecutivi.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: Processuale o Esecutivo? Una Distinzione Cruciale

Il mandato di arresto europeo (MAE) è uno strumento fondamentale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, ma la sua applicazione richiede un’attenta valutazione da parte dei giudici nazionali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 15654 del 2025, ha messo in luce un aspetto critico: la differenza tra un mandato emesso a fini processuali e uno a fini esecutivi. Vediamo come questa distinzione possa determinare l’esito di una richiesta di consegna.

I Fatti del Caso

Una Corte di appello italiana aveva negato la consegna di un cittadino rumeno alle autorità del suo paese. La richiesta era basata su un mandato di arresto europeo che, secondo i giudici di merito, era finalizzato all’esecuzione di una condanna definitiva a trenta giorni di reclusione per tentato furto.

La Corte territoriale aveva motivato il rifiuto sulla base di due ragioni principali:
1. La pena era inferiore al limite minimo di quattro mesi previsto dalla legge italiana (art. 7, comma 4, L. 69/2005) per la consegna a fini esecutivi.
2. L’interessato era residente stabilmente in Italia da molti anni, circostanza che, secondo la corte, giustificava l’esecuzione della pena in Italia (art. 18-bis L. 69/2005).

Il Procuratore generale ha però impugnato questa decisione, sostenendo che la Corte di appello avesse commesso un errore fondamentale nell’interpretare la natura del mandato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Procuratore generale, annullando la sentenza e rinviando il caso a un’altra Corte di appello per un nuovo esame. Il cuore della decisione risiede nella corretta qualificazione del mandato di arresto europeo.

Secondo la Cassazione, la Corte di appello ha dato per scontato che il mandato fosse di tipo “esecutivo”, senza però accertarlo con sicurezza. Il documento originale, peraltro non tradotto, non chiariva se la richiesta fosse per eseguire una condanna definitiva o, invece, per procedere penalmente nei confronti dell’indagato attraverso una misura cautelare (mandato “processuale”).

Le Motivazioni della Sentenza: l’Importanza del Mandato di Arresto Europeo Processuale

La motivazione della Corte di Cassazione è un importante richiamo ai doveri del giudice nazionale nell’ambito della cooperazione giudiziaria. La distinzione tra mandato esecutivo e processuale non è una mera formalità, ma ha conseguenze giuridiche sostanziali. Il limite di pena di quattro mesi, invocato dalla Corte di appello per negare la consegna, si applica esclusivamente ai mandati emessi per l’esecuzione di una sentenza già definitiva. Non vale, invece, per i mandati emessi a fini processuali, come quelli basati su un’ordinanza di custodia cautelare in corso di indagini.

La Suprema Corte ha sottolineato che, di fronte a un testo ambiguo o non tradotto, il giudice italiano ha l’obbligo di attivarsi per dissipare ogni dubbio. L’art. 16 della legge n. 69 del 2005 prevede esplicitamente che l’autorità giudiziaria possa interloquire direttamente con l’autorità emittente per ottenere tutte le informazioni supplementari necessarie a decidere. In questo caso, la Corte di appello avrebbe dovuto contattare le autorità rumene per chiarire se il provvedimento fosse una sentenza definitiva o una misura cautelare.

La sentenza chiarisce inoltre un altro punto: la durata della custodia cautelare già sofferta in Italia in attesa della decisione non costituisce un ostacolo alla consegna, anche se superiore alla durata della misura disposta all’estero. L’efficacia della misura straniera, infatti, decorre solo dal momento in cui la persona viene materialmente consegnata.

Conclusioni: Obbligo di Verifica e Cooperazione Giudiziaria

Questa pronuncia rafforza un principio cardine della cooperazione penale europea: il dovere di leale collaborazione e di verifica attiva da parte del giudice nazionale. Non è possibile rifiutare la consegna basandosi su supposizioni o su una lettura incerta degli atti. Quando un mandato di arresto europeo presenta elementi di ambiguità, il giudice deve utilizzare gli strumenti di dialogo diretto con l’autorità estera per accertare la reale natura della richiesta. Solo così si può garantire una corretta applicazione delle norme e il rispetto del principio di reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie, fondamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia dell’Unione Europea.

È possibile rifiutare la consegna per un mandato di arresto europeo se la pena è inferiore a quattro mesi?
Sì, ma solo se il mandato è stato emesso per l’esecuzione di una sentenza di condanna definitiva (‘fini esecutivi’). Se il mandato è emesso per finalità processuali, come nel caso di una misura cautelare, questo limite minimo di pena non si applica e la consegna non può essere rifiutata per questo motivo.

Cosa deve fare un giudice italiano se il testo di un mandato di arresto europeo non è chiaro sulla sua natura?
Il giudice non può decidere basandosi su un’interpretazione incerta. Secondo la sentenza, ha l’obbligo di contattare l’autorità giudiziaria che ha emesso il mandato per ottenere i chiarimenti necessari ad accertarne la natura (processuale o esecutiva) e l’efficacia, come previsto dall’art. 16 del d.lgs. n. 69 del 2005.

La durata della custodia cautelare già sofferta in Italia può impedire la consegna se è superiore a quella della misura disposta all’estero?
No. La Corte di Cassazione ha specificato che il termine di efficacia della misura cautelare posta a fondamento del mandato decorre dal momento in cui la persona richiesta viene concretamente messa a disposizione dell’autorità giudiziaria dello Stato emittente. Pertanto, il periodo di detenzione sofferto in Italia in attesa della decisione non è un motivo ostativo alla consegna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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