Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 37899 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 37899 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 20/11/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME, nato a Rovigo il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 30.10.2025 della Corte d’appello di Milano; Udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso; E’ presente l’avvocato NOME COGNOME del foro di Milano che insiste per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha disposto la consegna di NOME COGNOME all’Autorità giudiziaria francese in esecuzione del mandato di arresto europeo emesso il 26.09.2025 dalla Vicepresidente incaricata delle funzioni di giudice istruttore presso il Tribunale di Mullhouse, in relazione ai delitti di ‘estorsione in banda organizzata commessa con l’uso di un’arma e minaccia o atto intimidatorio dirette a determinare una vittima a non sporgere o a ritirare una querela’.
NOME, assistito dal difensore NOME COGNOME, propone ricorso per cassazione chiedendo l’annullamento della sentenza sulla base di quattro motivi di seguito riassunti nei termini strettamente necessari per la motivazione.
2.1 Articolo 606 comma 1 lett, b) cod. proc. pen. violazione di legge per erronea applicazione dell’articolo 18 bis comma 1 lett a) L. n. 69/2005, avendo la
Corte di appello erroneamente escluso l’applicazione del motivo di rifiuto facoltativo per territorialità nonostante la condotta contestata sia stata commessa in tutto per quanto attiene alla posizione del ricorrente o comunque, in via generale, in parte sul territorio italiano, avendo il ricorrente assistito direttamen in videochiamata dall’Italia ai fatti svoltisi in Francia;
2.2 Violazione dell’articolo 606 comma 1 lett. b) cod. proc. pen. Violazione di legge per inosservanza degli articoli 3 e 27 Cost., art 3 CEDU e art. 49 par 3 Carta UE: la sentenza impugnata non ha considerato adeguatamente la sproporzione esistente tra la pena Francese (ergastolo) e la pena italiana (massimo 22 anni) il che configura una violazione dei diritti fondamentali e del principio d proporzionalità;
2.3 Violazione dell’articolo 606 comma 1 lett c) cod. proc. pen. Inosservanza dell’articolo 16 L. 69/2005: omessa richiesta della documentazione necessaria ai fini del decidere;
2.4 Violazione dell’articolo 606 comma 1 lett. b) cod. proc.pen. violazione di legge per inosservanza dell’articolo 125 comma 3 cod. proc. pen e dell’articolo 111 Cost. motivazione apparente e fittizia, con riferimento alla territorialità de condotta, alla sproporzione sanzionatoria, alle informazioni integrative, già oggetto dei precedenti motivi di ricorso.
2.5 Violazione dell’articolo 606 comma 1 lett. b) cod. proc.pen. Violazione di legge per inosservanza dell’articolo 49 paragrafo 3 Carta dei diritti fondamentali dell’UE ed i principi di sussidiarietà e di proporzionalità della pena nel cooperazione giudiziaria europea.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il primo motivo è infondato: la Corte di appello di Milano, nel rispondere alla già proposta deduzione difensiva rispetto alla carenza di giurisdizione dell’Autorità francese rispetto alla condotta attribuita al COGNOME, ha già osserva che in tema di mandato di arresto europeo processuale, il difetto di giurisdizione dell’autorità emittente non può essere dedotto innanzi all’autorità di esecuzione se non nei limiti della litispendenza internazionale, stante la tassatività dei motivi rifiuto all’esecuzione, rilevando che nel caso in esame, pacificamente attinente a MAE processuale, non sia stata accertata allo stato alcuna litispendenza internazionale.
La ricostruzione offerta è confermata da Sez. F, Sentenza n. 32379 del 08/08/2024, Rv. 286876 secondo la quale, in tema di mandato di arresto europeo,
la scelta sul motivo facoltativo di rifiuto rappresentato dalla commissione del reato in tutto o in parte nel territorio dello Stato, di cui all’art. 18-bis, lett. b), l aprile 2005, n. 69, è rimessa all’autorità giudiziaria preposta a vagliare l’interesse dello Stato all’esercizio dell’azione penale nei confronti del soggetto destinatario del mandato di arresto il quale in sede di legittimità non può dedurre alcun vizio della decisione in quanto non vanta alcuna situazione giuridica soggettiva tutelabile in sede giurisdizionale.
