Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 17535 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 17535 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME.
, nato in Pakistan il DATA_NASCITA
avverso la sentenza emessa il 2.04.2024 dalla Corte di appello di Genova visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; uditi gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, che hanno insistito per
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Genova ha disposto la consegna all’autorità giudiziaria francese di R. R. in
esecuzione del mandato di arresto europeo, emesso in data 25 febbraio 2020 (e
poi sostituito da un nuovo mandato di arresto europeo in data 18 marzo 2024) dal AVV_NOTAIO della Repubblica del Tribunale di Parigi, per l’esecuzione di una sentenza di condanna alla pena di sei anni di reclusione emessa nei suoi confronti per il delitto di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati di frode fiscale, riciclaggio e truffa operante in Francia e in Dubai nel 2009.
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, nell’interesse del hanno presentato ricorso avverso tale sentenza e ne hanno chiesto l’annullamento, deducendo tre motivi di ricorso. R.R.
2.1. Con il primo motivo i difensori censurano l’inosservanza dell’art. 6, comma 1, lett. c) della legge 22 aprile n. 2005, n. 69, in quanto la Corte di appello avrebbe emesso la sentenza impugnata sulla base del presupposto erroneo che il mandato di arresto sia stato emesso dall’autorità francese sulla base della sentenza esecutiva emessa in data 11 marzo 2024.
Rilevano, tuttavia, i difensori che tale sentenza non potrebbe essere considerata «esecutiva», in quanto sarebbe ancora pendente per l’imputato il termine per proporre appello avverso la predetta sentenza, secondo quanto previsto dall’art. 506 del codice di procedura penale francese; lo stesso mandato di arresto europeo indica la possibilità per la persona richiesta in consegna di proporre appello avverso tale sentenza nel termine sancito dall’ordinamento francese.
L’art. 489 del codice di procedura penale francese, del resto, prevede che, se l’opposizione è presentata avverso una sentenza emessa all’esito di un processo celebrato in absentia, il giudizio si considera come «non avvenuto».
2.2. Con il secondo motivo i difensori deducono l’inosservanza dell’art. 2 della legge n. 69 del 2005, in quanto la Corte di appello di Genova, pur avendo correttamente intrapreso un’interlocuzione con lo Stato emittente al fine di scongiurare il rischio di trattamento inumani e degradanti nel periodo di detenzione, non avrebbe adeguatamente escluso lo stesso non solo in ragione delle note condizioni di sovraffollamento del sistema penitenziario francese, ma anche delle concrete condizioni di salute del NOMECOGNOME affetto da leucemia mieloide, diabete e cardiopatia, che necessitano di cure adeguate.
L’autorità francese, infatti, avrebbe escluso di poter indicare, in via preventiva, lo specifico istituto carcerario che dovrebbe ospitare il ricorrente e, dunque, che lo stesso possa garantire assistenza medica specializzata adeguata alle esigenze terapeutiche del R.R.
La Corte di appello «irragionevolmente» avrebbe ritenuto esaustive le assicurazioni, invero «meramente formali», rese dall’autorità francese, che sarebbero state generiche e si sarebbero risolte in «una mera manifestazione di intenti, di ampia portata».
La Corte di appello, dunque, in assenza di una concreta garanzia che il trattamento penitenziario sarebbe stato rispettoso del diritto alla salute del ricorrente, mediante accesso ad un centro specializzato nel trattamento della leucemia mieloide, nonché nel monitoraggio di un’eventuale recidiva, avrebbe dovuto rifiutare la domanda di consegna.
2.3. Con il terzo motivo i difensori censurano l’inosservanza degli artt. 111 e 39 della legge n. 69 del 2005, in quanto non sarebbe stato consegnato al consegnando la traduzione scritta, in lingua a lui comprensibile, del verbale di arresto, dei mandati di arresto successivamente emessi dall’autorità giudiziaria francese e della sentenza impugnata.
La Corte di appello, infatti, pur avendo assicurato all’imputato la presenza dell’interprete di lingua inglese alla lettura della sentenza impugnata, non ne avrebbe garantito la traduzione scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato, in quanto i motivi proposti sono infondati.
