Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 19671 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 19671 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME NOME (CUI 01WFFAN), nato a Lione (Francia) il 02/12/1974 avverso la sentenza emessa in data 28/03/2025 dalla Corte di appello di Milano;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; impugnata;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di annullare senza rinvio la sentenza udite le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Milano ha disposto, in esecuzione del mandato di arresto europeo emesso in data 27 febbraio 2025 dal Tribunale distrettuale di Verden, la consegna all’autorità giudiziaria tedesca di
NOME COGNOME per procedere nei suoi confronti per il reato di truffa, subordinando la stessa alla condizione che NOME sia rinviato in territorio italiano per scontarv la pena o la misura di sicurezza privative della libertà personale eventualmente inflitte nei sui confronti dall’autorità tedesca.
La Corte di appello, al contempo, ha rifiutato la consegna di COGNOME con riguardo al reato di falsificazione e di contraffazione di monete per difetto di doppia incriminazione sul punto.
L’avvocato NOME COGNOME COGNOME nell’interesse di Sarov, ha proposto ricorso avverso tale sentenza e ne ha chiesto l’annullamento, deducendo, con unico e articolato motivo, l’inosservanza dell’art. 18 -bis, comma 1, lett. a), della legge 22 aprile 2005, n. 69.
La Corte di appello, infatti, in violazione della disposizione predetta, si sarebbe limitata a rilevare che parte della condotta esecutiva del reato era stata commessa in territorio italiano e che non risulta pendente un procedimento penale innanzi all’autorità giudiziaria italiana per tale reato.
La giurisdizione italiana, tuttavia, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, sussiste quando, come nella specie, emerga dagli atti che anche solo un frammento della condotta, privo dei requisiti di idoneità e inequivocità richiesti per la punibilità del tentativo, si sia verificato in terr italiano.
La Corte di appello di Milano, dunque, avrebbe dovuto rifiutare la consegna di NOME, in quanto una parte della condotta contestata, quella relativa alla commissione degli artifizi e dei raggiri, era stata posta in essere a Cisano (e, dunque, in Italia); questo frammento della condotta sarebbe, peraltro, stato necessario per determinare il convincimento della persona offesa e la successiva consumazione del reato.
In data 29 aprile 2025 l’avvocato NOME COGNOME COGNOME ha chiesto il rinvio dell’udienza in ragione del proprio impedimento per ragioni di salute e dell’adesione all’astensione collettiva dalle udienza indetta dalla Giunta dell’Unione delle Camere Penali Italiane per l’udienza del 6 maggio 2025.
COGNOME ha depositato una dichiarazione scritta nella quale ha precisato di acconsentire alla richiesta di rinvio presentata dal proprio difensore.
Il Collegio all’udienza del 6 maggio ha rinviato la trattazione del ricorso all’udienza del 21 maggio 2025 in ragione dell’impedimento dedotto dal difensore.
Con memoria depositata in data l’avvocato NOME COGNOME ha depositato motivi nuovi.
Con il primo motivo il difensore ha censurato la violazione dell’art. 2 della I. n. 69 del 2025, dell’art. 6 Cedu e del principio del giudice naturale precostituito per legge, in quanto il giudice della Pretura di Verden che ha emesso il mandato di arresto europeo non sarebbe competente.
Ad avviso del difensore, infatti, le condotte contestate si sarebbero svolte in Italia e in Belgio, a Liegi, ma non in Germania
Con il secondo motivo il difensore ha censurato l’illegittimità del mandato di arresto europeo emesso dall’autorità giudiziaria tedesca, in quanto non è ammissibile l’emissione di questo strumento processuale per il reato di tentata truffa; il mandato di arresto europeo, infatti, come previsto dalla decisione quadro, può essere emesso solo per il reato consumato di truffa e per il reato di furto organizzato, entrambi non sussistenti nel caso di specie.
Le condotte descritte nel mandato di arresto europeo dovrebbero, più propriamente essere qualificate non già come un delitto di truffa, ma come un delitto di tentata truffa ed un successivo delitto di furto.
