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Mandato d’arresto europeo: i limiti al rifiuto

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso di un cittadino italiano richiesto dalle autorità finlandesi tramite un mandato d’arresto europeo per reati di riciclaggio. La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, stabilendo che il giudice italiano non può riesaminare nel merito la necessità della misura cautelare decisa dallo Stato emittente. Ha inoltre confermato la legittimità della diversa disciplina tra mandato processuale ed esecutivo, ribadendo i principi di fiducia e cooperazione giudiziaria europea.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’arresto europeo: la Cassazione chiarisce i limiti del controllo del giudice italiano

Il mandato d’arresto europeo (M.A.E.) è uno strumento fondamentale di cooperazione giudiziaria all’interno dell’Unione Europea, basato sul principio del reciproco riconoscimento delle decisioni giudiziarie. Tuttavia, la sua applicazione solleva spesso complesse questioni relative al bilanciamento tra l’efficienza della giustizia e la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 13274 del 2025, offre importanti chiarimenti sui poteri del giudice italiano nel valutare una richiesta di consegna.

I Fatti del Caso

Il caso riguardava un cittadino italiano raggiunto da un mandato d’arresto europeo emesso dalle autorità giudiziarie della Finlandia. L’accusa era grave: ben 28 ipotesi di riciclaggio di denaro. La Corte di appello di Brescia aveva autorizzato la consegna del cittadino, ponendo però la condizione del “reinvio”, ovvero che, in caso di condanna, egli fosse ritrasferito in Italia per scontare la pena.

L’interessato, tramite il suo difensore, ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando tre principali motivi di doglianza:
1. Carenza di motivazione: Il provvedimento cautelare finlandese alla base del M.A.E. era ritenuto solo apparentemente motivato riguardo alla necessità della detenzione in carcere.
2. Violazione del diritto di difesa: L’imputato non sarebbe stato informato della possibilità di impugnare il provvedimento cautelare direttamente in Finlandia.
3. Disparità di trattamento: L’illegittimità costituzionale della norma (art. 18-bis della L. 69/2005) che non consente il rifiuto della consegna per un M.A.E. “processuale” (per essere processati), a differenza di quanto previsto per un M.A.E. “esecutivo” (per scontare una pena), dove i legami con il territorio italiano possono giustificare un diniego.

Analisi del mandato d’arresto europeo e dei poteri del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni sua parte, fornendo un’analisi dettagliata dei limiti del sindacato del giudice dello Stato di esecuzione.

Il Principio del Reciproco Riconoscimento

La Corte ha ribadito che il sistema del mandato d’arresto europeo si fonda sulla reciproca fiducia tra gli Stati membri. Ciò comporta che il giudice italiano non possa effettuare una nuova e autonoma valutazione delle esigenze cautelari che hanno portato lo Stato emittente a richiedere l’arresto. Verificare se la detenzione sia o meno necessaria spetta esclusivamente all’autorità giudiziaria che ha emesso il mandato. È sufficiente che nel modulo standard del M.A.E. sia indicata la tipologia di provvedimento restrittivo, senza che l’Italia possa riesaminarne il merito.

I Diritti della Difesa prima della Consegna

Sul secondo punto, la Cassazione ha chiarito, richiamando la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che la persona ricercata acquisisce la piena qualità di “imputato” solo al momento della sua effettiva consegna allo Stato richiedente. Prima di quel momento, le informazioni contenute nel M.A.E. (natura e qualificazione giuridica del reato, circostanze di tempo e luogo) sono considerate sufficienti a garantire il diritto di difesa. Il diritto di impugnare la decisione non deve necessariamente essere esercitato prima della consegna.

Le motivazioni

La Corte Suprema ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale. La differenza di trattamento tra M.A.E. processuale ed esecutivo è pienamente giustificata dalla logica dello strumento europeo. L’obiettivo primario è evitare l’impunità.
Nel caso di un M.A.E. processuale, la consegna è necessaria per permettere lo svolgimento del processo. La tutela dei legami sociali e familiari con l’Italia è comunque garantita dalla “condizione del reinvio”, che consente alla persona di scontare l’eventuale condanna nel proprio paese. Un rifiuto “secco” della consegna, invece, non troverebbe alcun contrappeso, poiché non vi è alcun obbligo per lo Stato richiedente di trasferire il procedimento penale in Italia. Sarebbe, in sostanza, un modo per sottrarsi alla giurisdizione.

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso, volto a preservare l’efficacia del mandato d’arresto europeo come pilastro della cooperazione giudiziaria. Viene riaffermato che il perimetro del controllo del giudice nazionale è limitato alla verifica del rispetto dei diritti fondamentali come definiti a livello europeo, senza potersi estendere a una rivalutazione nel merito delle decisioni assunte da un altro Stato membro. La decisione sottolinea come la tutela dei diritti della persona ricercata e le esigenze di giustizia trovino un equilibrio nella corretta applicazione delle norme europee, inclusa la possibilità di condizionare la consegna al successivo rientro in patria per l’esecuzione della pena.

Il giudice italiano può rifiutare la consegna se ritiene ingiustificata la detenzione richiesta da un altro Stato UE tramite mandato d’arresto europeo?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che il giudice italiano non può riesaminare nel merito le esigenze cautelari valutate dall’autorità giudiziaria dello Stato emittente. Il controllo si limita alla verifica formale e al rispetto dei diritti fondamentali secondo gli standard europei, non a una nuova valutazione del caso.

La mancata informazione sul diritto di impugnare il provvedimento cautelare nello Stato emittente prima della consegna viola il diritto di difesa?
Secondo la sentenza, no. Citando la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, si chiarisce che la persona acquisisce la piena qualità di “imputato”, con tutti i relativi diritti, solo al momento della consegna. Le informazioni contenute nel mandato sono ritenute sufficienti a garantire la difesa nella fase precedente.

Perché è legittimo non poter rifiutare la consegna di un cittadino per un processo all’estero, mentre è possibile farlo se deve scontare una pena?
La distinzione è voluta per evitare l’impunità. Per un M.A.E. processuale, la consegna è necessaria per celebrare il processo. La tutela dei legami con l’Italia è assicurata dalla possibilità di richiedere il “reinvio” per scontare la pena in patria. Un rifiuto secco bloccherebbe il procedimento, poiché non c’è obbligo di trasferire il processo in Italia.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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