LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Mandato d’arresto europeo: la garanzia del rientro

Un cittadino italiano contesta la consegna alla Germania in base a un mandato d’arresto europeo per truffa. La Cassazione respinge quasi tutti i motivi, ma annulla la decisione perché il giudice non ha motivato la mancata applicazione della garanzia che prevede il rientro in Italia per scontare l’eventuale pena.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’arresto europeo: l’obbligo di motivare sul rientro in Italia

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38276/2024, è intervenuta su un caso di consegna basato su un mandato d’arresto europeo, offrendo chiarimenti cruciali sulla discrezionalità del giudice italiano e, in particolare, sull’obbligo di motivare la decisione di non applicare la garanzia del rientro in Italia per l’esecuzione della pena.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Consegna

Un cittadino italiano era destinatario di un mandato d’arresto europeo emesso da un’autorità giudiziaria tedesca per il reato di truffa, previsto e punito dal codice penale tedesco. La Corte di Appello di Firenze aveva autorizzato la sua consegna alla Germania, ritenendo sussistenti le condizioni previste dalla legge. L’interessato, tramite il suo difensore, ha impugnato tale decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, sollevando diverse questioni procedurali e di merito.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha basato il suo ricorso su cinque motivi principali, contestando la legittimità della procedura di consegna.

La violazione del principio di doppia punibilità

Il ricorrente sosteneva che i fatti descritti nel mandato non fossero sufficientemente chiari per stabilire se costituissero reato anche secondo la legge italiana, potendosi configurare come un mero inadempimento contrattuale. Contestava inoltre l’assenza della condizione di procedibilità della querela, richiesta in Italia per reati simili.

La questione della cittadinanza e del radicamento in Italia

Un altro motivo di doglianza riguardava la mancata valutazione, da parte della Corte d’Appello, della possibilità di rifiutare la consegna in quanto cittadino italiano stabilmente residente nel territorio nazionale.

La mancata garanzia del rientro per l’esecuzione della pena

Il punto cruciale del ricorso era la lamentela per l’omessa subordinazione dell’esecuzione del mandato alla condizione che l’imputato, una volta concluso il processo in Germania, fosse rinviato in Italia per scontare l’eventuale pena detentiva. Tale garanzia è prevista dall’art. 19, comma 2, della legge n. 69/2005.

La Decisione sul mandato d’arresto europeo

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili o infondati quasi tutti i motivi di ricorso. In particolare, ha ribadito che per il reato di ‘truffa’, espressamente elencato nella Decisione Quadro europea, non è richiesto il controllo della doppia punibilità. Ha inoltre chiarito che la necessità di una querela secondo l’ordinamento italiano è irrilevante ai fini della procedura di consegna e che la facoltà di rifiuto per i cittadini italiani si applica solo ai mandati ‘esecutivi’ (per scontare una pena già definitiva) e non a quelli ‘processuali’ come nel caso di specie.

Tuttavia, la Suprema Corte ha accolto l’ultimo motivo, ritenendolo fondato.

Le motivazioni: l’importanza della garanzia del rientro

Il cuore della decisione risiede nell’interpretazione dell’art. 19, comma 2, della legge attuativa del mandato d’arresto europeo. Questa norma stabilisce che l’esecuzione del mandato ‘può essere subordinata’ alla condizione del rientro in Italia per l’espiazione della pena. La Cassazione ha chiarito che, sebbene la norma utilizzi il verbo ‘può’, indicando una facoltà e non un obbligo, il giudice non gode di una discrezionalità assoluta.

Qualora il giudice della Corte d’Appello decida di non applicare tale garanzia, ha l’onere di motivare specificamente le ragioni della sua scelta. Deve, cioè, spiegare perché, nel caso concreto, non sia opportuno condizionare la consegna al successivo rientro del condannato. Questo obbligo di motivazione è essenziale per garantire un controllo sulla decisione, la quale deve tenere conto anche della finalità di reinserimento sociale del condannato, che può essere meglio perseguita nel suo paese di residenza.

Nel caso esaminato, la Corte di Appello di Firenze aveva completamente omesso qualsiasi considerazione su questo punto. Tale omissione è stata ritenuta un vizio della sentenza, che è stata quindi annullata con rinvio.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

La sentenza rafforza una tutela fondamentale per i cittadini italiani coinvolti in procedure di mandato d’arresto europeo. I giudici che decidono sulla consegna non possono ignorare la possibilità di garantire che l’eventuale pena sia scontata in Italia. Se scelgono di non apporre questa condizione, devono fornire una giustificazione chiara e logica. Questa pronuncia impone quindi un più attento esame delle circostanze personali e sociali dell’interessato, orientando la decisione non solo verso le esigenze di cooperazione giudiziaria, ma anche verso i principi costituzionali di finalità rieducativa della pena.

Per i reati come la truffa, è necessario verificare che il fatto sia reato anche in Italia per concedere un mandato d’arresto europeo?
No. La sentenza chiarisce che la ‘truffa’ è inclusa nell’elenco di reati per i quali il mandato d’arresto europeo viene eseguito senza il controllo sulla doppia punibilità, a condizione che la pena massima prevista nello Stato di emissione sia di almeno tre anni.

Un cittadino italiano può rifiutare la consegna a un altro Stato UE se il mandato d’arresto è emesso per un processo e non per scontare una pena già decisa?
No. La facoltà di rifiutare la consegna per i cittadini italiani (prevista dall’art. 18-bis) si applica solo ai mandati ‘esecutivi’ (per scontare una pena definitiva), non a quelli ‘processuali’ (per essere sottoposti a un processo).

Il giudice italiano è obbligato a subordinare la consegna alla condizione che la persona torni in Italia per scontare la pena?
Non è un obbligo automatico, ma una possibilità (‘può essere subordinata’). Tuttavia, la sentenza stabilisce che se il giudice decide di non apporre questa condizione, deve spiegare specificamente le ragioni della sua scelta nella motivazione della sentenza. L’omissione di tale motivazione rende la decisione illegittima.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati