Sentenza di Cassazione Penale Sez. F Num. 35943 Anno 2019
Penale Sent. Sez. F Num. 35943 Anno 2019
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/08/2019
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 15/07/1998
avverso la sentenza del 20/05/2019 della CORTE APPELLO di FIRENZE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. Il provvedimento impugnato è la sentenza della Corte d’Appello di Firenze del 20 maggio 2019 con cui sono state dichiarate sussistenti le condizioni per la consegna all’autorità giudiziaria tedesca di NOME COGNOME di nazionalità albanese, residente in Italia, richiesto con il mandato di arresto del 5 febbraio 2019 dal Tribunale distrettuale di Hechingen, in relazione al reato di traffico illecito di sostanze stupefacenti commesso nel corso del 2018.
2. Avverso la sentenza propone ricorso NOME COGNOME tramite il difensore avv. NOME COGNOME COGNOME deducendo, con un unico articolato motivo, violazione di legge in relazione agli artt. 6, comma 1, lett. c) e 4, lett. a, nonché 17, comma 4, e 18, comma 1, lett. t della legge n. 69 del 2005 e censurando, altresì, il vizio di motivazione del provvedimento impugnato là dove ha ritenuto sussistente, in modo laconico ed insoddisfacente, la condizione della verifica del compendio indiziario a carico del ricorrente.
Il difensore rappresenta come non vi sia stata trasmissione del provvedimento giudiziario fondante il MAE, bensì solo di una relazione dell’autorità giudiziaria tedesca – confusa dalla Corte d’Appello con il provvedimento genetico della cautela – che tuttavia non copre la lacuna della documentazione necessaria, in assenza di qualsiasi indicazione nello stesso MAE della gravità indiziaria e del riferimento specifico al provvedimento predetto.
La relazione citata, inoltre, non contiene l’autonoma indicazione degli elementi a carico del ricorrente, ma fa riferimento ai capi di imputazione, peraltro senza indicare la data ed il luogo di commissione esatti del reato, e, solo genericamente, al fatto che la prova sia costituita da dichiarazioni rese da coimputato la cui posizione giuridica è stata già chiusa da una sentenza passata in giudicato: di tale coimputato dichiarante non si indica il nominativo né si danno dati specifici idonei ad identificare il provvedimento definitivo emesso nei suoi confronti, che – pure – non viene allegato alla sentenza impugnata.
Infine, la relazione trasmessa dall’autorità giudiziaria tedesca è assai scarsamente motivata, con un mero rinvio alla esistenza di dichiarazioni di un coimputato contenute in un provvedimento passato in giudicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso dell’imputato è infondato.
2. La Corte d’Appello ha evidenziato che il MAE è stato emesso in relazione al reato di traffico illecito di sostanze stupefacenti nell’anno 2018, come precisato nel mandato d’arresto allegato alla sentenza; che NOME COGNOME in sede di audizione al fine della
convalida dell’arresto, non ha prestato il consenso alla consegna; che si tratta di reato commesso in data successiva al 7 agosto 2002 e di MAE emesso e ricevuto dopo l’entrata in vigore della legge 22 aprile 2005, n. 69 (contenente disposizioni per conformare il diritto interno alla Decisione Quadro 2002/584/GAI del Consiglio dell’Unione Europea), le cui disposizioni, pertanto, sono applicabili al caso di specie.
La sentenza impugnata ha rilevato, altresì, che:
– il reato ascritto a NOME COGNOME con il MAE convalidato rientra nel novero di quelli previsti dall’art. 7 I. n. 69 del 2005: la fattispecie contestata è prevista come delit infatti, anche dalla legge italiana e precisamente dall’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 ed è punito dalla legge dello Stato emittente con pena privativa della libertà personale della durata massima non inferiore a dodici mesi;
– sono state fornite le indicazioni ed allegazioni di cui all’art. 6 della I. n. 69 del 200 in particolare il provvedimento dell’autorità giudiziaria tedesca in base al quale è stato emesso il MAE;
– risulta soddisfatta la condizione della valutazione di idoneità del compendio indiziario a carico di NOME COGNOME il quale risulta chiamato in correità da un complice le cui dichiarazioni sono state sottoposte alla verifica tramite riscontri da parte dei giudic tedeschi con pronuncia passata in giudicato.
3. Ebbene, in tema di mandato di arresto europeo processuale, come quello di cui si tratta, l’autorità giudiziaria italiana, ai fini della riconoscibilità del presu dei gravi indizi di colpevolezza, deve limitarsi a verificare che il mandato sia, per il s contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente abbia ritenuto seriamente riferibile ad un fatto-reato attribuibile alla persona di cui si chiede la consegna, e che ciò abbia fornito ragioni nel provvedimento adottato (Sez. U, n. 4614 del 30/1/2007, Ramoci, Rv. 235349).
Inoltre, si è in più occasioni affermato che non è ostativa alla consegna dell’estradando l’omessa acquisizione da parte della Corte d’Appello del provvedimento restrittivo interno in base al quale il mandato è stato emesso, allorquando il controllo dell’autorità giudiziaria italiana in ordine alla motivazione ed ai gravi indizi di colpevolezza possa essere comunque effettuato sulla base della documentazione trasmessa dall’autorità dello Stato di emissione (Sez. 6, n. 33219 del 28/7/2016, COGNOME, Rv. 267452; Sez, 6, n. 49612 del 11/12/2015, Posea, Rv. 265470; Sez. 6, n. 45668 del 29/12/2010, Chaoui, Rv. 248972; Sez. 6, n. 16492 del 21/4/2008, Ruocco, Rv. 239428).
