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Mandato di arresto europeo: difesa garantita in appello

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una donna destinataria di un mandato di arresto europeo emesso dal Belgio per sottrazione di minore, nonostante la condanna fosse avvenuta in sua assenza e senza difensore. La Corte ha stabilito che la consegna è legittima poiché l’ordinamento belga garantisce all’interessata il diritto a un nuovo processo o a un appello con piene facoltà difensive, sanando così la violazione iniziale e confermando il principio di reciproca fiducia all’interno dell’UE.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato di Arresto Europeo: Diritto di Difesa Garantito Anche a Posteriori

Un recente caso esaminato dalla Corte di Cassazione ha riacceso il dibattito sul delicato equilibrio tra cooperazione giudiziaria europea e diritti fondamentali dell’individuo. La vicenda riguarda una cantante destinataria di un mandato di arresto europeo emesso dal Belgio, condannata in sua assenza e senza l’assistenza di un difensore. La Suprema Corte ha stabilito che la consegna è legittima se lo Stato richiedente garantisce la possibilità di un nuovo processo, dove i diritti di difesa possano essere pienamente esercitati.

I Fatti del Caso: un Concerto, un Arresto e un Processo in Assenza

La protagonista della vicenda è una cantante, arrestata in Italia in esecuzione di un mandato di arresto europeo spiccato dalla Procura di Bruxelles. L’accusa era quella di sottrazione di minore, per non aver consegnato la figlia al padre in seguito a una decisione del Tribunale belga. Il punto cruciale è che il processo di condanna a due anni di reclusione si era svolto in absentia, ovvero senza la presenza dell’imputata e, soprattutto, senza che fosse assistita da un avvocato, né di fiducia né d’ufficio.

La difesa della donna si è opposta alla consegna, sostenendo che il processo belga avesse violato un diritto fondamentale e inviolabile secondo la Costituzione italiana: il diritto alla difesa tecnica. Secondo la tesi difensiva, accettare la consegna avrebbe significato avallare una palese violazione dei principi supremi dell’ordinamento italiano, i cosiddetti ‘controlimiti’.

Mandato di Arresto Europeo e Diritti Fondamentali: La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello di disporre la consegna della donna alle autorità belghe. La Corte ha ritenuto che non vi fosse una lesione irrimediabile dei diritti di difesa, tale da giustificare il rifiuto dell’esecuzione del mandato.

La decisione si fonda su un’interpretazione del diritto europeo, già avallata dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Il fulcro della questione non è la modalità con cui si è svolto il primo processo, ma le garanzie offerte alla persona una volta consegnata.

Le Motivazioni: la Fiducia Reciproca tra Stati Membri

La Corte ha basato il suo ragionamento sul principio di fiducia e riconoscimento reciproco, che è il pilastro della cooperazione giudiziaria europea. Gli Stati membri devono presumere che i sistemi legali degli altri Paesi rispettino i diritti fondamentali.

Il rifiuto di eseguire un mandato di arresto europeo è un’eccezione che va interpretata in modo restrittivo. La normativa europea (in particolare, la Decisione quadro 2002/584/GAI) prevede che la consegna possa avvenire anche in caso di condanna in absentia se sono soddisfatte determinate condizioni. Nello specifico, la legge belga garantiva alla donna, una volta consegnata, il diritto di presentare opposizione o appello, ottenendo un nuovo processo. In questo secondo giudizio, avrebbe avuto il diritto di partecipare personalmente, di essere assistita da un difensore e di riesaminare completamente il merito della causa, anche presentando nuove prove.

Secondo la Cassazione, questa possibilità di un nuovo processo costituisce una ‘compensazione postuma’ che sana la violazione iniziale. Il diritto di difesa non viene cancellato, ma la sua piena attuazione viene posticipata. La Corte ha distinto questo caso da altre situazioni in cui i ‘controlimiti’ sono stati invocati, precisando che qui non si assiste a un ‘sacrificio definitivo’ di un principio fondamentale, ma a una limitazione temporanea a cui segue un pieno ripristino delle garanzie difensive.

Le Conclusioni: Implicazioni della Sentenza

La sentenza consolida un importante principio nell’ambito della cooperazione giudiziaria europea. Un processo celebrato in assenza dell’imputato e del suo difensore in uno Stato membro non costituisce un ostacolo assoluto all’esecuzione di un mandato di arresto europeo. L’elemento decisivo è la presenza, nell’ordinamento dello Stato richiedente, di rimedi ‘restitutori’ efficaci, come il diritto a un nuovo processo o a un appello che consenta un riesame completo del caso.

Questa pronuncia rafforza l’efficacia del mandato di arresto europeo, ribadendo che il sistema si fonda su uno standard di tutela condiviso, anche se le procedure nazionali possono differire. La garanzia di un equo processo, sebbene posticipata, è ritenuta sufficiente per bilanciare le esigenze di giustizia e la tutela dei diritti individuali.

È possibile eseguire un mandato di arresto europeo se il processo nello Stato emittente si è svolto senza l’imputato e senza un avvocato?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che la consegna è legittima a condizione che la legge dello Stato emittente garantisca alla persona consegnata il diritto a un nuovo processo o a un appello. In tale nuova fase, la persona deve poter partecipare e avere piena assistenza legale, riesaminando il merito della causa e potendo presentare nuove prove.

La garanzia di un nuovo processo è sufficiente a sanare la violazione del diritto di difesa avvenuta nel primo giudizio?
Secondo la sentenza, sì. La possibilità di un nuovo processo con pieno contraddittorio e assistenza difensiva è considerata una ‘compensazione postuma’ che ripristina integralmente le facoltà e i diritti di difesa non esercitati nel primo procedimento. Non si tratta di una lesione irrimediabile, ma di una limitazione temporanea del diritto.

Il principio dei ‘controlimiti’ della Costituzione italiana può bloccare un mandato di arresto europeo in questi casi?
In questo caso specifico, la Corte ha ritenuto che i ‘controlimiti’ non fossero applicabili. La Corte ha spiegato che, a differenza di altri casi, non vi è un sacrificio definitivo di un principio fondamentale, poiché il diritto di difesa viene pienamente ripristinato attraverso il nuovo processo garantito dallo Stato emittente. Pertanto, il meccanismo del mandato di arresto europeo è compatibile con i principi supremi dell’ordinamento italiano.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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