Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47708 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47708 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato in Albania il 09/06/1979
avverso l’ordinanza del 07/12/2024 della Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Milano ha convalidato l’arresto di NOME COGNOME in esecuzione del mandato di arresto processuale emesso in data 26/11/2024 all’autorità giudiziaria della Germania (Tribunale di Stoccolma) per i reati di produzione, vendita e acquisto illecito di sostanze stupefacenti, commessi in Esslinger e Stoccolma nei mesi di marzo e aprile 2020, e ha applicato nei suoi confronti la misura cautelare della custodia in carcere.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 9, comma 5-bis, e 12, comma 1-bis, I. n. 69 del 2005, in quanto, al momento dell’arresto, la polizia giudiziaria non ha dato l’avviso della facoltà di nominare un difensore di fiducia nello Stato membro di emissione del mandato.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 9 I. n. 69 del 2005 per mancanza di un concreto pericolo di fuga, tenuto conto che il ricorrente, oltre alla cittadinanza albanese, ha anche la cittadinanza italiana, è proprietario di un immobile in Italia, locato al fratello percepisce una indennità di disoccupazione ed è, quindi in grado di vivere dignitosamente in Italia. Oltre a ciò, egli si è spontaneamente presentato alla polizia giudiziaria dopo che, al primo accesso, non era stato rinvenuto presso la propria abitazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
L’art. 12 della I. n. 69 del 2005 disciplina gli adempimenti conseguenti all’arresto ad iniziativa della polizia giudiziaria; in particolare, il comma 1 prevede l’obbligo di informare la persona, in una lingua alla stessa comprensibile, del mandato emesso e del suo contenuto, di consegnarle una comunicazione scritta, redatta in forma chiara e precisa, con cui renderla edotta della possibilità di acconsentire alla propria consegna all’autorità giudiziaria emittente, della facoltà di nominare un difensore di fiducia, con l’avvertimento che, in caso di mancata nomina, sarà nominato un difensore di ufficio, e del diritto di essere assistita da un interprete; il successivo comma 2 stabilisce l’obbligo di dare immediata comunicazione dell’arresto al difensore.
Il comma 1-bis, introdotto con d. Igs. n. 184 del 2016, attraverso il richiamo all’art. 9, comma 5-bis, primo periodo, ha previsto che la polizia giudiziaria informi l’arrestato anche della facoltà di nominare un difensore nello Stato di emissione.
La previsione dà attuazione alla direttiva 2013/48/UE, che ha dettato una disciplina comune agli Stati membri quanto alle facoltà difensive da riconoscere a favore della persona sottoposta alla procedura di consegna, al fine di consentire che la stessa sia posta in grado di esercitare in modo effettivo i propri diritti.
La facoltà di nominare un difensore nello Stato di emissione è prevista affinché questo possa «assistere il difensore nello Stato membro di esecuzione, fornendogli informazioni e consulenza ai fini dell’effettivo esercizio dei diritti delle persone
ricercate di cui alla decisione quadro 2002/584/GAI» (art. 10, par. 4). La stessa direttiva ha stabilito che di tale facoltà sia informata la persona ricercata «senza indebito ritardo dopo la privazione della libertà personale» (art. 10, par. 4).
Quanto alle conseguenze di eventuali omissioni degli obblighi informativi, l’art. 1, comma 3, prevede che dia luogo a nullità dell’arresto solo la violazione dei precedenti commi 1 e 2, e non quella del comma 1-bis.
L’interpretazione di tali disposizioni non è stata univoca.
Secondo il prevalente orientamento, pur in assenza di una espressa sanzione processuale prevista dalle citate norme, l’omesso avviso alla persona della quale è chiesta la consegna della facoltà di nominare un difensore nello Stato che ha emesso il mandato, concernendo l’assistenza dell’arrestato, determina una nullità generale a regime intermedio, che deve essere eccepita in caso di arresto di polizia giudiziaria non oltre l’udienza di convalida dell’arresto (Sez. 6, n. 35818 del 10/12/2020, COGNOME, Rv. 280114-02; Sez. 6, n. 51289 del 06/11/2017, COGNOME Rv. 271501; Sez. 6, n. 24301 del 09/05/2017, Rv. 270377).
Secondo l’opposto orientamento, dovendo escludersi che la lacuna normativa sia il frutto di un difetto di coordinamento tra la modifica dell’art. 12, introdott con il d. Igs. n. 184 del 2016, e il comma 3 della medesima disposizione, si deve ritenere che la violazione del comma 1-bis non determini alcuna invalidità o inefficacia dell’atto di arresto né della sentenza che dispone la consegna dell’interessato (Sez. 6, n. 17592 del 05/04/2017, Bulai, Rv. 269879 – 01).
Su questa scia si pone anche Sez. 6, n. 52013 del 16/10/2018, COGNOME, Rv. 274611, che esclude la nullità del verbale di arresto in considerazione dell’inequivoco dato testuale e rileva che, come è dato ricavare dalla Relazione illustrativa allo schema del decreto legislativo, «il legislatore delegato ha ritenuto che la gran parte delle garanzie difensive previste dalla direttiva 2013/48/UE per le persone ricercate per l’esecuzione di un mandato d’arresto europeo trovasse già attuazione nella normativa nazionale, anche grazie al rinvio, previsto dall’art. 39 I. n. 69 del 2005, alle norme del codice di rito».
Per questo tale pronuncia ha escluso che la violazione dell’art. 12, comma 1bis, I. n. 69 del 2005 determini una nullità del verbale di arresto e ha ritenuto sufficiente, per la particolare informazione costituita dall’avviso della facoltà di nominare un difensore anche nello Stato membro di emissione, il meccanismo “integrativo” disegnato dal codice negli artt. 391, comma 2, e 294, comma 1-bis, cod. proc. pen., rispettivamente per la fase dell’arresto e per quella dell’esecuzione dell’ordinanza cautelare, tenuto anche conto del fatto che la direttiva 2013/48/UE non ha stabilito termini cogenti per lo Stato di esecuzione per la comunicazione della facoltà della nomina di un difensore nello Stato di emissione così non
escludendo «modelli informativi nazionali che prevedano che la stessa possa essere fornita dal giudice in sede di convalida (o di interrogatorio)».
Ritiene il Collegio di ribadire quest’ultimo orientamento e di escludere che l’omissione dell’avviso di cui all’art. 12, comma 1-bis. I. n. 69 del 2005 sia sanzionata con una nullità, non essendo superabile la formulazione letterale del comma 3 del medesimo articolo, che espressamente prevede tale sanzione solo per l’omissione degli avvisi di cui ai commi 1 e 2. Tale assetto normativo è conforme alle previsioni della direttiva 2013/48/UE, che stabiliscono un obbligo di assistenza in capo allo Stato di esecuzione, al solo fine di “agevolare” la persona arrestata, che è necessariamente assistita da un difensore di fiducia o di ufficio nello Stato di esecuzione, nella nomina di un difensore anche nello Stato di emissione (cfr. considerando n. 46 e art. 10, par. 4).
Ciò premesso, nel caso di specie l’avviso della facoltà di nominare un difensore nello Stato di emissione è stato, seppur tardivamente, fornito all’udienza di convalida. L’arrestato, in quella sede, si è riservato la nomina. Non risulta, né è stato allegato dal difensore, che dal tardivo avviso ritardo sia derivato all’arrestato alcun pregiudizio.
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Va premesso che, in tema di mandato di arresto europeo, l’unico rimedio esperibile avverso i provvedimenti relativi a misure cautelari personali è il ricorso per cassazione per violazione di legge, a norma degli artt. 9, comma 7, della L. n. 69/2005 e 719 cod. proc. pen., che può essere dunque proposto per dedurre, oltre ad errori di diritto, anche l’inesistenza della motivazione o per la presenza di una motivazione solo apparente, ma non vizi logici della stessa (Sez. 6, n. 10906 del 06/03/2013, Rv. 254418).
Inoltre, va rilevato che la valutazione delle esigenze cautelari in tema di misure coercitive disposte nell’ambito di una procedura passiva di mandato di arresto europeo risponde ad esigenze diverse rispetto alla analoga valutazione richiesta per le misure emesse per ragioni di giustizia interna. Infatti, l’applicazione di misure coercitive alla persona richiesta deve tener conto dell’esigenza di garantire che la stessa non si sottragga alla consegna (art. 9, comma 4, I. n. 69 del 2005), ciò in quanto lo Stato italiano ha assunto a livello internazionale l’impegno di consegnare le persone ricercate da altri Stati dell’Unione europea per ragioni di giustizia e che si trovino sul suo territorio. Inoltre, la presenza de ricercato sul territorio italiano costituisce il presupposto indefettibile di fatto del decisione di consegna (cfr. Sez. 6, n. 1317 del 12/01/2023, Rv. 284146).
Su punto l’ordinanza impugnata ha rilevato che l’autorità richiedente ha rappresentato l’esistenza di complici nei traffici illeciti per cui si procede, dai qual
il ricorrente potrebbe ricevere ausilio per sottrarsi al procedimento. Nessuna rilevanza è stata annessa alla circostanza che questi, dopo essersi consultato con il proprio avvocato, si sia presentato ai carabinieri, che non lo avevano trovato presso la sua abitazione il giorno precedente, in quanto, da un lato, tale condotta non dimostra che egli fosse consapevole del fatto che sarebbe stato tratto in arresto nel giro di poche ore in esecuzione di un mandato di arresto internazionale e, dall’altro, non è indicativa della volontà di non volersi sottrarre alla eventuale consegna.
Tale motivazione non è apodittica né errata in diritto, per cui, alla luce dei criteri sopra indicati, sfugge al sindacato di legittimità.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. proc.
Così deciso il 30/12/2024.