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Mandato d’arresto europeo: quando si sconta in Italia

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino polacco contro la sua consegna alla Polonia in esecuzione di un mandato d’arresto europeo. La Corte ha stabilito che, per poter scontare la pena in Italia, non bastano affermazioni generiche sulla residenza, ma è necessaria una prova documentale di un radicamento stabile e continuativo nel territorio, finalizzato a un migliore reinserimento sociale. La recente commissione di un reato in Polonia ha ulteriormente indebolito la posizione del ricorrente.

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Pubblicato il 28 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’arresto europeo: No alla Pena in Italia Senza Prova di Radicamento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38643 del 2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della cooperazione giudiziaria europea: il mandato d’arresto europeo. La decisione chiarisce i requisiti necessari per rifiutare la consegna di una persona richiesta e consentirle di scontare la pena in Italia. La semplice affermazione di risiedere e lavorare nel nostro Paese non è sufficiente; occorre una prova concreta e documentata di un effettivo radicamento sociale e familiare, tale da garantire un miglior percorso di reinserimento.

I Fatti del Caso

Un cittadino polacco, destinatario di un mandato d’arresto europeo emesso dal Tribunale distrettuale di Kielce per l’esecuzione di diverse pene detentive, si opponeva alla sua consegna. Le condanne riguardavano reati gravi, tra cui rapina aggravata, furti con scasso e detenzione di stupefacenti, commessi tra il 2019 e il 2022.

L’uomo sosteneva di risiedere stabilmente in Italia dal 2019, insieme alla sua famiglia (moglie, figlia, madre e fratelli), e di avere un contratto di lavoro a tempo indeterminato. A suo dire, essere costretto a scontare la pena in Polonia lo avrebbe sradicato dal suo contesto sociale e affettivo, compromettendo le sue possibilità di reinserimento. Chiedeva quindi di poter eseguire la pena in Italia.

La Corte d’Appello di Potenza aveva già respinto la sua richiesta, ordinandone la consegna alle autorità polacche, evidenziando la mancanza di prove documentali a sostegno della sua residenza continuativa e sottolineando come la commissione di uno dei reati più gravi (la rapina) fosse avvenuta in Polonia nel 2022, un fatto che contraddiceva la tesi di una permanenza stabile e ininterrotta in Italia.

La Decisione della Corte sul mandato d’arresto europeo

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso dell’uomo inammissibile. I giudici hanno confermato la decisione della Corte d’Appello, ribadendo che, in materia di mandato d’arresto europeo, le censure che riguardano la valutazione dei fatti (la motivazione della sentenza) non possono essere fatte valere in sede di legittimità. Il ricorso in Cassazione, in questi casi, è consentito solo per denunciare una violazione di legge.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha basato la sua decisione su diversi punti cardine:

1. Mancanza di Prove Documentali: Le affermazioni del ricorrente sul suo radicamento in Italia sono state ritenute generiche e non supportate da alcuna documentazione. La legge (art. 18-bis della L. 69/2005) richiede una verifica concreta della “legittima ed effettiva residenza o dimora”, e spetta all’interessato fornire le prove necessarie.

2. La Prova Contraria: La commissione di una rapina in Polonia nel maggio 2022 è stata considerata un elemento fattuale decisivo, che smentiva l’asserita stabilità della sua residenza in Italia. Questo, unito al fatto che parte della pena era già stata scontata in Polonia, riduceva ulteriormente il periodo di permanenza effettiva sul territorio italiano.

3. I Limiti del Ricorso in Cassazione: I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: le sentenze che decidono sulla consegna in base a un mandato d’arresto europeo non possono essere appellate per vizi di motivazione. L’imputato non può chiedere alla Cassazione di rivalutare i fatti o la logicità delle argomentazioni della Corte d’Appello, ma solo di verificare se la legge sia stata applicata correttamente.

4. Finalità del Reinserimento Sociale: Sebbene il fine ultimo del rifiuto facoltativo di consegna sia quello di favorire il reinserimento sociale della persona condannata, questa valutazione deve basarsi su elementi concreti. La Corte deve accertare se l’esecuzione della pena in Italia possa accrescere le opportunità di reinserimento, considerando legami familiari, linguistici, culturali e sociali. In assenza di prove su questi legami, la richiesta non può essere accolta.

Le Conclusioni

La sentenza riafferma un principio fondamentale: per opporsi a un mandato d’arresto europeo e chiedere di scontare la pena in Italia, non è sufficiente una semplice autodichiarazione. È onere della persona richiesta dimostrare, con prove concrete e documentali, un legame effettivo, stabile e continuativo con l’Italia. Questo legame deve essere tale da rendere l’esecuzione della pena nel nostro Paese più vantaggiosa ai fini del suo futuro reinserimento sociale. In mancanza di tale prova rigorosa, prevale il principio di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie che è alla base della cooperazione europea.

È sufficiente dichiarare di vivere e lavorare in Italia per evitare la consegna in base a un mandato d’arresto europeo?
No, non è sufficiente. La Corte ha stabilito che le affermazioni generiche non bastano. È necessario fornire una documentazione concreta che provi una residenza o dimora legittima ed effettiva, e un reale radicamento nel territorio italiano che faccia ritenere più proficua l’esecuzione della pena in Italia ai fini del reinserimento sociale.

La commissione di un reato nel Paese che ha emesso il mandato d’arresto europeo influisce sulla decisione di consegna?
Sì. Nel caso di specie, il fatto che il ricorrente avesse commesso una rapina in Polonia in una data recente è stato considerato una prova della sua presenza in quel Paese, indebolendo la sua tesi di una permanenza stabile e ininterrotta in Italia.

È possibile impugnare in Cassazione la valutazione dei fatti compiuta dalla Corte d’Appello in un procedimento di mandato d’arresto europeo?
No. La sentenza chiarisce che il ricorso per cassazione contro le decisioni sul mandato d’arresto europeo non è ammesso per vizi di motivazione, ovvero per contestare come la Corte d’Appello ha valutato i fatti. Il ricorso è possibile solo per denunciare violazioni di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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