Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2323 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2323 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Sassari il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/01/2023 della Corte di Appello Cagliari Sezione distac- cata di Sassari
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO che ha insistito nell’accoglimento dei motivi.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento indicato in epigrafe, la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, ha confermato la sentenza emessa il 2 ottobre 2019 dal Tribunale di Sassari, con cui il ricorrente è stato condannato alla pena di mesi sei di reclusione per i reati di minaccia aggravata e resistenza a pubblico ufficiale (capi A e B), con le attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva specifica, reiterata e infraquinquennale (commessi il 9 giugno 2015)
Tramite il proprio difensore di fiducia, ha proposto ricorso NOME COGNOME articolando un unico motivo con cui deduce vizio della motivazione in merito all’accertamento del reato di resistenza a pubblico ufficiale sul rilievo che la condotta oppositiva è stata realizzata dall’imputato solo al fine di sottrarsi al suo accompagnamento forzoso presso una struttura sanitaria, senza che fosse in corso di esecuzione un trattamento sanitario obbligatorio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché proposto dal difensore senza lo specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenza impugnata, secondo quanto previsto dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.
Le nuove disposizioni di cui all’art. 581, commi 1-ter e 1-quater cod. proc. pen., introdotte dall’art. 33 del d.lgs. 150/2022 (c.d. Riforma Cartabia), prevedono, a pena di inammissibilità, che unitamente all’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori sia depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio ai fin della notificazione del decreto di citazione a giudizio (art. 581 co. 1-ter), nonché, ove trattasi di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza che, unitamente all’atto di impugnazione sia depositato specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizi (art. 581 co. 1-quater).
Più precisamente, il comma 1-ter stabilisce che “con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”.
Il successivo comma 1-quater prevede che “nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza, con l’atto di impugnazione del difensore è depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato a impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”.
La normativa transitoria di cui all’art. 89 del d.lgs. n.150/2022 prevede, poi, al comma 3 che: “Le disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, del codice di procedura penale si applicano per le sole impugnazioni proposte avverso sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore del presente decreto. Negli stessi casi si applicano
anche le disposizioni dell’articolo 175 del codice di procedura penale, come modificato dal presente decreto.”.
Pertanto, le previsioni di cui agli artt. 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, e 585, comma 1-bis, cod. proc. pen., circa le nuove incombenze imposte per impugnare e i nuovi termini previsti per le impugnazioni nel caso di imputato giudicato in assenza, si applicano alle sentenze di primo o secondo grado pronunciate in data successiva all’entrata in vigore del decreto, senza che rilevi se la dichiarazione di assenza sia avvenuta prima dell’entrata in vigore della riforma.
La citata normativa transitoria considera rilevante, infatti, solo la data di pronuncia della sentenza ai fini dell’applicazione delle nuove disposizioni in tema di impugnazione specificate al comma 3 dell’art. 89 del d.lgs. n. 150/2022, diversamente dalle altre disposizioni sull’assenza e da quelle in terna di rescissione di cui al comma 1 dell’art. 89 cit., che continuano ad essere regolate dalle disposizioni ante riforma se la dichiarazione di assenza sia avvenuta prima della entrata in vigore della riforma (30 dicembre 2022).
Nel caso in esame la sentenza impugnata è stata emessa dalla Corte di appello di Cagliari in data 11 gennaio 2023, quindi, dopo l’entrata in vigore delle succitate disposizioni processuali che hanno introdotto le anzidette cause di inammissibilità correlate alla disciplina delle notificazioni degli atti introduttivi del dizio di impugnazione ed al giudizio in assenza.
Pertanto, anche se l’atto di appello, in quanto relativo ad una sentenza di primo grado emessa dal Tribunale di Sassari in data 2 ottobre 2019, e dunque prima del 30 dicembre 2022, come anche il relativo giudizio di appello, restano fuori dall’ambito di applicazione delle nuove disposizioni introdotte dalla c.d. “Riforma Cartabia” (essendo l’applicazione integrale della nuova normativa in materia di assenza esclusa dal comma 3 dell’art. 89 cit. che pone come discrimine temporale il momento in cui è intervenuta la dichiarazione di assenza nel giudizio di primo grado), al contrario, la impugnazione della sentenza di appello, emessa dopo l’entrata in vigore della riforma, resta subordinata all’osservanza delle condizioni richieste dalle predette disposizioni, che a pena di inammissibilità disciplinano le forme dei mezzi di impugnazione in AVV_NOTAIO.
Se è pur vero che la nuova disciplina dell’assenza in appello di cui all’art. 598-ter cod.proc.pen. non può trovare applicazione per i processi rispetto ai quali, anche in primo grado, la dichiarazione di assenza sia stata già resa alla data del 30 dicembre 2022 (ex art. 89, comma 3 cit.), tuttavia, ciò non esclude, qualora l’imputato appellante sia rimasto assente anche nel solo giudizio di appello – come nel caso in esame – che l’impugnazione con il ricorso per cassazione avverso la
sentenza emessa nel giudizio di appello debba anch’essa sottostare alla disciplina AVV_NOTAIO delle forme dell’impugnazione di cui all’art. 581 cod proc. pen., come novellato dall’art. 33 del d.lgs. n.150/2022 cit., in applicazione della normativa transitoria sopra richiamata, che espressamente ne prevede l’immediata applicazione proprio per le disposizioni degli articoli 157-ter, comma 3, 581, commi 1-ter e 1-quater, 585, comma 1-bis, e 175, cod. proc. pen., tutte riferite, direttamente o indirettamente, alle formalità dell’impugnazione.
