Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 22829 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 22829 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Monofiya (Egitto) il DATA_NASCITA avverso la sentenza emessa il 30/04/2024 dalla Corte di appello di Milano; visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
NOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con atto del proprio difensore, il cittadino egiziano NOME, impugna la sentenza della Corte di appello di Milano del 30 aprile scorso, che ne ha disposto la consegna alla Repubblica federale di Germania, in esecuzione di mandato d’arresto europeo emesso il 29 febbraio precedente dalla Pretura di Francoforte sul Meno dinanzi alla quale il ricorrente è attualmente sottoposto a procedimento penale per il reato di tentato omicidio, con emissione a suo carico di un mandato di cattura nazionale.
Il ricorso consta di un unico motivo, con il quale si lamenta la violazione dell’art. 6, commi 1, lett. f), e 7, legge n. 69 del 2005, non essendo contenuta nel mandato d’arresto l’indicazione della pena massima prevista dalla legge dello Stato richiedente per il reato per il quale si procede.
La sentenza impugnata, valorizzando una comunicazione intercorsa tra l’autorità giudiziaria tedesca ed il Procuratore generale presso la Corte d’appello di Milano, all’esito della richiesta d’informazioni inviata da quella Corte a norma dell’art. 16, legge n. 69, cit., ha ritenuto che tale pena massima sia rappresentata dall’ergastolo, ciò desumendo dalle indicazioni sugli strumenti di revisione e sui benefici penitenziari previsti dalla legislazione tedesca in caso di irrogazione di detta pena, specificazioni altrimenti superflue.
Obietta il ricorso che quella dei giudici d’appello è una mera deduzione e che il dato richiesto comunque non è contenuto nel mandato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato e dev’essere, perciò, respinto.
Anzitutto, va precisato che la prescrizione di cui all’art. 6, lett. f), legge n. 69 del 2005, relativa all’indicazione della pena minima e massima prevista per il reato oggetto di un mandato d’arresto c.d. “processuale”, non configura una condizione ostativa alla consegna: i successivi artt. 18 e 18-bis, infatti, non contemplano l’omissione di tale indicazione tra i casi di rifiuto della consegna, da essi previsti in via tassativa, potendo tale carenza dar luogo alla richiesta di ulteriori informazioni (in questo senso, già Sez. 6, n. 9202 del 28/2/2007, COGNOME, non mass. sul punto).
Detta prescrizione, piuttosto, è funzionale esclusivamente alla verifica dei requisiti legali per l’esecuzione del mandato, in tema di misura della pena (artt. 7, comma 3, e 8, comma 1, legge n. 69 del 2005; art. 2, comma 2, decisione quadro 2002/584/GAI), e comunque di rispetto dei diritti fondamentali e delle garanzie costituzionali, imposto dall’art. 2 della stessa legge n. 69.
Nella misura in cui, dunque, dall’assenza delle informazioni richieste dall’art. 6, legge n. 69, cit., non derivi alcun pregiudizio per le garanzie difensive del consegnando, l’esecuzione del mandato non può essere rifiutata dallo Stato richiesto, nel rispetto dei princìpi della leale collaborazione e della reciproca fiducia tra gli Stati membri dell’Unione.
Nello specifico, dall’omessa indicazione espressa, nel mandato e nelle successive informazioni inviate dall’autorità dello Stato richiedente, della pena
(A/
massima comminata dall’ordinamento tedesco per il reato in questione, alcun pregiudizio è derivato al consegnando.
La Corte d’appello, infatti, con motivazione logicamente stringente, e comunque in questa sede non censurabile (art. 22, comma 1, legge n. 69, cit.), ha considerato quale pena massima applicabile l’ergastolo – ovvero la pena più severa tra quelle ritenute compatibili dall’ordinamento italiano con il rispetto dei diritti fondamentali della persona – e, relativamente ad essa, ha compiuto la valutazione di compatibilità con tali diritti, avendo preso atto della presenza nell’ordinamento tedesco di istituti che, a date condizioni, consentono la sospensione della relativa esecuzione o la cessazione per atto di clemenza, così da risultare complessivamente conciliabile con la funzione assegnata alla pena dalla nostra Carta costituzionale.
È evidente, perciò, che tale valutazione non potrebbe essere diversa, ma a maggior ragione sarebbe giustificata e non censurabile, in relazione ad una pena detentiva massima temporanea, quale che fosse la sua durata: e, sotto questo specifico profilo, il ricorso non rassegna alcuna osservazione critica.
Al rigetto dell’impugnazione segue obbligatoriamente per legge la condanna del proponente a sostenere le spese del giudizio (art. 616, cod. proc. pen.).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, legge n. 69/2005.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2024.