Infatti, si è sostenuto che non è possibile dar luogo alla consegna richiesta dall’autorità giudiziaria straniera soltanto nel caso in cui, dallo stesso mandato o dalla documentazione trasmessa, non sia desumibile l’indicazione precisa del provvedimento restrittivo della libertà personale su cui si basa l’istanza, dovendosi in questo senso interpretare la disposizione dettata dall’art. 6, comma 3, della legge n. 69 del 2005,
che richiede l’allegazione al mandato di quel provvedimento (Sez. 6, n. 49612 del 11/12/2015, Posea, Rv. 265470).
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato che “l’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato nel senso che la nozione di «mandato d’arresto», di cui a tale disposizione, deve essere intesa come designante un mandato d’arresto nazionale distinto dal mandato d’arresto europeo” e che “l’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro 2002/584, come modificata dalla decisione quadro 2009/299, deve essere interpretato nel senso che, quando un mandato d’arresto europeo, che si fonda sull’esistenza di un «mandato d’arresto», ai sensi di tale disposizione, non contiene alcuna indicazione dell’esistenza di un mandato d’arresto nazionale, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione è tenuta a non darvi corso nel caso in cui essa, alla luce delle informazioni fornite in conformità dell’articolo 15, paragrafo 2 della decisione quadro 2002/584, come modificata, nonché di tutte le altre informazioni in suo possesso, constati che il mandato d’arresto europeo non è valido, in quanto è stato emesso senza che fosse stato effettivamente spiccato un mandato d’arresto nazionale distinto dal mandato d’arresto europeo” (CGUE, 01/06/2016, NOMECOGNOME, C241/15).
Tale r- egula iuris, secondo la quale l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo cd. processuale postula l’esistenza in natura di un distinto provvedimento cautelare emesso da parte dell’A.G. richiedente, si è resa necessaria per censurare espressamente la prassi invalsa in taluni Stati (nella specie, l’Ungheria) di emettere il M.A.E. in assenza della preventiva emissione di un mandato d’arresto nazionale, surrogato da quello comunitario.
Resta fermo, tuttavia, che – anche dopo la richiamata pronuncia – ai fini della esecuzione del M.A.E. processuale, non è necessario che l’Autorità richiedente inoltri il provvedimento coercitivo interno, a condizione che – in linea con quanto raccomandato dalla Corte Europea – esso esista ed il relativo contenuto sia evincibile dagli atti trasmessi.
Non è necessario, peraltro, che il mandato di arresto contenga una elaborazione dei dati fattuali sulla base dei quali pervenga alla conclusione della gravità indiziaria, ma è necessario e sufficiente che le fonti di prova relative all’attività criminosa ed coinvolgimento della persona richiesta – emergenti dal contenuto intrinseco del mandato o, comunque, dall’attività supplementare inviata dall’autorità emittente siano astrattamente idonee a fondare la gravità indiziaria sia pure con la sola indicazione delle evidenze fattuali a suo carico mentre la valutazione in concreto delle
stesse è riservata all’autorità giudiziaria del paese emittente (Sez. 6, n. 44911 del 6/11/2013, COGNOME, Rv. 257466).
3. Nel caso di specie, dagli atti in possesso del Collegio risultano gli elementi essenziali che giustificano la statuizione di consegna del ricorrente da parte della Corte d’Appello di Firenze, la cui motivazione, peraltro, è obiettivamente improntata ad estrema laconicità.
Infatti, sia nel MAE che nella relazione successiva del 6.2.2019 del giudice per le indagini preliminari di Hechingen, inoltrata in data 8 aprile 2019 dal competente ufficio del Ministero della Giustizia alla Corte d’Appello di Firenze, sono indicati il tit genetico con precisione, facendo riferimento ad un numero di registrazione (il n. 23 Js 1218/19 Procura di Hechingen), alla autorità emittente (la Pretura di Hechingen, giudice per le indagini preliminari) ed alla data di emissione (il 5.2.2019), nonché, soprattutto, ai reati dei quali il ricorrente è indiziato: tre distinti episodi di tr sostanze stupefacenti del tipo marijuana, posti in essere in concorso con altro soggetto in diversi luoghi della Germania, per quantitativi consistenti ed affatto esigui (18 chili, chilo e 200 chili, rispettivamente per ciascuno dei tre episodi).
Si tratta di elementi, che sebbene non siano stati evidenziati dalla Corte d’appello di Firenze, risultano con precisione dalla documentazione acquisita del tutto idonei a connotare la sussistenza di una gravità indiziarla del reato di traffico illecito di sostan stupefacenti, tenuto conto delle dichiarazioni del complice condannato con sentenza passata in giudicato ed anche dei sequestri della sostanza stupefacente effettuati.
4. All’infondatezza dei motivi proposti consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69 del
2005.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.
Così deciso il 8 agosto 2019.
CORTE DI CASSAZIONE.
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– 9 AGO 2019
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME