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Mandato d’arresto europeo: l’onere della prova

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un cittadino europeo contro la sua consegna alla Romania in esecuzione di un mandato d’arresto europeo. La sentenza stabilisce che spetta al ricorrente fornire prove specifiche e aggiornate sul rischio di trattamenti inumani nelle carceri estere. Inoltre, ha confermato il requisito della doppia punibilità per la guida senza patente, considerandola reato in Italia in caso di recidiva nel biennio, e ha dichiarato inammissibile la richiesta di scontare la pena in Italia perché sollevata per la prima volta in Cassazione.

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Pubblicato il 6 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’arresto europeo: oneri e limiti del ricorso in Cassazione

Il mandato d’arresto europeo (MAE) è uno strumento fondamentale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, ma la sua applicazione solleva spesso questioni complesse. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 10119/2024) offre chiarimenti cruciali sui limiti del ricorso contro una decisione di consegna e sugli oneri che gravano sulla difesa. Il caso riguardava la richiesta di consegna di un cittadino rumeno condannato nel suo paese per vari reati, tra cui la guida senza patente.

I Fatti del Caso

Un cittadino rumeno, residente stabilmente in Italia da oltre cinque anni, veniva colpito da un mandato d’arresto europeo esecutivo emesso dalla Romania per scontare una pena di due anni di reclusione. Le condanne riguardavano reati di guida senza patente, possesso di ciclomotore non immatricolato e disturbo della quiete pubblica. La Corte di Appello di Firenze autorizzava la consegna, ritenendo sussistenti le condizioni di legge.

L’interessato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione basandolo su tre motivi principali:
1. La mancata verifica da parte della Corte di Appello delle condizioni detentive nelle carceri rumene, potenzialmente inumane e degradanti.
2. La violazione del principio di doppia punibilità, sostenendo che la guida senza patente non costituisce reato in Italia.
3. La mancata valutazione della possibilità di fargli scontare la pena in Italia, dato il suo radicamento sociale e lavorativo nel nostro Paese.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo un’analisi dettagliata di ogni motivo e stabilendo principi di notevole importanza pratica.

L’onere della prova sulle condizioni carcerarie nel mandato d’arresto europeo

Il primo motivo è stato giudicato infondato e ‘meramente esplorativo’. La Cassazione ha ribadito un principio consolidato: è onere della parte interessata fornire elementi specifici e aggiornati sul rischio di trattamenti inumani e degradanti. Non basta un generico richiamo a pregresse criticità del sistema carcerario di uno Stato membro. La difesa avrebbe dovuto sollevare la questione già davanti alla Corte di Appello, supportandola con documentazione concreta.

La Corte ha inoltre precisato che un obbligo di indagine d’ufficio da parte del giudice sorge solo in presenza di ‘gravi situazioni sistemiche’ che costituiscano fatto notorio o siano state oggetto di recenti pronunce. Nel caso della Romania, la Corte ha persino menzionato l’esistenza di un Piano di azione 2020-2025 volto a migliorare le strutture penitenziarie, un fattore che indeboliva ulteriormente la generica doglianza del ricorrente.

La verifica della doppia punibilità per la guida senza patente

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. Sebbene la guida senza patente sia stata in gran parte depenalizzata in Italia, essa torna a essere reato in caso di recidiva nel biennio. La Corte ha applicato correttamente il principio dello ius receptum: la verifica della doppia punibilità va fatta in astratto, controllando se il fatto storico, così come descritto, integrerebbe un reato nell’ordinamento italiano.

Nel caso specifico, il ricorrente era stato condannato per guida senza patente nel settembre 2017, appena tre mesi dopo aver commesso un analogo reato. Questa circostanza, in Italia, avrebbe integrato l’ipotesi di reato prevista dall’art. 116, comma 15, del Codice della Strada. Pertanto, il requisito della doppia punibilità era pienamente soddisfatto.

L’inammissibilità di nuove istanze in sede di legittimità

Il terzo motivo, relativo alla possibilità di scontare la pena in Italia ai sensi dell’art. 18-bis della legge n. 69/2005, è stato dichiarato inammissibile. La ragione è puramente processuale: la questione è stata sollevata per la prima volta in Cassazione. Le verifiche necessarie per applicare tale norma (effettività della residenza, opportunità di reinserimento sociale) sono accertamenti di fatto che competono esclusivamente al giudice di merito, ovvero la Corte di Appello. Non possono essere richieste per la prima volta nel giudizio di legittimità, il cui scopo è il controllo della corretta applicazione della legge, non una nuova valutazione dei fatti.

Conclusioni

La sentenza in esame rafforza la natura rigorosa e tecnica della procedura di consegna basata sul mandato d’arresto europeo. Emerge con chiarezza che le doglianze difensive devono essere specifiche, tempestive e provate. Non sono ammesse contestazioni generiche o tardive. La decisione sottolinea tre punti fondamentali:
1. L’onere di provare il rischio di trattamenti inumani grava sul ricorrente, salvo casi di notorietà.
2. La doppia punibilità va valutata in astratto, considerando tutte le circostanze del fatto che potrebbero renderlo penalmente rilevante in Italia.
3. Le questioni di fatto, come la possibilità di esecuzione della pena nello Stato di residenza, devono essere sollevate e discusse davanti alla Corte di Appello, non potendo trovare ingresso per la prima volta nel giudizio di Cassazione.

Chi deve provare che le carceri di un altro Stato UE sono inumane per bloccare un mandato d’arresto europeo?
Secondo la sentenza, l’onere di fornire elementi di prova specifici e aggiornati sul rischio di trattamenti inumani e degradanti grava sulla difesa della persona di cui è richiesta la consegna. Un obbligo di indagine da parte del giudice sorge solo se le criticità del sistema carcerario sono un fatto notorio o oggetto di recenti sentenze.

La guida senza patente commessa all’estero giustifica un mandato d’arresto europeo anche se in Italia è stata depenalizzata?
Sì, se i fatti specifici integrano un reato anche in Italia. La guida senza patente, pur essendo depenalizzata come prima violazione, costituisce reato in caso di recidiva nel biennio. Se la condotta commessa all’estero rientra in questa ipotesi (come nel caso di specie), il requisito della doppia punibilità è soddisfatto e la consegna è legittima.

È possibile chiedere per la prima volta in Cassazione di scontare in Italia una pena estera?
No. La richiesta di eseguire la pena in Italia, basata sulla residenza e sul radicamento sociale del condannato, comporta accertamenti di fatto. Tali accertamenti sono di competenza esclusiva del giudice di merito (la Corte di Appello) e non possono essere richiesti per la prima volta nel giudizio di legittimità davanti alla Corte di Cassazione, che si occupa solo di violazioni di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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