Con il terzo motivo il difensore ha eccepito che la Corte di appello ha omesso di motivare in relazione alla sussistenza del motivo di rifiuto di cui all’art. 18-bis I. n. 69 del 2005.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
L’avvocato NOME COGNOME COGNOME con l’unico motivo proposto, e l’avvocato NOME COGNOME con il terzo motivo aggiunto, hanno dedotto l’inosservanza dell’art. 18-bis, comma 1, lett. a), della legge 22 aprile 2005, n. 69, in quanto una parte della condotta contestata è stata posta in essere in Italia (e, segnatamente) a Cisano e questo frammento della condotta è stato necessario per determinare il convincimento della persona offesa e la successiva consumazione del reato.
3. Il motivo è infondato.
3.1. La legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), nella formulazione originaria, prevedeva, all’art. 18, venti motivi di «rifiuto della consegna», espressamente qualificati come obbligatori.
L’art. 18, lett. p), della legge n. 69 del 2005, in particolare, sanciva che «La corte di appello rifiuta la consegna (…) se il mandato d’arresto europeo riguarda
reati che dalla legge italiana sono considerati reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio».
Con questa previsione, il legislatore italiano ha intenso trasporre nella disciplina di recepimento del mandato di arresto europeo l’art. 4 /n. 7 della decisione quadro 2002/584/GAI, che consente all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo: «Se il mandato d’arresto europeo riguarda reati: a) che dalla legge dello Stato membro di esecuzione sono considerati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in un luogo assimilato al suo territorio».
Questa disposizione ha introdotto nella disciplina del mandato di arresto europeo un limite tradizionale alla cooperazione giudiziaria in materia penale, connesso al principio di sovranità, e ha recepito, in buona parte, il testo dell’art. della Convenzione europea di estradizione del 1957.
La legge 4 ottobre 2019, n. 117 (Delega al Governo per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, e disposizioni in materia di mandato di arresto europeo e procedure di consegna tra Stati) ha, tuttavia, modificato il testo della legge n. 69 del 2005, al fine di adeguarla più compiutamente alla decisione quadro.
Diffuse criticità della legge italiana di attuazione sono, infatti, emerse nella Relazione di valutazione del gruppo di esperti del Consiglio dell’Unione europea sul quarto ciclo di valutazioni reciproche concernente «l’applicazione pratica del mandato di arresto europeo e delle corrispondenti procedure di consegna tra Stati membri», pubblicata in data 23 febbraio 2009, nonché nella più recente Relazione della Commissione sull’attuazione della decisione quadro sul mandato d’arresto europeo, trasmessa in data 2 luglio 2020 al Parlamento europeo e al Consiglio, che si concludeva prospettando l’eventualità di una procedura di infrazione.
Uno dei punti maggiormente critici era, infatti, costituito proprio dall’introduzione da parte del legislatore italiano, di motivi di rifiuto n contemplati dalla decisione quadro o che nella legge di attuazione italiana assumevano una cogenza o un’estensione maggiore di quella delineata dal diritto dell’Unione.
La legge n. 117 del 2019 ha, dunque, introdotto la distinzione tra motivi di rifiuto obbligatori e facoltativi, elencati rispettivamente all’art. 18 ed al nuovo a 18 bis, e ha conferito una delega al Governo per apportare «le opportune modifiche» a questi articoli, in vista del loro compiuto allineamento alla decisione quadro.
In questo contesto di riforma, il motivo di rifiuto di natura processuale, fondato sul c.d. principio di territorialità, è stato soppresso nella sede originari
dall’art. 6, comma 5, lett. b), della legge 4 ottobre 2019, n. 117, ed è stato riformulato e trasposto all’art. 18-bis, comma 1, lett. a), della legge n. 69 del 2005, n. 69.
Questa disposizione sanciva che «La corte di appello può rifiutare la consegna … se il mandato d’arresto europeo riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio».
Il d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10 (Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della decisione quadro 2002/584/GAI, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra stati membri, in attuazione delle delega di cui all’articolo 6 della legge 4 ottobre 2019, n. 117) ha, inoltre, operato una generalizzata soppressione di tutte le disposizioni interne che erano difformi dalla disciplina europea.
Questo testo normativo ha, inoltre, nuovamente modificato la formulazione dell’art. 18-bis, comma 1, lett. a), della legge n. 69 del 2005, n. 69.
