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Mandato d’arresto europeo e pena massima omessa

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un cittadino straniero contro la sua consegna alla Germania in esecuzione di un mandato d’arresto europeo per tentato omicidio. Il ricorrente lamentava la mancata indicazione della pena massima nel mandato. La Corte ha stabilito che tale omissione non è una causa ostativa automatica alla consegna, ma un vizio formale che non impedisce l’esecuzione del mandato se non deriva un concreto pregiudizio per le garanzie difensive dell’interessato.

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Pubblicato il 26 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato d’Arresto Europeo: Cosa Succede se Manca la Pena Massima?

La cooperazione giudiziaria in ambito europeo si fonda su strumenti efficaci come il mandato d’arresto europeo (MAE), che semplifica le procedure di consegna tra Stati membri. Tuttavia, la sua applicazione deve sempre bilanciare l’efficienza con il rispetto delle garanzie difensive fondamentali. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22829 del 2024, affronta un caso emblematico: quali sono le conseguenze se il MAE non specifica la pena massima prevista per il reato contestato? La risposta della Corte è chiara e privilegia un approccio sostanziale rispetto a un formalismo rigido.

I Fatti del Caso

Un cittadino egiziano era destinatario di un mandato d’arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria di Francoforte sul Meno, in Germania, per un procedimento penale relativo al reato di tentato omicidio. La Corte di appello di Milano aveva accolto la richiesta di consegna, disponendo il trasferimento dell’uomo.

Contro questa decisione, il difensore dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, sollevando un unico, ma cruciale, motivo: la violazione della legge italiana di attuazione del MAE (L. n. 69/2005), poiché il mandato non conteneva l’indicazione della pena massima prevista dalla legge tedesca per il reato contestato. Secondo la difesa, la Corte d’appello si era basata su una mera deduzione, desumendo che la pena fosse l’ergastolo da comunicazioni successive, anziché da un’indicazione esplicita nel mandato stesso.

Il Motivo del Ricorso: una formalità che blocca la procedura?

La questione posta alla Corte Suprema era se l’omissione di un’informazione richiesta dalla legge, come la pena massima, costituisse un vizio tale da invalidare la procedura di consegna. L’art. 6 della L. 69/2005 elenca le informazioni che il mandato d’arresto europeo deve contenere, inclusa, appunto, la pena prevista per il reato. La difesa sosteneva che tale mancanza minasse la possibilità per il giudice italiano di compiere le necessarie verifiche sulla proporzionalità e sul rispetto dei diritti fondamentali.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Sesta Sezione Penale ha rigettato il ricorso, fornendo un’interpretazione pragmatica e orientata ai principi di fiducia e cooperazione reciproca che animano lo spazio giudiziario europeo.

L’Omissione della Pena non è Causa Ostativa alla Consegna

In primo luogo, la Corte ha chiarito che la mancata indicazione della pena massima o minima in un MAE ‘processuale’ non rientra tra le cause di rifiuto obbligatorio o facoltativo della consegna, elencate tassativamente dagli articoli 18 e 18-bis della legge. Si tratta di un’irregolarità formale che può, al più, portare a una richiesta di informazioni supplementari all’autorità emittente, ma non a un blocco automatico della procedura.

La Funzione della Norma e l’Assenza di Pregiudizio per l’imputato

I giudici hanno spiegato che l’indicazione della pena ha uno scopo preciso: permettere allo Stato di esecuzione di verificare il rispetto dei requisiti legali (ad esempio, le soglie di punibilità) e, soprattutto, delle garanzie costituzionali e dei diritti fondamentali.

Nel caso specifico, la Corte d’appello, pur in assenza di un’indicazione esplicita, ha agito correttamente. Ha considerato lo scenario peggiore per l’imputato, ossia che la pena massima fosse l’ergastolo, e ha comunque verificato la sua compatibilità con l’ordinamento italiano. Avendo accertato che la legislazione tedesca prevede istituti di revisione della pena o di clemenza, ha concluso che anche una condanna all’ergastolo non violerebbe i principi fondamentali della Costituzione italiana. Se la valutazione ha dato esito positivo per la pena più grave, a maggior ragione sarebbe stata positiva per qualsiasi pena detentiva temporanea. Pertanto, nessun pregiudizio concreto è derivato al ricorrente da tale omissione.

Le Conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: nell’applicazione del mandato d’arresto europeo, la tutela dei diritti non si persegue attraverso un’applicazione formalistica delle norme, ma attraverso una valutazione sostanziale dell’eventuale pregiudizio arrecato all’individuo. L’omissione di un’informazione nel mandato, sebbene non conforme alla legge, non giustifica il rifiuto della consegna se il giudice nazionale è comunque in grado di compiere tutte le verifiche necessarie a garanzia dei diritti fondamentali della persona richiesta. Questo approccio rafforza il principio di reciproca fiducia tra gli Stati membri, pilastro della cooperazione giudiziaria europea.

La mancanza dell’indicazione della pena massima in un mandato d’arresto europeo impedisce automaticamente la consegna della persona richiesta?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che questa omissione non è una condizione ostativa alla consegna. Non è inclusa tra i motivi tassativi di rifiuto previsti dalla legge e costituisce un’irregolarità formale che non blocca la procedura se non vi è un concreto pregiudizio per l’interessato.

A cosa serve l’indicazione della pena massima nel mandato d’arresto europeo?
Serve principalmente a consentire al giudice dello Stato di esecuzione di verificare la sussistenza dei requisiti legali per la consegna (come le soglie di pena) e di valutare il rispetto dei diritti fondamentali e delle garanzie costituzionali della persona da consegnare.

Come ha agito la Corte d’appello in assenza di tale indicazione specifica?
La Corte d’appello ha dedotto quale fosse la pena massima applicabile (l’ergastolo) da altre informazioni ricevute e ha proceduto a una valutazione di compatibilità di tale pena con l’ordinamento italiano. Avendo concluso che anche la sanzione più severa era compatibile con i principi costituzionali, ha ritenuto che nessun diritto del ricorrente fosse stato violato, una conclusione approvata dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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