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Mandato d’arresto europeo: quando si può rifiutare?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino italiano contro la sua consegna alla Romania in esecuzione di un mandato d’arresto europeo. La Corte ha chiarito che la pendenza di un procedimento in Italia per fatti non perfettamente sovrapponibili e per il quale è stata chiesta l’archiviazione non impedisce la consegna. Inoltre, ha stabilito che la valutazione del rischio di trattamenti inumani nelle carceri estere deve basarsi su informazioni specifiche e individualizzate fornite dallo Stato richiedente, non su timori generici.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’arresto europeo: quando si può rifiutare la consegna?

Il mandato d’arresto europeo (M.A.E.) è uno strumento cruciale per la cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, ma la sua applicazione solleva questioni complesse, specialmente quando si scontra con procedimenti penali nazionali o con il timore di violazioni dei diritti fondamentali. Con la sentenza n. 47272/2024, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti decisivi sui limiti al rifiuto di consegna, analizzando due motivi di opposizione molto frequenti: la pendenza di un procedimento in Italia per gli stessi fatti e il rischio di condizioni detentive inumane nello Stato richiedente.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un cittadino italiano destinatario di un mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità giudiziarie della Romania. Le accuse includevano l’associazione a delinquere finalizzata a commettere vari reati doganali, come l’uso di documenti di trasporto falsificati e l’importazione di sostanze pericolose. La Corte di Appello di Napoli aveva autorizzato la consegna, subordinandola alla condizione che l’eventuale pena fosse scontata in Italia.

L’interessato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due argomentazioni principali:

1. Violazione del principio del ne bis in idem: Sosteneva che i reati contestati dalla Romania fossero in parte commessi in Italia e già oggetto di un procedimento penale a suo carico presso la Procura di Verona. Di conseguenza, chiedeva che l’Italia rifiutasse la consegna.
2. Rischio di trattamenti inumani e degradanti: Lamentava che le garanzie fornite dalla Romania sulle condizioni carcerarie fossero generiche e insufficienti. A suo dire, vi era un rischio concreto di subire un trattamento contrario all’art. 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, a causa del noto sovraffollamento delle carceri rumene.

La Decisione della Corte di Cassazione e il mandato d’arresto europeo

La Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la decisione della Corte di Appello. La sentenza offre una lettura rigorosa dei presupposti che giustificano il rifiuto di esecuzione di un mandato d’arresto europeo, stabilendo paletti precisi per l’applicazione delle cause ostative.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato le argomentazioni difensive con un ragionamento giuridico netto e dettagliato.

Sulla sovrapposizione dei procedimenti penali: non basta un’indagine in corso

Il primo motivo di ricorso è stato dichiarato infondato. La Cassazione ha chiarito che, per impedire la consegna, non è sufficiente che esista un procedimento penale in Italia per fatti simili. È necessario che vi sia una perfetta coincidenza dei fatti (idem factum) e, soprattutto, che vi sia stato un “effettivo e pregresso esercizio della giurisdizione nazionale”.

Nel caso specifico, la Corte ha rilevato due elementi decisivi:

* I fatti non erano identici: Il procedimento rumeno riguardava, oltre all’associazione, tre specifici episodi di reati doganali e di falso non contestati in Italia.
Mancava l’esercizio della giurisdizione italiana: La Procura di Verona aveva già avanzato una richiesta di archiviazione nei confronti del ricorrente. Questo atto, secondo la Corte, dimostra l’assenza di una volontà dello Stato italiano di procedere, facendo venir meno il presupposto per il rifiuto della consegna. Anzi, la Procura stessa aveva riconosciuto che l’autorità rumena era quella più “vicina alla prova” (ratione loci*) e quindi più adatta a condurre il processo.

La verifica sul rischio di trattamento inumano nel mandato d’arresto europeo

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare nel merito la valutazione fatta dalla Corte di Appello sulle condizioni detentive. Il compito del giudice di legittimità è verificare che sia stata seguita la procedura corretta.

La Corte di Appello aveva adempiuto al proprio dovere, richiedendo e ottenendo dallo Stato rumeno informazioni “individualizzate” e specifiche sul trattamento che sarebbe stato riservato al ricorrente. Le autorità rumene avevano indicato il penitenziario di destinazione (Constanta – Porta Alba), lo spazio disponibile nella cella e la presenza di fattori compensativi. Sulla base di questi elementi concreti, la Corte territoriale aveva motivatamente escluso un rischio reale e attuale di trattamento inumano e degradante.

La Cassazione ha sottolineato che non è sufficiente un pericolo “astratto”, basato sulla situazione generale delle carceri di un Paese, per negare la consegna. È necessaria la prova di un rischio concreto e personale, che le rassicurazioni specifiche dello Stato emittente possono validamente escludere.

Conclusioni

La sentenza n. 47272/2024 consolida due principi cardine in materia di mandato d’arresto europeo:

1. Il rifiuto della consegna per litispendenza richiede non solo che i fatti siano gli stessi, ma anche che lo Stato italiano stia effettivamente esercitando la propria giurisdizione. Una richiesta di archiviazione è sufficiente a escludere questa condizione.
2. La valutazione del rischio di violazione dell’art. 3 della CEDU non può basarsi su timori generici. Il giudice deve acquisire informazioni specifiche e individualizzate dallo Stato richiedente e, se queste sono sufficienti a escludere un rischio concreto, la consegna deve essere disposta.

La pendenza di un’indagine in Italia è sempre un motivo valido per rifiutare un mandato d’arresto europeo?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il rifiuto è giustificato solo se il procedimento italiano riguarda esattamente gli stessi fatti e se c’è un ‘effettivo e pregresso esercizio della giurisdizione nazionale’. Se la Procura italiana ha già richiesto l’archiviazione, questa condizione non è soddisfatta e la consegna non può essere negata per questo motivo.

Le preoccupazioni generali sulle condizioni delle carceri di un altro Stato UE bastano per bloccare una consegna?
No. La sentenza stabilisce che un rischio astratto o generico non è sufficiente. Il giudice italiano ha il dovere di richiedere e ottenere informazioni ‘individualizzate’ e specifiche dallo Stato emittente riguardo alle concrete condizioni di detenzione previste per la persona richiesta (come il carcere di destinazione, lo spazio in cella e altre misure). Se queste garanzie sono ritenute adeguate, la consegna viene concessa.

Si può essere consegnati a un altro Stato UE anche se una parte del reato è stata commessa in Italia?
Sì. La consegna può essere disposta ugualmente, soprattutto quando il nucleo principale dell’attività criminale e la maggior parte delle prove si trovano nello Stato richiedente. In tal caso, quest’ultimo è considerato il foro più competente (ratione loci) per celebrare il processo, garantendo una migliore amministrazione della giustizia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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