La disposizione, nella formulazione vigente, sancisce che «Quando il mandato di arresto europeo è stato emesso al fine dell’esercizio di azioni giudiziarie in materia penale, la corte di appello può rifiutare la consegna nei seguenti casi: a) se il mandato di arresto europeo riguarda reati che dalla legge italiana sono considerati reati commessi in tutto o in parte nel suo territorio, o in luogo assimilato al suo territorio, ovvero reati che sono stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, se la legge italiana non consente l’azione penale per gli stessi reati commessi al di fuori del suo territorio».
3.2. Nella formulazione vigente, dunque, la disposizione prevede un motivo solo facoltativo di rifiuto della consegna, quando i reati indicati nel mandato di arresto europeo siano stati commessi al di fuori del territorio dello Stato membro di emissione, al fine di assicurare il divieto del ne bis in idem, riconosciuto dalla Convenzione di Schengen del 19 giugno 1990, e sancito anche dall’art. 50 della Carta di Nizza, quale garanzia e diritto fondamentale da tutelare nello spazio giuridico europeo (Sez. 6, n. 27992 del 3/06/2018, H., Rv. 273544).
3.3. Il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, già con riferimento alla formulazione previgente, ha rilevato che, quando la richiesta di consegna riguarda fatti commessi in parte nel territorio dello Stato, il motivo obbligatorio di rifiuto della consegna, previsto dall’art. 18, comma 1, lett. p), I. aprile 2005, n. 69, è ravvisabile solo quando sussiste non un potenziale interesse dell’ordinamento interno ad affermare la giurisdizione, ma una situazione oggettiva, dimostrata dalla presenza di indagini sul fatto oggetto del mandato di arresto, sintomatica dell’effettiva volontà della Stato di affermare la propria
giurisdizione (Sez. 6, n. 27992 del 3/06/2018, H., Rv. 273544; Sez. 6, n. 15866 del 04/04/2018, Spasiano, Rv. 272912 – 01).
Il motivo di rifiuto è, dunque, applicabile solo e in quanto risulti “g pendente” innanzi all’autorità giudiziaria italiana un procedimento penale per il fatto oggetto del mandato di arresto europeo.
A fronte di tale evenienza procedimentale (Sez. 6, n. 15866 del 04/04/2018, COGNOME, cit.; Sez. 6, n. 5548 del 01/02/2018, COGNOME, cit.; Sez. 6, n. 40831 del 18/09/2018, P., Rv. 274121), il conflitto di giurisdizione tra i due Stati membri, ove concretamente ravvisabile, deve trovare la propria soluzione secondo le forme e modalità proprie del meccanismo disegnato dalla decisione quadro 2009/948/GAI del 30 novembre 2009 sulla prevenzione e la risoluzione dei conflitti relativi all’esercizio della giurisdizione nei procedimenti penali e dal d.lgs. 1 febbraio 2016, n. 29 (che quello strumento normativo ha recepito nel nostro ordinamento), anche al fine di evitare l’avvio di procedimenti paralleli superflui che potrebbero determinare una violazione del principio del ne bis in idem sancito dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, quale garanzia fondamentale direttamente applicabile nello spazio giuridico europeo (Sez. 6, n. 13063 del 27/03/2024, Uka, Rv. 286192 – 01, v. anche, in motivazione, Sez. 6, n. 21323 del 22/05/2014, COGNOME, Rv. 259243; Sez. 6, n. 54467 del 15/11/2016, COGNOME, Rv. 268931).
L’eventuale opposizione del rifiuto della consegna, in tal caso, mira a tutelare effettivamente le prerogative dello Stato di esecuzione in funzione della composizione di un conflitto che è già esistente, e non meramente potenziale (Sez. 6, n. 15866 del 04/04/2018, Spasiano, cit.), in quanto disvelato dalla effettiva volontà dello Stato di affermare in concreto – con la presenza di attività d’indagine in corso di svolgimento – la propria giurisdizione sul fatto oggetto del mandato di arresto europeo, in tutto o in parte commesso sul suo territorio (Sez. 6, n. 27992 del 13 giugno 2018, COGNOME, non massimata).
3.4. Questi principi sono stati ribaditi dalla giurisprudenza di legittimit anche sotto il vigore della formulazione attuale del motivo di rifiuto invocato dal ricorrente.