Ed ancora Sez. 6 – , Sentenza n. 5929 del 11/02/2020 Cc. (dep. 14/02/2020) Rv. 278329 – 01 In tema di mandato di arresto europeo, il motivo di rifiuto facoltativo alla consegna previsto dall’art. 18-bis, comma 1, lett. b), legge 22 aprile 2005, n. 69, per i fatti commessi in parte nel territorio dello Stato richied quantomeno la sussistenza di indagini sul fatto oggetto del mandato di arresto, sintomatiche dell’effettiva volontà della Stato di affermare la propria giurisdizione.
Nella vicenda in esame La Corte di appello di Milano ha valutato come dirimente la circostanza che gli eventi dai quali discende l’esistenza dei delitti contestati al consegnando, in concorso con i suoi complici, si siano integralmente realizzati in territorio francese e le pronunce giurisprudenziali secondo le quali in tema di mandato di arresto europeo non è configurabile il motivo facoltativo di rifiuto della consegna di cui all’articolo 18 bis comma uno lettera a) legge 22 Aprile 2005 n. 69, ove nel territorio dello Stato di emissione siano avvenuti anche solo un frammento apprezzabile della condotta intesa in senso naturalistico o di una parte dell’evento che è conseguenza dell’azione od omissione. (Sez. 6, n. 13063 del 27/03/2024, Rv. 286192)
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Il mandato di arresto europeo indica la durata massima della pena che potrà essere inflitta per i reati cui si riferisce e risulta dalla sentenza impugnata che pe il delitto di estorsione aggravata l’ordinamento francese prevede una pena detentiva fino all’ergastolo, per il delitto di minaccia una pena fino a tre anni, lim edittali superiori alle soglie ostative previste dall’art. 7, commi 3 (per il mandat di arresto processuale) L. n. 69 del 2005.
È del tutto pacifico che, come anche sostenuto dalla Corte di appello nel rigettare l’eccezione difensiva già proposta in sede di udienza finalizzata alla decisione sulla consegna, trattandosi di MAE processuale l’indicazione della pena massima prevista attiene esclusivamente al dato normativo, non potendosi quindi ritenere violato nemmeno in astratto il principio del proporzionalità della pena quale espressione dell’osservanza dei diritti fondamentali dell’individuo, dovendosi tale sproporzione eventualmente valutare su una pena oggettivamente comminata
che non abbia tenuto nella dovuta considerazione elementi circostanziali necessari all’individuazione di una pena non già astrattamente ma concretamente irrogata.
In relazione alla ritenuta natura processuale del mandato, il terzo motivo relativo all’inadeguata indicazione del materiale probatorio è manifestamente infondato, perché la Corte distrettuale ha già evidenziato che nel mandato di arresto Europeo e nella scheda di relazione inviata dall’autorità giudiziaria emittente sono indicati specificamente i mezzi di prova che hanno costituito oggetto dell’autonomo apprezzamento di merito, spettante solo all’autorità giudiziaria straniera. La censura formulata dal ricorrente di omessa considerazione delle sue allegazioni è piuttosto generica e non indica rispetto a quali elementi la Corte avrebbe dovuto chiedere ulteriori informazioni.
5. Il quarto e quinto motivo sono inammissibili.
Il ricorrente deduce motivazione apparente e fittizia, con riferimento alla territorialità della condotta, alla sproporzione sanzionatoria, alle informazion integrative, già oggetto dei precedenti motivi di ricorso; nonché la violazione del principi di proporzionalità e di territorialità come delineati dal compendio normativo europeo; anche a prescindere dalla adeguata motivazione offerta dalla Corte d’appello di Firenze, così come ricostruita nell’analisi dei precedenti motivi, i motivi in oggetto risultano inammissibili non solo perché generici ma implicanti un vaglio della normativa europea senza richiamare i principi legislativi e costituzionali dello Stato italiano.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e condannare il ricorrente al pagamento delle spese e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5 Legge n.
69/2005.
Così deciso il 20/11/2025