Con il primo motivo i difensori censurano l’inosservanza dell’art. 6, comma 1, lett. c) della legge 22 aprile n. 2005, n. 69, in quanto la Corte di appello avrebbe emesso la sentenza impugnata sulla base del presupposto erroneo che il mandato di arresto sia stato emesso dall’autorità francese sulla base di una sentenza «esecutiva», ancorché la stessa possa essere ancora impugnata dall’imputato, giudicato in assenza.
3. Il motivo è manifestamente infondato.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, deve essere valutato alla stregua di un mandato di arresto esecutivo quello fondato sulla richiesta di esecuzione di una condanna esecutiva, come tale prevista dall’ordinamento dello Stato emittente, senza che sul punto possa espletarsi un diverso sindacato dell’autorità giudiziaria dello Stato di esecuzione (ex plurimis: Sez. 6, n. 2745 del 19/1/2012, Pistoia, Rv. 251787; conf. Sez. 6, n. 18125 del 06/05/2021, Salerno, Rv. 281663 – 01).
In tema di mandato di arresto europeo, è, del resto, irrilevante ai fini della consegna per l’estero la circostanza della impugnabilità della sentenza di condanna su cui è fondato il mandato di arresto europeo, quando la stessa sia dotata di forza esecutiva, poiché l’art. 8, par. 1, lett. c), della decisione quadro n. 2002/584/GAI del 13 giugno 2002 conferisce rilievo alla sola «esecutività», non certo alla «irrevocabilità» della sentenza (Sez. 6, n. 2745 del 19/1/2012, Pistoia, Rv. 251787, in una fattispecie relativa ad un m.a.e. processuale emesso dalle autorità
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francesi, basato su una sentenza di condanna pronunciata in primo grado e non ancora definitiva, in quanto espressamente definita appellabile).
Pertanto, nel caso in cui, come nella specie, la consegna sia richiesta dalle autorità giudiziarie francesi sulla base di una sentenza di condanna definitiva, pronunciata in absentia, il mandato va qualificato come esecutivo e non processuale, a nulla rilevando che l’ordinamento francese riconosca in tali casi la possibilità di proporre un giudizio di opposizione, cui può conseguire la rinnovazione del processo (Sez. 6, n. 18125 del 06/05/2021, Salerno, Rv. 281663 – 01).
Nel caso di processo contumaciale, infatti, secondo l’ordinamento francese, l’imputato, pur a fronte di sentenza esecutiva, dispone del rimedio dell’opposizione per ottenere un nuovo processo, entro un termine decorrente dalla notifica della sentenza; si tratta, tuttavia, di un rimedio eventuale e non necessitato, rimesso alla valutazione dell’interessato, il quale ben potrebbe determinarsi diversamente (Sez. 6, n. 18125 del 06/05/2021, Salerno, Rv. 281663 – 01; conf., in motivazione: Sez. 6, n. 13480 del 19/3/2010, COGNOME, Rv. 246852; Sez. 6, n. 35489 del 10/9/2009, Bitri, Rv. 244755).
Con il secondo motivo i difensori deducono l’inosservanza dell’art. 2 della legge n. 69 del 2005, in quanto la Corte di appello di Genova non avrebbe adeguatamente escluso il rischio di trattamenti inumani e degradanti, non solo in ragione delle note condizioni di sovraffollamento del sistema penitenziario francese, ma anche delle concrete condizioni di salute del R.R. affetto da leucemia mieloide, diabete e cardiopatia, che necessitano di cure adeguate.
5. Il motivo è infondato.
5.1. L’interpretazione del quadro normativo relativo alla tutela della salute della persona richiesta in consegna per effetto di un mandato di arresto europeo è stata di recente precisata dal dialogo tra la Corte costituzionale e la Corte di Giustizia dell’Unione europea.