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti, rilevato che il motivo facoltati di rifiuto previsto dall’art. 18-bis, comma 1, lett. b), della legge 22 aprile 2005, n. 69, sussiste solo se, al momento della ricezione della richiesta di consegna, risulti l’effettivo e pregresso esercizio della giurisdizione nazionale sul medesimo reato oggetto del mandato (ex plurimis: Sez. 6, n. 20539 del 24/05/2022, COGNOME, Rv. 283600 – 01; Sez. 6, n. 2959 del 22/01/2020, N., Rv. 278197 – 02).
3.5. Muovendo da queste premesse, deve rilevarsi che la Corte di appello di Milano ha fatto corretta applicazione dell’art. 18-bis, comma 1, lett. a), della legge n. 69 del 2005.
La Corte di appello ha, infatti, legittimamente ritenuto di non applicare questo motivo facoltativo di rifiuto, in quanto dagli atti non risultava la pendenza in Italia di un procedimento penale per lo stesso fatto per il quale è stata chiesta la consegna del ricorrente.
I giudici di appello hanno, dunque, dato conto, con motivazione congrua e pienamente conforme ai principi di diritto costantemente affermati da questa Corte nell’applicazione del predetto motivo di rifiuto, delle ragioni per le quali hanno ritenuto di non rifiutare la consegna di COGNOME all’autorità giudiziaria tedesca.
Con il primo motivo aggiunto l’avvocato COGNOME ha censurato la nullità del mandato di arresto europeo, in quanto emesso da giudice incompetente, atteso che il reato per cui si procede è stato commesso in Belgio.
5. Il motivo è infondato.
L’elenco dei motivi di rifiuto dell’esecuzione del mandato di arresto europeo nella decisione quadro (ex plurimis: C. giust. UE, 5 settembre 2012, Lopes COGNOME Jorge, C-42/11; C. giust. UE, 5 aprile 2016, C-404/15 e C-659/15, COGNOME e COGNOME😉 e, correlativamente, nella legislazione italiana di recepimento è, infatti, tassativo (e mu/tis: Sez. 6, n. 12079 del 07/12/2022, dep. 2024, M., Rv. 285117 – 01; Sez. 6, n. 15143 del 14/01/2022, P., Rv. 283145 – 01) e il difetto di giurisdizione dell’autorità emittente non è contemplato in questo elenco.
Il disposto dell’art. 2 della I. n. 69 del 2005, inoltre, non può essere invocato per fondare un motivo di rifiuto atipico in ragione dell’asserito difetto giurisdizione dell’autorità emittente, in quanto questa disciplina è già esaustivamente delineata dall’art. 18-bis, comma 1, lett. a), della legge n. 69 del 2005, n. 69.
Il difetto di giurisdizione dell’autorità emittente, dunque, nell’ambito della disciplina del mandato di arresto europeo, non può essere sindacato innanzi all’autorità di esecuzione se non nei limiti, sopra precisati, della litispendenza internazionale sopra indicati. Ogni censura sul punto deve, invece, essere dedotta innanzi all’autorità emittente il mandato di arresto.
Con il secondo motivo il difensore ha censurato l’illegittimità del mandato di arresto europeo, in quanto le condotte descritte nel mandato di arresto europeo dovrebbero essere qualificate come furto semplice e tentata truffa, che non
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consentono l’emissione di questo strumento processuale, a differenza del contestato reato di truffa.
7. Il motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 606, ultimo comma, cod. proc.
pen. in quanto si fonda sulla censura di una violazione di legge non dedotta nel giudizio innanzi alla Corte di appello di Milano.
La qualificazione del reato posto a fondamento del mandato di arresto europeo, peraltro, non è stata contestata nell’originario ricorso per cassazione.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, la facoltà
del ricorrente di presentare motivi nuovi deve intendersi come possibilità di esporre ragioni ulteriori delle censure originariamente proposte, e non come
facoltà di proporre ragioni diverse da queste ultime (Sez. 4, n. 2087 del
05/09/1996, COGNOME, Rv. 205623 – 01). In tema di impugnazioni, i “motivi nuovi”
di cui la legge consente la presentazione debbono necessariamente restare limitati all’ambito del
thema decidendum, quale delineato nell’originario atto di
impugnazione, in cui debbono essere, tra l’altro, indicati i capi della decisione impugnata che formano oggetto di gravame. (Sez. 1, n. 5911 del 17/11/1995, COGNOME, Rv. 203056 – 01).
Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere rigettato.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, della legge n. 69 del 2005.
Così deciso il 21/05/2025.