Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45856 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45856 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME COGNOME nato in Marocco il 29/06/1983
avverso la sentenza del 28/10/2024 della Corte di appello di Venezia;
letti gli atti del procedimento, il ricorso ed il provvedimento impugnato; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME che si è riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con atto del proprio difensore, il cittadino marocchino NOME COGNOME impugna la sentenza della Corte di appello di Venezia in epigrafe indicata, che ha ritenuto sussistenti le condizioni per la sua consegna alla Repubblica del Portogallo, in esecuzione di mandato d’arresto europeo emesso il 6 ottobre 2017 dal Tribunale della circoscrizione giudiziaria di Aveiro – Sezione penale centrale di Santa Maria da Feira di quello Stato, per l’esecuzione della sentenza di condanna alla pena di quattro anni di reclusione per il delitto di traffico di stupefacenti, emessa nei suoi
confronti da quel Tribunale il 25 giugno 2008 e divenuta esecutiva il 21 settembre 2015.
Sono due i motivi del ricorso.
2.1. Il primo consiste nella violazione dell’art. 18-bis, commi 2 e 2-bis, legge n. 69 del 2005, per avere la sentenza omesso di considerare, in presenza dell’effettiva residenza in Italia del consegnando, gli indicatori del suo “radicamento” nel nostro Paese previsti dal citato comma 2-bis, non ravvisando un interesse concreto e meritevole di tutela per l’esecuzione della pena in Italia, nonostante quivi vivano due suoi fratelli, egli svolga attività lavorativa ed abbia avviato le pratiche per il premesso di soggiorno.
2.2. Il secondo lamenta la violazione degli artt. 2, e 6, comma 1-bis, lett. a), legge n. 69 del 2005, in relazione agli artt. 111, Cost., e 6, CEDU, per essere stato il consegnando processato in absentia, senza che, debitamente informato, egli avesse rinunciato volontariamente ed in modo inequivocabile ad esercitare il diritto di presenziare al processo, e quindi in violazione delle garanzie del “giusto processo” riconosciute dal nostro ordinamento costituzionale e dall’ordinamento sovranazionale, che costituiscono diritti fondamentali ed inalienabili (si cita, a sostegno, CGUE, Quarta Sezione, sent. 19 maggio 2022, C-569/20).
Ha depositato memoria scritta il Procuratore generale, chiedendo di rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione è inammissibile, per la manifesta infondatezza di entrambi i motivi, oltre che per la loro genericità, consistendo nella riproposizione delle argomentazioni difensive rassegnate alla Corte d’appello, senza alcun confronto critico con le ragioni della decisione.
Quanto al primo, va rilevato che la disposizione dell’art. 18-bis, comma 2bis, cit., di cui il ricorrente lamenta la violazione, dev’essere letta in combinazione con quella di cui al comma 2 della stessa norma, secondo cui gli indici per la verifica della legittima ed effettiva residenza o dimora in Italia del consegnando riguardano il cittadino straniero che «legittimamente ed effettivamente risieda o dimori in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano».
Pertanto, poiché egli – per sua stessa ammissione, di cui si dà espressamente atto nella sentenza impugnata – dimora in Italia da non più di un anno e sei mesi, è indiscutibile che l’invocata disciplina non possa trovare applicazione nel suo caso.
Riguardo al secondo motivo, in sentenza la Corte d’appello dà atto, trascrivendolo testualmente, che il mandato d’arresto specifica che il consegnando era stato personalmente citato per il processo dall’autorità portoghese ed informato della data e del luogo di svolgimento dello stesso nonché del fatto che una decisione poteva essere emessa anche in caso di sua mancata comparizione in giudizio (pag. 4).
Risulta, dunque, soddisfatta la condizione che legittima la consegna in adempimento di un mandato d’arresto c.d. “esecutivo”, qual è prevista dall’art. 6, comma 1-bis, lett. a), legge n. 69 del 2005, in perfetta simmetria, del resto, con quanto stabilito dalla decisione quadro del Consiglio U.E. 2002/584/GAI del 13 giugno 2002, come modificata dalla decisione quadro Consiglio U.E. 2009/299/GAI del 26 febbraio 2009, all’articolo 4-bis, par. 1: «L’autorità giudiziaria dell’esecuzione può altresì rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo emesso ai fini dell’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà se l’interessato non è comparso personalmente al processo terminato con la decisione, salvo che il mandato d’arresto europeo indichi che l’interessato, conformemente agli ulteriori requisiti processuali definiti nel diritto interno dello Stato membro emittente: a) a tempo debito: i) è stato citato personalmente ed è quindi stato informato della data e del luogo fissati per il processo terminato con la decisione o è stato di fatto informato ufficialmente con altri mezzi della data e del luogo fissati per il processo, in modo tale che si è stabilito inequivocabilmente che era al corrente del processo fissato; e li) è stato informato del fatto che una decisione poteva essere emessa in caso di mancata comparizione in giudizio (…)».
È sufficiente ricordare, allora, che, intervenuta di recente nella materia per decidere su un rinvio pregiudiziale disposto dall’autorità giudiziaria italiana, la Corte di giustizia dell’Unione europea (ord. 20 settembre 2024, in causa C-504/24 PPU) ha precisato che:
-un’eventuale non conformità del diritto nazionale dello Stato membro emittente alle disposizioni di una direttiva non può costituire un motivo idoneo a comportare il rifiuto di eseguire il mandato d’arresto europeo;
in ciascuna delle situazioni di cui all’articolo 4-bis, paragrafo 1, lettere da a) a d), della decisione quadro 2002/584, l’esecuzione del mandato d’arresto europeo non lede i diritti della difesa dell’interessato o il diritto a un ricors effettivo e a un equo processo, come sanciti dall’articolo 47 e dall’articolo 48, paragrafo 2, della Carta ;
laddove il giudice del rinvio sembra ritenere che il diritto italiano garantisca uno standard di protezione dei diritti della difesa (…) superiore a quello derivante dai diritti fondamentali definiti dal diritto dell’Unione, in particolare dall’articolo 4 e dall’articolo 48, paragrafo 2, della Carta, occorre tenere presente che un’autorità giudiziaria dell’esecuzione può subordinare la consegna della persona interessata da un mandato d’arresto europeo all’autorità giudiziaria emittente solo al rispetto dei requisiti derivanti da queste ultime disposizioni e non al rispetto di quelli derivanti dal suo diritto nazionale; (…) la soluzione contraria, rimettendo in discussione l’uniformità dello standard di tutela dei diritti fondamentali definiti dal diritto dell’Unione, finirebbe per pregiudicare i principi della fiducia e del riconoscimento reciproci che la decisione quadro 2002/584 mira a sostenere e, dunque, per comprometterne l’effettività (v., in tal senso, sentenze del 26 febbraio 2013, COGNOME, C-399/11, EU:C:2013:107, punto 63, e del 15 ottobre 2019, Dorobantu, C-128/18, EU:C:2019:857, punto 79).
L’inammissibilità del ricorso comporta obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Così deciso in Roma, il 12 dicembre 2024.