5.2. La Corte di appello di Milano ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 18 e 18-bis della legge 22 aprile 2005, n. 69 (Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri), in riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 111 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono quale motivo di rifiuto della consegna, nell’ambito delle procedure di mandato d’arresto europeo, «ragioni di salute croniche e di durata indeterminabile che comportino il rischio di conseguenze di eccezionale gravità per la persona richiesta».
La Corte costituzionale, con l’ordinanza n. 216 del 18 novembre 2021, ha
chiesto, in via pregiudiziale, alla Corte di giustizia se l’art. 1, paragrafo 3, del decisione quadro 2002/584/GAI sul mandato di arresto europeo, letto alla luce degli artt. 3, 4 e 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’unione europea (CDFUE), debba essere interpretato nel senso che l’autorità giudiziaria di esecuzione, ove ritenga che la consegna di una persona afflitta da gravi patologie di carattere cronico e potenzialmente irreversibili possa esporla al pericolo di subire un grave pregiudizio alla sua salute, debba richiedere all’autorità giudiziaria emittente le informazioni che consentano di escludere la sussistenza di questo rischio, e sia tenuta a rifiutare la consegna allorché non ottenga assicurazioni in tal senso entro un termine ragionevole.
5.3. La Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione europea, con la sentenza emessa in data 18 dicembre 2023 nella causa C-699/21, ha anzitutto rammentato che in base al principio del mutuo riconoscimento, da un lato, «le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono rifiutare di eseguire un mandato d’arresto europeo soltanto per motivi fondati sulla decisione quadro 2002/584, così come interpretata dalla Corte» (paragrafo 34; conf., in tal senso, sentenza del 31 gennaio 2023, RAGIONE_SOCIALE, C-I58/21, EU:C:2023:57, punti da 69 a 73); dall’altro lato, lato, mentre l’esecuzione del mandato d’arresto europeo costituisce il principio, il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che deve essere interpretata restrittivamente .
La decisione quadro citata non prevede la possibilità di rifiutare l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo per il solo fatto che la persona richiesta sia afflitta da gravi patologie, di carattere cronico e potenzialmente irreversibili, attes che, «n considerazione del principio di fiducia reciproca sotteso allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia», sussiste «una presunzione secondo cui le cure e i trattamenti offerti negli Stati membri per la presa in carico, segnatamente, di tali patologie sono adeguati (v., per analogia, sentenza del 16 febbraio 2017, C.K. e a., C-578/16 PPU, EU:C:2017:127, punto 70), a prescindere dal fatto che ciò avvenga in ambiente carcerario oppure nell’ambito di modalità alternative di mantenimento di tale persona a disposizione delle autorità giudiziarie dello Stato membro emittente» (paragrafo 35).
Nondimeno, ai sensi dell’art. 23, paragrafo 4, della decisione quadro 2002/584/GAI, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può sospendere temporaneamente la consegna della persona ricercata, «se e in quanto sussistano serie ragioni di ritenere, sulla base di elementi oggettivi, quali certificati medici relazioni peritali, che l’esecuzione del mandato d’arresto rischi di mettere in pericolo, in maniera manifesta, la salute di tale persona, ad esempio in ragione di
una malattia o di una condizione medica temporanea di detta persona antecedente alla data prevista per la sua consegna »(paragrafo 37).
Tale potere di sospensione va esercitato alla luce dell’art. 4 CDFUE, non potendosi escludere che «la consegna di una persona gravemente malata possa comportare, per quest’ultima, un rischio reale di trattamenti inumani o degradanti , e ciò a causa del livello qualitativo delle cure disponibili nello Stato membr emittente oppure, in determinate circostanze, a prescindere da esso» (paragrafo 39).
Una simile situazione – che presuppone «una soglia minima di gravità che ecceda l’inevitabile livello di sofferenza inerente alla detenzione» (paragrafo 40) «si verificherebbe nel caso della consegna di una persona gravemente malata per la quale esista un rischio di morte imminente o vi siano seri motivi di ritenere che, pur non correndo un rischio imminente di morire, essa si troverebbe, nelle circostanze del caso di specie, dinanzi ad un rischio reale di essere esposta ad un declino grave, rapido e irreversibile del proprio stato di salute o ad una riduzione significativa della propria aspettativa di vita» (paragrafo 41).
