Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15654 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15654 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto dal
Procuratore generale presso la Corte di appello di Potenza nel procedimento a carico di NOME COGNOME nato in Romania il 11/08/1995;
avverso la sentenza emessa in data 21/03/2025 dalla Corte di appello di Potenza visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di annullare la sentenza impugnata; udite le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile o, comunque, di rigettare il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Potenza ha negato la consegna all’autorità giudiziaria rumena di Traian Rostas, richiesta sulla base del mandato di arresto europeo emesso in data 2 marzo 2025.
La Corte di appello ha, infatti, ritenuto che il mandato di arresto fosse stato emesso per l’esecuzione della sentenza di condanna di Rostas, pronunciata in data 27 febbraio 2025 e divenuta irrevocabile in data 2 marzo 2025, alla pena di trenta giorni di reclusione per due reati di tentato di furto in abitazione commessi in data 9 gennaio 2025.
Secondo i giudici appello, la richiesta di consegna doveva, dunque, essere rifiutata, stante il divieto posto dall’art. 7, comma 4, della legge n. 22 aprile 2005, n. 69, che non consente di eseguire il mandato di arresto europeo emesso a fini esecutivi se la pena o la misura di sicurezza inflitta abbiano «una durata non inferiore a quattro mesi».
La Corte di appello, da ultimo, rilevato che NOME è legittimamente ed effettivamente residente e dimorante in territorio italiano da circa diciassette anni, ha ritenuto sussiste il motivo di rifiuto di cui all’art. 18, comma 2-bis, della legge n. 69 del 2005 e ha disposto che la pena inflitta dall’autorità giudiziaria rumena, sia eseguita in Italia, conformemente al suo diritto interno.
Il Procuratore generale presso la Corte di appello di Potenza ha proposto tempestivo ricorso avverso tale sentenza e ne ha chiesto l’annullamento.
Con unico e articolato motivo di ricorso, il Procuratore generale ha dedotto l’errata applicazione dell’art. 18-bis, comma 2, della legge n. 22 aprile 2005, n. 69, anche in relazione agli artt. 9, 10, 11, 13 e 24 del d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161, in quanto erroneamente la Corte di appello ha ritenuto che il mandato di arresto europeo fosse stato emesso dall’autorità giudiziaria rumena a fini esecutivi e non già processuali.
Il provvedimento posto a fondamento dell’emissione del mandato di arresto europeo, infatti, non sarebbe una sentenza di condanna divenuta irrevocabile, ma un «mandato di arresto preventivo», e, dunque, un provvedimento cautelare, emesso ai sensi degli art. 202, comma 1, lett. e), 203, n. 3 e 238 del codice di procedura penale rumeno, divenuto irrevocabile allo stato degli atti e avente durata di trenta giorni.
Non essendo il mandato di arresto europeo stato emesso per l’esecuzione di una sentenza di condanna definitiva, ma solo per procedere nei confronti della persona richiesta in consegna per i reati di tentato furto in abitazione indicati,
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dunque, non vi sarebbe stata alcuna violazione del disposto dall’art. 7, comma 4, della legge n. 22 aprile 2005, n. 69.
La Corte di appello, peraltro, avrebbe illegittimamente disposto l’esecuzione della pena in territorio italiano, senza preventivamente verificare la compatibilità della stessa con l’ordinamento italiano (che, peraltro, in relazione al reato di furto in abitazione contempla il divieto di sospensione dell’ordine di esecuzione), e senza indicare all’organo di esecuzione la corrispondente fattispecie di reato nell’ordinamento italiano.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto, in quanto il motivo proposto è fondato.
Con unico motivo il Procuratore generale presso la Corte di appello di Potenza ha dedotto l’errata applicazione dell’art. 18-bis, comma 2, della legge n. 22 aprile 2005, n. 69, anche in relazione agli artt. 9, 10, 11, 13 e 24 del d.lgs. 7 settembre 2010, n. 161, in quanto erroneamente la Corte di appello ha ritenuto che il mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria rumena fosse esecutivo e non già processuale.
3. Il motivo è fondato.
Dal testo del mandato di arresto europeo trasmesso dall’autorità giudiziaria rumena e non tradotto non è chiaro se lo stesso sia stato emesso per fini esecutivi o processuali e, in particolare, se a fondamento dello stesso sia stata posta una sentenza di condanna divenuta definitiva o, invece, una misura cautelare.
La questione assume rilievo decisivo nel caso di specie, in quanto, ove il mandato di arresto fosse stato emesso per fini processuali, sarebbe inoperante la preclusione posta in via generale dall’art. 7, comma 4, della legge n. 22 aprile 2005, n. 69, che la Corte di appello di Potenza ha ritenuto osti alla consegna.
In tema di mandato di arresto europeo, non è, peraltro, ostativa alla consegna la circostanza che il periodo di custodia cautelare a cui sia stato sottoposto in Italia la persona richiesta sia superiore al termine di durata della misura cautelare predeterminato dall’Autorità di emissione (Sez. 6, n. 47731 del 01/12/2015, Parnica, Rv. 265769; Sez. 6, n. 14976, 2/4/2009, Beben, Rv. 243080)
Il termine di efficacia della misura cautelare posta a fondamento del mandato decorre dal momento in cui la persona richiesta viene posta concretamente a disposizione dell’autorità giudiziaria dello Stato emittente; pertanto, non osta alla consegna la circostanza che il periodo di custodia cautelare sofferto in Italia sia
superiore al termine di durata della cautela predeterminato nel provvedimento dello Stato di emissione
(ex plurimis:
Sez. 6, n. 25012 del 21/06/2024, Stoica,
Rv. 286669 – 01, fattispecie relativa a un mandato di arresto processuale emesso dalle autorità rumene per l’esecuzione di un provvedimento di arresto temporaneo
della durata di trenta giorni; Sez. 6, n. 10054 del 26/02/2013, Verticale, Rv.
254822 – 01, fattispecie relativa ad un mandato di arresto processuale emesso dalle autorità polacche per l’esecuzione di un provvedimento di arresto
temporaneo della durata di quattordici giorni; Sez. 6, n. 14976 del 02/04/2009, dep. 07/04/2009, Beben, Rv. 243080; Sez. 6, n. 16544 del 27/04/2010,
COGNOME
Rv.
246749).
Il periodo di detenzione sofferto dalla persona richiesta in consegna in territorio italiano potrà, invece, essere decurtato dalla pena eventualmente inflitta
dall’autorità giudiziaria dello Stato di emissione
Posto che il dubbio relativo alla natura e, dunque, all’efficacia del mandato di arresto europeo, non è oggettivamente risolvibile allo stato degli atti, si impone
l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio perché la Corte di appello di
Salerno provveda a promuovere un’adeguata interlocuzione con l’autorità giudiziaria emittente, ai sensi dell’art. 16, comma 1, del d. Igs. n. 69 del 2005, per accertare la natura (e, dunque, l’efficacia) del mandato di arresto europeo di cui si controverte.
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte di appello di Salerno per compiere i necessari accertamenti ai sensi dell’art. 16, comma 1, del d. Igs. n. 69 del 2005.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Salerno. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, della legge n. 69 del 2005.
Così deciso il 17/04/2025.