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Mandato d’arresto europeo: salute e consegna

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che disponeva la consegna di un cittadino polacco in esecuzione di un mandato d’arresto europeo. La decisione si fonda sulla necessità di una verifica concreta e individualizzata delle condizioni di salute del ricercato e delle cure che gli sarebbero state garantite. La Corte ha ritenuto insufficienti le rassicurazioni generiche fornite dallo Stato richiedente, stabilendo che la motivazione del giudice di merito era solo apparente e non aveva adeguatamente tutelato il diritto alla salute della persona.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’arresto europeo: la salute prevale su garanzie generiche

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale nella cooperazione giudiziaria europea: la tutela della salute della persona richiesta in consegna non può essere sacrificata sulla base di rassicurazioni astratte. Quando si tratta di un mandato d’arresto europeo, lo Stato che deve consegnare ha il dovere di verificare in modo concreto e ‘individualizzato’ che le condizioni di salute del ricercato siano compatibili con la detenzione e che riceverà cure adeguate. Vediamo nel dettaglio il caso e la decisione dei giudici.

I fatti del caso

Un cittadino polacco, destinatario di tre mandati d’arresto europei emessi dalla Polonia per reati di truffa, falso e furto, veniva arrestato in Italia. La Corte di appello di Torino disponeva la sua consegna alle autorità polacche.

La difesa del ricercato si opponeva alla consegna, evidenziando le sue gravissime condizioni di salute: obesità severa (con un indice di massa corporea superiore a 50), ipertensione, apnee notturne che richiedevano l’uso costante di un dispositivo CPAP, flebiti e lombalgia. Secondo i legali, la detenzione in Polonia avrebbe potuto configurare un trattamento inumano e degradante, data la complessità del quadro clinico e la necessità di un’assistenza medica specifica e continua.

La decisione della Corte d’Appello e il ricorso in Cassazione

La Corte di appello, pur avendo avviato un’interlocuzione con lo Stato polacco per ottenere informazioni sulle condizioni detentive, aveva ritenuto sufficienti le risposte ricevute. Le autorità polacche avevano fornito rassicurazioni generiche, affermando che al detenuto sarebbe stato garantito l’accesso ai servizi sanitari, inclusi farmaci e cure gratuite, come previsto dalla loro legislazione nazionale.

Tuttavia, non avevano indicato la specifica struttura carceraria di destinazione né avevano fornito garanzie dettagliate sul trattamento delle specifiche patologie del ricercato, in particolare per le apnee notturne e il rischio di embolie. La Corte d’appello aveva comunque convalidato la consegna, ritenendo compatibili le condizioni di salute con la detenzione.

Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, lamentando che la motivazione della Corte territoriale fosse solo ‘apparente’, in quanto non aveva operato una reale verifica delle garanzie offerte.

Il mandato d’arresto europeo e la verifica individualizzata della tutela della salute

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata. I giudici supremi hanno chiarito che, di fronte a un quadro clinico così grave, il giudice non può accontentarsi di garanzie astratte e generiche. La cooperazione giudiziaria, principio cardine dell’Unione Europea, non può prevalere sul diritto fondamentale alla salute e alla dignità della persona.

Il cuore della decisione risiede nel concetto di ‘verifica individualizzata’. La Corte di appello avrebbe dovuto pretendere informazioni dettagliate e specifiche, non limitandosi a una nota generica che si riferisce alla legislazione polacca. Era necessario accertare, in concreto, quali trattamenti sarebbero stati offerti per le specifiche patologie, in quale struttura (anche non carceraria, se necessario) e con quali presidi medici.

Le motivazioni

La Cassazione ha fondato la sua decisione su diversi punti chiave. In primo luogo, ha ribadito che il vizio di ‘motivazione apparente’ si configura quando il giudice omette di esaminare elementi decisivi o fonda la sua decisione su argomentazioni talmente generiche da non essere riferibili al caso specifico. Nel caso in esame, la Corte d’Appello, dopo aver correttamente richiesto informazioni aggiuntive, ha poi immotivatamente accettato una risposta generica, venendo meno al suo dovere di verifica.

In secondo luogo, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea e della Corte Costituzionale, la Cassazione ha sottolineato che l’interlocuzione tra lo Stato di esecuzione e quello di emissione del mandato d’arresto europeo deve essere finalizzata a conoscere il trattamento ‘individualizzato’ cui la persona sarà sottoposta. L’obiettivo è assicurare che patologie gravi ricevano cure appropriate, sia in carcere che in strutture alternative.

Di conseguenza, limitarsi a valorizzare l’astratta previsione del diritto alla salute nella legislazione polacca, senza una verifica concreta delle modalità di gestione delle specifiche e gravi condizioni del ricercato, equivale a non motivare.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza è stata annullata con rinvio ad un’altra sezione della Corte di appello. Il nuovo giudice dovrà effettuare una verifica approfondita e concreta. Dovrà accertare, sulla base di informazioni dettagliate e specifiche fornite dalle autorità polacche, se e come sarà assicurato il rispetto dei diritti e delle garanzie fondamentali del consegnando, con particolare riferimento al suo complesso quadro clinico. Questa decisione rafforza la tutela dei diritti fondamentali della persona nel contesto della procedura di consegna, stabilendo che la fiducia reciproca tra Stati membri non può tradursi in un’accettazione acritica di garanzie non circostanziate quando è in gioco la salute.

Quando le condizioni di salute di una persona possono bloccare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo?
Le condizioni di salute possono bloccare la consegna quando esiste un rischio concreto che l’esecuzione del mandato possa mettere in pericolo la vita o la salute della persona, configurando un trattamento inumano o degradante. Non è sufficiente una qualsiasi patologia, ma deve trattarsi di un quadro clinico grave che richiede cure specifiche e continue, la cui erogazione non sia garantita in modo certo e individualizzato dallo Stato richiedente.

È sufficiente che lo Stato richiedente fornisca rassicurazioni generiche sulla disponibilità di cure mediche per autorizzare la consegna?
No. Secondo la sentenza, le rassicurazioni generiche e astratte, che si limitano a richiamare la legislazione nazionale sull’accesso alle cure, non sono sufficienti. È necessaria una verifica concreta e ‘individualizzata’ sulle specifiche cure che saranno prestate per le patologie della persona, sulle modalità di erogazione e sulle strutture (anche esterne al carcere) in cui queste avverranno.

Cosa si intende per ‘motivazione apparente’ in una sentenza che decide su un mandato d’arresto europeo?
Si ha una ‘motivazione apparente’ quando il giudice, pur avendo formalmente giustificato la sua decisione, lo ha fatto in modo talmente generico da non rendere comprensibile il ragionamento logico applicato al caso specifico. Nel caso analizzato, la Corte di appello ha reso una motivazione apparente perché, dopo aver riconosciuto la necessità di informazioni specifiche sulla salute del ricercato, ha poi fondato la sua decisione su una nota generica delle autorità estere, senza spiegare perché tale nota fosse sufficiente a fugare i dubbi sul rischio per la salute.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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