Ne consegue che, ove l’autorità giudiziaria dell’esecuzione abbia, «alla luce degli elementi oggettivi a sua disposizione, motivi seri e comprovati», di ritenere che la consegna della persona ricercata, gravemente malata, la esporrebbe a un simile rischio, essa è tenuta a disporre la sospensione della consegna ai sensi dell’art. 23, paragrafo 4, della decisione quadro 2002/584/GAI (paragrafo 42) e, in conformità all’obbligo di leale cooperazione sancito dall’art. 4, paragrafo 3, primo comma, del Trattato sull’Unione europea (TUE), deve «chiedere all’autorità giudiziaria emittente di trasmettere qualsiasi informazione necessaria per assicurarsi che le modalità con le quali verranno esercitate le azioni penali all’origine del mandato d’arresto europeo o le condizioni dell’eventuale detenzione di tale persona permettono di escludere il rischio» (paragrafo 47).
Qualora vengano fornite dall’autorità giudiziaria emittente «assicurazioni» quanto al fatto che la patologia «eccezionalmente grave» e di «carattere cronico e potenzialmente duraturo» di cui soffre l’interessato «sarà oggetto, in tale Stato membro, di trattamenti o di cure appropriati, e ciò, indifferentemente, in ambiente carcerario o nel contesto di modalità alternative di mantenimento di tale persona a disposizione delle autorità giudiziarie di detto Stato membro» (paragrafo 49), l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sarà tenuta a dare esecuzione al mandato d’arresto, informando immediatamente l’autorità giudiziaria emittente e concordando con essa una nuova data per la consegna (paragrafo 48).
Qualora invece, «in circostanze eccezionali, alla luce delle informazioni fornite dall’autorità giudiziaria emittente, nonché di qualsiasi altra informazione di cui l’autorità giudiziaria dell’esecuzione disponga» quest’ultima concluda che la
consegna esporrebbe la persona ricercata a un rischio di riduzione significativa della sua aspettativa di vita o di deterioramento rapido, significativo e irrimediabile del suo stato di salute, e che tale rischio non possa essere escluso «entro un termine ragionevole» (paragrafo 50), non sarebbe possibile utilizzare l’art. 23, paragrafo 4, della decisione quadro per «differire la consegna di una persona ricercata per un periodo di tempo considerevole, o addirittura indefinito» (paragrafo 51). Una simile interpretazione sarebbe contraria alla lettera e all’«economia AVV_NOTAIO» di tale disposizione, e lascerebbe la persona ricercata «esposta per un tempo indefinito al mandato d’arresto europeo spiccato contro di essa ed alle misure coercitive adottate, eventualmente, dallo Stato membro di esecuzione, malgrado non vi sia alcuna prospettiva realistica che tale persona venga consegnata allo Stato membro emittente» (ibidem).
Nell’ipotesi appena delineata, «occorre altresì tener conto dell’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, in virtù del quale l’esistenza di un rischio di violazione dei diritti fondamentali può consentire all’autorità giudiziari dell’esecuzione di astenersi, in via eccezionale e a seguito di un esame appropriato, dal dare seguito ad un mandato d’arresto europeo» (paragrafo 52), sicché «l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può, conformemente all’articolo 1, paragrafo 3, della decisione quadro 2002/584, interpretato alla luce dell’articolo 4 della Carta, dare seguito al mandato d’arresto europeo» (paragrafo 53).
La Corte di giustizia ha, dunque, concluso che «N’articolo 1, paragrafo 3, e l’articolo 23, paragrafo 4, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, letti alla luce dell’articolo 4 della Carta de diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che:
qualora sussistano valide ragioni di ritenere che la consegna di una persona ricercata, in esecuzione di un mandato d’arresto europeo, rischi di mettere manifestamente in pericolo la sua salute, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può, in via eccezionale, sospendere temporaneamente tale consegna;
qualora l’autorità giudiziaria dell’esecuzione chiamata a decidere sulla consegna di una persona ricercata, gravemente malata, in esecuzione di un mandato d’arresto europeo, ritenga che esistano motivi seri e comprovati di ritenere che tale consegna esporrebbe la persona in questione ad un rischio reale di riduzione significativa della sua aspettativa di vita o di deterioramento rapido, significativo e irrimediabile del suo stato di salute, essa deve sospendere tale consegna e sollecitare l’autorità giudiziaria emittente a trasmettere qualsiasi informazione relativa alle condizioni nelle quali si prevede di perseguire o di detenere detta persona, nonché alle possibilità di adeguare tali condizioni allo stato di salute della persona stessa al fine di prevenire il concretizzarsi di tale rischio;
laddove, alla luce delle informazioni fornite dall’autorità giudiziari emittente nonché di tutte le altre informazioni a disposizione dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione, risulti che tale rischio non può essere escluso entro un termine ragionevole, quest’ultima autorità deve rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo. Per contro, qualora il rischio suddetto possa essere escluso entro un tale termine ragionevole, deve essere concordata con l’autorità giudiziaria emittente una nuova data di consegna» (paragrafo 55 e dispositivo).
5.4. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 177 del 2023, sulla base dei chiarimenti resi dalla Corte di giustizia, ha dichiarato non fondate nei sensi di cui in motivazione le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 18 e 18-bis della legge 22 aprile 2005, n. 69, sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 32 e 111 Cost., dalla Corte d’appello di Milano.
La Corte costituzionale ha, infatti, rilevato che l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo non può mai comportare l’esposizione della persona a un rischio di deterioramento rapido, significativo e irrimediabile del proprio stato di salute, e a fortiori di una riduzione dell’aspettativa di vita, perché ciò determinerebbe come affermato dalla Corte di giustizia – una violazione del divieto di trattamenti inumani e degradanti sancito dall’art. 4 CDFUE, nonché una lesione del diritto inviolabile alla salute, tutelato dagli artt. 2 e 32 Cost.
Alla luce della sentenza della Corte di giustizia, è, tuttavia, possibile un’interpretazione sistematica della legge n. 69 del 2005 che, integrando nel particolare contesto normativo italiano il meccanismo procedurale delineato dalla Corte di giustizia, ne assicuri la conformità ai parametri costituzionali evocati.
La Corte costituzionale ha rilevato che, in ipotesi eccezionali di grave rischio per la salute della persona, la Corte d’appello in composizione collegiale – già competente a decidere sulla consegna del ricercato ai sensi dell’art. 5, comma 1, della legge n. 69 del 2005, e le cui decisioni sono ricorribili per cassazione ai sensi dell’art. 22 – dovrà sospendere la decisione e sollecitare le autorità giudiziarie dello Stato richiedente a trasmettere informazioni sulle condizioni nelle quali la persona verrà perseguita o detenuta, in modo da assicurare adeguata tutela alla sua salute, eventualmente anche collocandola in una struttura non carceraria. Soltanto nell’ipotesi in cui le interlocuzioni non consentano di individuare entro un termine ragionevole una simile soluzione, l’esecuzione del mandato d’arresto potrà essere rifiutata. Resta ferma, invece, la competenza del presidente della corte d’appello, o del giudice da questi delegato, ai sensi dell’art. 23, commi da 2 a 4, della legge n. 69 del 2005, per l’eventuale sospensione della consegna in relazione a situazioni di pericolo per la vita o per la salute di natura transitoria, o comunque sorte successivamente alla decisione favorevole alla consegna.
5.5. La giurisprudenza di legittimità ha ripreso i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 177 del 2023, rilevando che in tema
di mandato di arresto europeo per l’estero, qualora sussista il rischio per il consegnando di deterioramento rapido, significativo e irrimediabile del proprio stato di salute, o una riduzione significativa della propria aspettativa di vita ovvero un pericolo per la sua stessa vita, anche in considerazione della mancanza di cure adeguate alle condizioni patologiche nello Stato di emissione, l’autorità dello Stato di esecuzione, ai sensi degli artt. 18 e 18-bis della legge 22 aprile 2005, n. 69, interpretati in conformità all’art. 23, par. 4, della decisione quadr 2002/584/GAI, può sospendere la consegna della persona richiesta al fine di ottenere assicurazioni dall’autorità giudiziaria emittente sui trattamenti che saranno praticati in ambiente carcerario; all’esito di tali interlocuzioni, può dare seguito alla richiesta consegna oppure, nell’ipotesi residuale in cui non sia individuata una soluzione che consenta di evitare gravi rischi alla salute della persona ricercata, emettere una decisione finale di rifiuto.
