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Mandato d’arresto europeo: no all’esecuzione in Italia

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un cittadino straniero contro la sua consegna al Portogallo in esecuzione di un mandato d’arresto europeo per traffico di stupefacenti. La Corte ha stabilito che la possibilità di scontare la pena in Italia è preclusa a chi non risiede legalmente e continuativamente da almeno cinque anni. Inoltre, ha confermato che la consegna è legittima anche in caso di condanna in absentia, se l’interessato era stato regolarmente citato e informato della possibilità di una decisione in sua assenza, in linea con il principio di reciproca fiducia tra gli Stati membri dell’UE.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’arresto europeo: quando la pena non si sconta in Italia

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45856 del 2024, ha affrontato un caso cruciale in materia di cooperazione giudiziaria europea, chiarendo i presupposti per l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo e i limiti alla possibilità per un cittadino straniero di scontare in Italia una pena inflitta da un altro Stato membro. La decisione ribadisce la centralità del principio di reciproca fiducia e l’applicazione uniforme delle norme europee, anche quando l’ordinamento nazionale sembra offrire garanzie superiori.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Consegna

Un cittadino marocchino, condannato in Portogallo a quattro anni di reclusione per traffico di stupefacenti con una sentenza del 2008 divenuta esecutiva nel 2015, veniva raggiunto da un mandato d’arresto europeo emesso nel 2017. La Corte di Appello di Venezia riteneva sussistenti le condizioni per la sua consegna alle autorità portoghesi. L’interessato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso in Cassazione, chiedendo di poter eseguire la pena in Italia, dove risiedeva.

I Motivi del Ricorso: Radicamento e Processo in Assenza

Il ricorso si basava su due argomentazioni principali:
1. Violazione della norma sul radicamento (art. 18-bis, L. 69/2005): Il ricorrente sosteneva di avere un forte legame con l’Italia, comprovato dalla presenza di due fratelli, dallo svolgimento di un’attività lavorativa e dall’avvio delle pratiche per il permesso di soggiorno. Secondo la difesa, questi elementi avrebbero dovuto giustificare l’esecuzione della pena in Italia anziché la consegna al Portogallo.
2. Violazione del diritto a un giusto processo (art. 6, L. 69/2005): Si lamentava che la condanna in Portogallo era avvenuta in absentia, ovvero in sua assenza, senza che egli fosse stato debitamente informato e avesse potuto rinunciare volontariamente ed inequivocabilmente a presenziare al processo. Ciò, secondo la difesa, violava le garanzie fondamentali del giusto processo riconosciute dalla Costituzione italiana e dalla CEDU.

La Decisione della Cassazione sul Mandato d’arresto europeo

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per manifesta infondatezza, respingendo entrambe le censure difensive con argomentazioni nette.

Il Requisito dei Cinque Anni di Residenza

In merito al primo motivo, la Corte ha chiarito che la normativa invocata (art. 18-bis, comma 2-bis) deve essere letta insieme al comma 2 della stessa norma. Quest’ultimo specifica che gli indicatori di radicamento possono essere presi in considerazione solo per il cittadino straniero che «legittimamente ed effettivamente risieda o dimori in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano». Poiché il ricorrente stesso aveva ammesso di risiedere in Italia da non più di un anno e sei mesi, la Corte ha concluso che la disciplina non potesse in alcun modo applicarsi al suo caso.

La Validità del Processo “in absentia”

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. La Corte ha osservato che lo stesso mandato d’arresto europeo specificava testualmente che l’interessato era stato personalmente citato per il processo in Portogallo e informato sia della data e del luogo del dibattimento, sia del fatto che una decisione avrebbe potuto essere emessa anche in sua assenza. Questa circostanza soddisfa pienamente la condizione prevista dall’art. 6 della legge 69/2005, che legittima la consegna anche in caso di condanna in absentia.

Le motivazioni: Fiducia Reciproca e Standard Europei

La Corte ha rafforzato la sua decisione richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Ha sottolineato che il sistema del mandato d’arresto europeo si fonda sui principi di fiducia e riconoscimento reciproco tra gli Stati membri. Un’eventuale non conformità del diritto nazionale dello Stato emittente a una direttiva UE non può costituire un motivo valido per rifiutare la consegna. Inoltre, anche qualora il diritto italiano garantisca uno standard di protezione dei diritti della difesa superiore a quello derivante dal diritto dell’Unione, l’autorità giudiziaria italiana può subordinare la consegna solo al rispetto dei requisiti europei, non a quelli del proprio diritto nazionale. Fare diversamente comprometterebbe l’uniformità e l’effettività del sistema di cooperazione giudiziaria.

Le conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza offre due importanti indicazioni pratiche. In primo luogo, stabilisce un criterio temporale rigido e invalicabile: solo una residenza legale e continuativa di almeno cinque anni può aprire la porta a una valutazione discrezionale sul radicamento sociale e familiare per evitare la consegna. In secondo luogo, ribadisce che le garanzie processuali per le sentenze emesse in absentia sono quelle definite a livello europeo. Se il mandato attesta che l’imputato è stato correttamente informato del processo, lo Stato di esecuzione non può entrare nel merito delle procedure dello Stato emittente, in ossequio al principio di reciproca fiducia che è il pilastro della cooperazione giudiziaria penale nell’UE.

È possibile scontare in Italia una pena inflitta da un altro Stato UE se si risiede qui?
Sì, ma solo a condizione che il cittadino straniero risieda legalmente ed effettivamente in via continuativa in Italia da almeno cinque anni. Una residenza più breve, anche se accompagnata da legami familiari e lavorativi, non è sufficiente per evitare la consegna allo Stato che ha emesso il mandato d’arresto europeo.

Un processo svolto in assenza in un altro Paese UE invalida il mandato d’arresto europeo?
No, se il mandato d’arresto europeo indica che la persona è stata citata personalmente a tempo debito ed è stata informata della data e del luogo del processo, nonché della possibilità che una decisione potesse essere emessa anche in sua assenza. Il rispetto di queste condizioni è sufficiente a legittimare la consegna.

L’Italia può rifiutare la consegna se le sue leggi offrono maggiori tutele all’imputato rispetto a quelle europee?
No. La Corte di Cassazione, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, ha stabilito che l’autorità giudiziaria italiana deve basare la sua decisione sul rispetto degli standard di tutela dei diritti fondamentali definiti dal diritto dell’Unione, non su quelli, eventualmente superiori, previsti dal diritto nazionale. Ciò per non compromettere i principi di fiducia e riconoscimento reciproco alla base del sistema del mandato d’arresto europeo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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