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Mandato d’arresto europeo: la residenza non basta

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una cittadina straniera contro la sua consegna alla Francia in esecuzione di un mandato d’arresto europeo. La Corte ha stabilito che la prova del ‘radicamento’ in Italia non era stata fornita in modo adeguato, sottolineando che una mera residenza anagrafica recente non è sufficiente per dimostrare una stabile e continuativa presenza nel territorio dello Stato, necessaria per poter scontare la pena in Italia.

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Pubblicato il 18 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’arresto europeo e residenza in Italia: la Cassazione chiarisce

Il mandato d’arresto europeo è uno strumento cruciale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea. Tuttavia, la sua applicazione solleva questioni complesse, specialmente quando la persona richiesta risiede in uno Stato diverso da quello che ha emesso il mandato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sul concetto di ‘radicamento’ in Italia come motivo per rifiutare la consegna, sottolineando la necessità di una prova rigorosa e non meramente formale.

Il Caso: Richiesta di Consegna e Opposizione

Il caso riguardava una cittadina straniera, destinataria di un mandato d’arresto europeo emesso dal Tribunale di Parigi per l’esecuzione di una condanna a tre anni di reclusione per truffa e falso. La sentenza, pur essendo esecutiva, non era ancora definitiva, in quanto pendeva un appello.

La Corte di Appello di Firenze aveva disposto la consegna della donna alle autorità francesi. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che la donna fosse stabilmente ‘radicata’ in Italia. A sostegno di questa tesi, venivano indicate la residenza in un immobile acquistato anni prima e ora di proprietà del figlio, una presenza sul territorio dal 2018-2019 e l’assenza di legami residui con la Francia. Secondo la difesa, tale radicamento avrebbe dovuto portare a un rifiuto della consegna o, quantomeno, a subordinarla alla garanzia che la pena venisse eseguita in Italia, in linea con i principi di reinserimento sociale.

La Decisione della Corte sul mandato d’arresto europeo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le censure sollevate dalla difesa riguardavano la valutazione dei fatti e delle prove, un tipo di esame che non è consentito in sede di legittimità per le procedure relative al mandato d’arresto europeo. La legge, infatti, limita il ricorso per cassazione alla sola violazione di legge, escludendo i vizi di motivazione.

La Corte ha ritenuto che la decisione della Corte di Appello fosse corretta e ben motivata. Quest’ultima aveva infatti valutato la documentazione prodotta (come un certificato di residenza anagrafica recente) come insufficiente a dimostrare quel legame stabile e continuativo con l’Italia, protratto per almeno un quinquennio, che costituisce il ‘radicamento’ richiesto dalla legge.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Suprema Corte si concentrano su due punti fondamentali.

In primo luogo, la prova del radicamento. I giudici hanno confermato la valutazione della Corte territoriale, secondo cui gli elementi forniti dalla difesa provavano al massimo una ‘mera frequentazione’ del territorio italiano, non una residenza stabile. La richiesta della Corte di Appello di produrre un certificato storico di residenza, documento idoneo a provare la stabilità nel tempo, non era stata soddisfatta. Inoltre, è emerso che il centro principale degli interessi della ricorrente (vita, lavoro e commissione dei reati) era stato in Francia per un lungo periodo, relegando l’abitazione italiana a un ruolo secondario.

In secondo luogo, la natura della sentenza straniera. La Corte ha ribadito che un mandato d’arresto europeo può essere legittimamente emesso sulla base di una sentenza di condanna esecutiva, anche se non ancora definitiva. La possibilità di rifiutare la consegna per consentire l’esecuzione della pena in Italia è subordinata alla definitività della condanna. In ogni caso, la questione è stata ritenuta ‘assorbente’ dalla mancanza di prova del radicamento della ricorrente.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di mandato d’arresto europeo: chi intende opporsi alla consegna sulla base del proprio radicamento in Italia deve fornire una prova concreta, rigorosa e storicamente documentata della propria stabile e continuativa presenza nel territorio. Una semplice iscrizione anagrafica o la proprietà di un immobile non sono, di per sé, sufficienti a integrare tale requisito. La decisione sottolinea inoltre che i poteri di cognizione della Corte di Cassazione in questa materia sono limitati alle violazioni di legge, impedendo una rivalutazione del merito delle prove già esaminate dai giudici dei gradi precedenti.

È sufficiente avere una residenza anagrafica in Italia per evitare la consegna basata su un mandato d’arresto europeo?
No. Secondo la sentenza, non è sufficiente. È necessario fornire una prova rigorosa di un ‘radicamento’ stabile e continuativo nel territorio, che duri da almeno un quinquennio. Un certificato di residenza recente o la mera frequentazione di un luogo non bastano a dimostrare tale condizione.

Si può presentare ricorso in Cassazione contro una sentenza della Corte di Appello che dispone la consegna, contestando la valutazione delle prove sulla residenza?
No. La legge limita il ricorso per cassazione avverso le sentenze in materia di mandato d’arresto europeo ai soli vizi di violazione di legge. Non è possibile contestare la valutazione dei fatti o delle prove (vizi di motivazione) compiuta dalla Corte di Appello.

La consegna può essere rifiutata se la sentenza di condanna emessa all’estero non è ancora definitiva?
La sentenza chiarisce che il mandato d’arresto europeo è legittimo anche se basato su una sentenza esecutiva ma non ancora definitiva. In ogni caso, la possibilità di rifiutare la consegna per scontare la pena in Italia a causa del radicamento è subordinata, tra le altre cose, proprio alla prova di tale radicamento, che nel caso di specie è mancata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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