5.6. Declinando tali consolidati principi nel caso di specie, deve rilevarsi che il motivo è infondato.
La Corte di appello ha, in primo luogo, rilevato che le condizioni del R.R. «per quanto non siano ottimali, e la sua situazione anche in rapporto agli accertamenti diagnostici necessari non sono tali da far ritenere che la consegna lo esporrebbe ad un rischio reale di riduzione significativa di vita o di deterioramento rapido, irrimediabile e significativo del suo stato di salute», come richiesto dalla Corte di giustizia nella sentenza emessa in data 18 dicembre 2023 nella causa C699/21.
La Corte di appello di Genova ha, inoltre, assunto specifiche informazioni dall’autorità giudiziaria emittente in ordine alle condizioni di sovraffollamento del sistema penitenziario francese e alla idoneità dello stesso ad erogare le cure richieste dalle patologie che affliggono la persona richiesta in consegna.
La Corte di appello ha rilevato che i chiarimenti forniti dall’autorità francese nella missiva del 13 marzo 2023 fossero idonei a scongiurare il rischio di trattamenti inumani e degradati della persona richiesta in consegna, secondo i parametri chiariti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.
In ogni penitenziario francese è, infatti, garantita ai detenuti piena assistenza sanitaria e, come in Italia, la possibilità, all’occorrenza, di immediato ricovero i ospedale. L’autorità francese ha, inoltre, aggiunto che, pur non essendo possibile, per ragioni di diritto interno, indicare preventivamente l’istituto al quale il R.R. sarà associato, in caso di consegna, verosimilmente il medesimo sarà ospitato presso il penitenziario parigino di La Santè, dotato di apposito centro medico.
La censura svolta dal ricorrente è, dunque, infondata, in quanto la Corte di appello ha correttamente individuato il parametro normativo applicabile nella specie e ha compiutamente motivato sul punto.
Corretto rispetto ai principi enunciati dalla Corte di giustizia e ribaditi dal
Corte costituzionale è, inoltre, il rilievo secondo il quale la mancata previa indicazione dell’istituto al quale la persona richiesta in consegna sarà associato, anche in caso di patologie documentate, non preclude la consegna.
L’interlocuzione tra lo Stato di esecuzione e lo Stato emittente, al fine di evitare che l’esecuzione del mandato di arresto europeo possa pregiudicare il diritto fondamentale alla salute della persona richiesta in consegna, deve, infatti, avere riguardo «al fatto che tale patologia sarà oggetto, in tale Stato membro, di trattamenti o di cure appropriati, e ciò, indifferentemente, in ambiente carcerario o nel contesto di modalità alternative di mantenimento di tale persona a disposizione delle autorità giudiziarie di detto Stato membro» (Corte di Giustizia, sentenza 18 dicembre 2023, causa C-699/21, § 49) e non già la necessaria previa indicazione della struttura penitenziaria.
Del resto, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nella sentenza del 21 dicembre 2023, ha ribadito che «quando attuano il diritto dell’Unione gli Stati membri sono tenuti a presumere il rispetto dei diritti fondamentali da parte degli altri Stati membri, sicché essi non possono né esigere da un altro Stato membro un livello di tutela nazionale dei diritti fondamentali più elevato di quello garanti dal diritto dell’Unione né, salvo casi eccezionali, verificare se l’altro Stato membro abbia effettivamente rispettato, in un caso concreto, i diritti fondamentali garantiti dall’Unione europea ».
