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Mandato d’arresto europeo: i limiti per le indagini

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che disponeva la consegna di un cittadino italiano alla Croazia, in esecuzione di un mandato d’arresto europeo per reati fiscali. La decisione è stata motivata dall’incertezza sulle reali finalità del mandato, che non chiariva se fosse stato emesso per esigenze investigative generiche o per l’esercizio dell’azione penale. La Suprema Corte ha sottolineato che il mandato d’arresto europeo non può essere usato come strumento investigativo indeterminato, richiamando il principio di proporzionalità e l’esistenza di alternative meno invasive come l’Ordine Europeo di Indagine (OEI).

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’Arresto Europeo: Quando è Legittimo e Quando No

La cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea si fonda su strumenti efficaci come il mandato d’arresto europeo (MAE), pensato per semplificare la consegna di persone ricercate tra gli Stati membri. Tuttavia, il suo utilizzo non è privo di limiti, come chiarito da una recente sentenza della Corte di Cassazione. La Suprema Corte ha annullato la decisione di una Corte d’Appello che aveva concesso la consegna di un cittadino italiano alle autorità croate, sollevando importanti questioni sulla proporzionalità e sulle finalità di questo potente strumento coercitivo.

Il Caso: Un Mandato d’Arresto dalla Finalità Incerta

Il caso riguardava un cittadino italiano destinatario di un mandato d’arresto europeo emesso dalla Croazia per presunti reati fiscali e contributivi. La Corte d’Appello di Venezia aveva autorizzato la consegna del soggetto, ma la difesa ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando diverse violazioni di legge. I motivi principali del ricorso si concentravano sulla sproporzionalità del mandato e, soprattutto, sull’incertezza riguardo al suo scopo: era stato emesso per procedere con l’azione penale o semplicemente per compiere atti di indagine non meglio specificati?

L’Uso Investigativo del Mandato d’Arresto Europeo

I difensori dell’imputato hanno sostenuto che il MAE fosse stato utilizzato in modo improprio, come un mero strumento per facilitare le indagini, senza che vi fosse un’esigenza legata all’esercizio concreto dell’azione penale o all’esecuzione di una pena. Hanno evidenziato che per le esigenze investigative esistono altri strumenti di cooperazione europea, meno invasivi della libertà personale, come l’Ordine Europeo di Indagine (OEI). Questa argomentazione ha fatto breccia presso la Suprema Corte.

Le Motivazioni della Cassazione: No al MAE Come Strumento Investigativo Generico

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando la sentenza e rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo esame. La motivazione della decisione si fonda su un principio cardine: il mandato d’arresto europeo non può essere emesso per finalità puramente investigative, slegate dall’esercizio dell’azione penale.

La Corte ha specificato che la definizione stessa di MAE, contenuta nella Decisione Quadro 2002/584/GAI, lo finalizza all’esercizio di un’azione penale o all’esecuzione di una pena. Sebbene in passato la giurisprudenza abbia ammesso la consegna per compiere atti istruttori specifici e determinati (come un interrogatorio o un confronto), nel caso di specie le finalità investigative erano del tutto generiche e indeterminate.

Un punto cruciale della sentenza è il riferimento alla Direttiva 2014/41/UE sull’Ordine Europeo di Indagine (OEI). Questo strumento, successivo al MAE, è stato creato proprio per la cooperazione nella raccolta di prove. La Corte sottolinea come l’autorità emittente, prima di ricorrere a un MAE, debba valutare se un OEI (ad esempio per un’audizione in videoconferenza) non sia un mezzo più efficace e proporzionato per raggiungere lo stesso scopo investigativo, senza comprimere la libertà personale dell’individuo.

L’incertezza nel caso concreto era aggravata dalla stessa sentenza impugnata, che in un punto definiva il MAE emesso per “fini istruttori/processuali” e in un altro lo collegava a un’ordinanza cautelare per “evitare il pericolo di fuga”. Questa contraddizione ha reso indispensabile un nuovo esame.

Le Conclusioni: Necessità di Chiarezza e Proporzionalità

La Cassazione ha quindi stabilito che il giudice del rinvio dovrà chiedere chiarimenti all’autorità croata. In particolare, dovrà accertare quali specifici atti processuali o istruttori debbano essere compiuti, se la presenza fisica dell’indagato sia indispensabile e perché non sia possibile procedere senza di lui secondo la legge croata. Solo dopo aver ottenuto queste informazioni sarà possibile valutare se l’emissione del mandato d’arresto europeo sia conforme al diritto dell’Unione e rispettosa del principio di proporzionalità. Questa sentenza rafforza le garanzie individuali nello spazio giuridico europeo, tracciando un confine netto tra l’uso legittimo del MAE e la sua trasformazione in uno strumento investigativo generico e sproporzionato.

Un Mandato d’Arresto Europeo può essere emesso solo per fini investigativi?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che il MAE non può essere emesso per finalità meramente investigative, disancorate dall’esercizio dell’azione penale. La sua finalità deve essere l’esercizio di un’azione penale o l’esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza.

Cosa succede se lo scopo di un Mandato d’Arresto Europeo non è chiaro?
Se le ragioni che giustificano l’emissione del MAE sono incerte o generiche, il giudice dello Stato di esecuzione deve chiedere informazioni integrative all’autorità emittente. Deve chiarire quali atti specifici devono essere compiuti e perché la presenza fisica della persona è indispensabile, al fine di verificare la conformità del mandato al principio di proporzionalità.

Esistono alternative meno invasive al Mandato d’Arresto Europeo per le indagini?
Sì. La sentenza evidenzia che per le esigenze investigative esistono strumenti di cooperazione alternativi e meno invasivi, come l’Ordine Europeo di Indagine (OEI). L’autorità giudiziaria emittente dovrebbe considerare se l’uso di tali strumenti, come un’audizione in videoconferenza, possa essere sufficiente a soddisfare le esigenze del procedimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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