Pertanto, quando nella cooperazione tra autorità giudiziarie fondata sulla base del meccanismo del mandato di arresto europeo, siano state fornite dall’autorità giudiziaria dello Stato emittente informazioni che portino ad escludere la sussistenza del rischio di trattamenti inumani e degradanti, lo Stato di esecuzione, in conformità con i principi del mutuo riconoscimento e di leale cooperazione, deve limitarsi «a prendere atto» (ex plurimis: Sez. 6, Sez. 6, n. 23277 del 01/06/2016, COGNOME, in motivazione; in senso conforme v. Sez. 2, n. 3679 del 24/01/2017, Ilie, Rv. 269211; Sez. 6, n. 52541 del 09/11/2018, NOME, in motivazione).
Le censure formulate dai difensori relativamente all’asseríta illogicità dell’apprezzamento espresso dalla Corte di appello di Genova, del resto, sono inammissibili, in quanto in tema di mandato di arresto europeo, a seguito delle modifiche apportate dall’art. 18 del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, all’art. 22 dell legge 22 aprile 2005, n. 69, non è ammissibile il ricorso per cassazione per vizi di motivazione avverso i provvedimenti che decidono sulla consegna dell’interessato, essendo stato espunto dalla norma il riferimento alla proponibilità del ricorso «anche nel merito» e, al contempo, essendosi circoscritto il potere di sindacato della corte di cassazione ai soli motivi previsti dall’art. 606, lett. a), b) e c),
proc. peri. (ex plurimís: Sez. 6, n. 8299 del 08/03/2022, Gheorge, Rv. 282911 01; Sez. 6, n. 41074 del 10/11/2021, NOME, Rv. 282260 – 01).
Con il terzo motivo i difensori censurano l’inosservanza degli artt. 143, 178 cod. proc. pen., dell’art. 111, secondo comma, Cost. in relazione all’art. 6, terzo comma, CEDU e all’art. 1, primo comma, della direttiva 2010/64/UE.
Non sarebbe stata, infatti, consegnato alla persona richiesta in consegna la traduzione scritta, in lingua a lui comprensibile, dei verbali dell’arresto eseguito in data 12 gennaio 2024 e del successivo del 19 marzo 2024, in quanto il R.R. non sarebbe stato assistito da un interprete «durante le fasi iniziali avanti la Polizi Giudiziaria »; parimenti non sarebbe stata fornita al R.R. a traduzione di entrambi i mandati di arresto europeo emessi nei suoi confronti e della sentenza impugnata della Corte di appello di Genova.
7. Il motivo è infondato.
7.1. Secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di mandato di arresto europeo, ai sensi dell’art. 143 cod. proc. peri., che ha recepito nell’ordinamento interno i principi contenuti nell’art. 3 della direttiva 2010/64/UE, l’imputato alloglotta che non conosca la lingua italiana, qualora ne faccia espressa e motivata richiesta, ha diritto di ottenere la traduzione dei documenti fondamentali per il corretto funzionamento della procedura di consegna, mentre un analogo diritto non sussiste con riferimento alla traduzione scritta di atti compiuti nell’ambito del procedimento estero, tra i quali l’atto che ha ordinato l’arresto, che può essere richiesta esclusivamente alla competente Autorità giudiziaria dello Stato di emissione del mandato (Sez. 6, n. 6560 del 14/02/2023, COGNOME, Rv. 284208-01; Sez. 6, n. 50814 del 24/11/2016, COGNOME, Rv. Rv. 268359 – 01, con riferimento alla idoneità a rispettare diritto ad un processo equo della traduzione orale del mandato di arresto europeo eseguita dall’interprete in udienza).
7.2. La Corte di appello di Genova ha dato corretta attuazione a tali consolidati principi di diritto.
Dall’esame diretto degli atti processuali -ammesso allorché sia dedotto, mediante ricorso per cassazione, un error in procedendo ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. peri. (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092-01)- risulta che il R.R. è stato tratto in arresto una prima volta in data 12 gennaio 2024, in virtù del mandato di arresto europeo emesso dal AVV_NOTAIO della Repubblica del Tribunale di Parigi in data 25 febbraio 2020.
In questa occasione il R.COGNOME. che ha dichiarato di non comprendere la lingua italiana, è stato informato della ragione del proprio arresto, della segnalazione RAGIONE_SOCIALE. e dei propri diritti, ai sensi dell’art. 11 della legge n. 69 del 2005, d
agenti della Squadra Mobile della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE mediante il proprio difensore di fiducia, l’avvocato NOME AVV_NOTAIO, presente all’atto.
Il R. R. è, inoltre, stato tratto nuovamente in arresto, sulla base del mandato di arresto europeo emesso in data 18 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO della Repubblica del Tribunale di Parigi, in data 19 marzo 2024 dalla Polizia Penitenziaria della RAGIONE_SOCIALE al R. R. ove era detenuto in esecuzione del precedente mandato di arresto europeo.
Il R. R. all’atto dell’arresto, ha dichiarato di non parlare e di non comprende la lingua italiana, e di parlare l’inglese e l’urdu
In questa occasione il R. R. con l’ausilio dell’avvocato NOME COGNOME, sostituito processuale dell’avvocato NOME, è stato informato del contenuto del mandato di arresto europeo; al ricorrente è, inoltre, stata fornita informativa dell’arresto eseguito e dei suoi diritti ai sensi dell’art. 11 della legge n. 69 del 20 in lingua inglese e per iscritto.
La persona richiesta in consegna ha, inoltre, partecipato alle udienze innanzi alla Corte di appello di Genova con l’assistenza di un interprete, che ha tradotto l’ordinanza di convalida e di applicazione della misura coercitiva, il decreto di fissazione della successiva udienza; la sentenza impugnata è, inoltre, stata pubblicata mediante lettura alle parti presenti e traduzione al R.R. come risulta attestato nel verbale di udienza.
La Corte di appello ha, dunque, correttamente rilevato che la mancata presenza dell’interpreta all’atto dell’arresto della persona richiesta in consegna, peraltro non richiesta da alcuna disposizione di legge, non ha recato alcun pregiudizio del diritto di difesa, stante l’immediata celebrazione dell’udienza di convalida alla presenza del difensore e di un interprete di lingua inglese.
L’art. 3, par. 7, della direttiva 2010/64/UE del 20 ottobre 2010, del resto, consente, in relazione a documenti fondamentali per il corretto funzionamento della procedura di consegna (come il mandato di arresto europeo), di fornire una traduzione orale o un riassunto orale, anziché una traduzione scritta, a condizione che tale traduzione orale o riassunto orale, come avvenuto nel caso in esame, non pregiudichi l’equità del procedimento.
Nessuna nullità consegue, da ultimo, alla mancata traduzione scritta della sentenza impugnata.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, in tema di mandato di arresto europeo, non sussiste alcun obbligo di traduzione nella lingua nazionale della persona richiesta, che non conosce la lingua italiana, della motivazione della sentenza della corte di appello che dispone la consegna. Il consegnando, anche senza oneri personali (quando sussistano i presupposti del patrocinio a spese dello Stato), ha infatti la facoltà di avvalersi d un interprete di fiducia per la traduzione della sentenza, con eventuale )/
differimento del relativo termine per l’impugnazione (ex plurimis: Sez. 6, n. 38639 del 30/09/2009, COGNOME, Rv. 245314 – 01; conf. Sez. 2, n. 16491 del 18/04/2024, COGNOME, non massimata; Sez. 6, n. 5760 del 04/02/2011, COGNOME, Rv. 249453 – 01 con riferimento all’insussistenza di alcun obbligo di traduzione della motivazione della sentenza di estradizione della Corte d’appello nella lingua nazionale dell’estradando).
La mancata traduzione della sentenza, peraltro, non ha impedito al ricorrente di proporre l’articolata impugnazione sottoposta alla cognizione della Corte di cassazione tramite i difensori di fiducia, ai quale ha conferito procura speciale, né sono stati evidenziati profili di effettiva compressione del diritto di difesa.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta · il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 22, comma 5, della legge n. 69 del 2005.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2024.