Peraltro, in ragione della presentazione dell’appello prima dell’entrata in vigore della nuova disposizione di cui all’art. 581, comma 1-quater cod. proc. pen., che impone come condizione di ammissibilità il rilascio di un mandato specifico ad impugnare successivo alla sentenza da impugnare, si giustifica a maggior ragione l’applicazione di detta disposizione per la presentazione del ricorso per cassazione, considerate le minori garanzie di conoscenza del processo celebrato in assenza dell’imputato nel grado di appello sotto la vigenza della normativa previgente.
5. A tale riguardo, va osservato che con la “Riforma Cartabia”, nel dare attuazione ai criteri fissati all’art. 1, comma 7, della legge delega 27 settembre 2021, n. 134, il giudizio in assenza è stato sottoposto ad una significativa opera di rimodulazione che, pur senza stravolgere l’istituto, ne ha comunque innovato alcuni rilevanti profili.
Innanzitutto, attraverso l’eliminazione di ogni forma di presunzione, con una più stringente disciplina che riduce la possibilità di procedere in assenza ai soli casi in cui risulti certa la conoscenza del processo da parte dell’imputato rimasto assente o quando la sua assenza sia dovuta a una sua scelta volontaria e consapevole per effetto di una espressa rinuncia a comparire .
Nel prevedere, poi, che fuori dai predetti casi, sulla falsariga tracciata dalla giurisprudenza di legittimità (vedi, Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, NOME, Rv. 279420), quando non si abbia certezza assoluta dell’effettiva conoscenza della citazione a giudizio o della rinuncia dell’imputato a comparire, si possa comunque procedere in assenza dell’imputato solamente quando il giudice, valutate le modalità di notificazione e ogni altra circostanza del caso concreto, ritenga provato con ragionevole certezza che l’imputato ha avuto conoscenza della pendenza del processo e che la sua assenza è dovuta a una scelta volontaria e consapevole (ex art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen.).
È stato, poi, espressamente previsto, accentuando una linea interpretativa già percorsa dalla giurisprudenza di legittimità (vedi, Sez. U, 28 febbraio 2019, Innaro, Rv.275716), che la conoscenza deve riferirsi non al procedimento, ovvero agli atti prodromici al rinvio a giudizio, ma neppure alla semplice esistenza di
un’accusa formalizzata in un atto di citazione a giudizio (c.d. vocatio in judicium), dovendosi estendere ora alla conoscenza della pendenza del processo nei due gradi di giudizio (ex artt. 420-bis, comma 2, e 598-ter cod. proc. pen.).
Il più saliente tratto distintivo della riforma è dato proprio dalla prevista ne cessità (ex art. 598-ter cod. proc. pen.) che anche la pendenza del giudizio d’appello sia specificamente conosciuta dall’imputato, poiché la AVV_NOTAIO conoscenza del processo non vale a soddisfare il requisito della conoscenza della pendenza del medesimo, quando l’imputato non abbia proposto appello personalmente, come consentito dall’art. 571, comma 1, cod. proc. pen. e diversamente dal ricorso per cassazione che richiede sempre la necessaria assistenza tecnica del difensore.
Nel giudizio di appello, in base alla nuova disciplina di cui all’art. 598-ter cit. nella fase della costituzione delle parti deve ora procedersi alla verifica della sussistenza delle condizioni previste dall’art. 420-bis cod. proc. pen. in modo non dissimile da quanto previsto nell’udienza preliminare e nel giudizio di primo grado ex art. 484 cod. proc. pen., essendo richiesto che la conoscenza della pendenza del processo non si limiti alla conoscenza della vocatio in iudicium, ma vada riferita alla pendenza del processo sia di primo che di secondo grado, tanto da prevedere, a determinate condizioni, la sospensione del processo nel giudizio di appello, anche quando, in ipotesi, il processo di primo grado si sia svolto in presenza dell’imputato.
Prima dell’entrata in vigore della riforma, nella fase della costituzione delle parti nel giudizio di appello poteva valere solo il generico richiamo, nei limiti della compatibilità, alle disposizioni del giudizio di primo grado in quanto applicabili (ex art. 598 cod. proc. pen.), che rendeva in concreto inapplicabile la sospensione del processo prevista per l’udienza preliminare e per il giudizio di primo grado dall’art. 420-quater cod. proc. pen., perché correlata ad una verifica della conoscenza effettiva del procedimento intesa come conoscenza della imputazione consacrata in un atto formale di citazione a giudizio (vedi, Sez. 6, n. 43140 del 19/9/2019, COGNOME Limam, Rv. 277210, in tema di rescissione del giudicato, secondo cui la conoscenza del processo che preclude la rescissione «deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium», escludendo che sia sufficiente la conoscenza dell’avviso di chiusura delle indagini, ma evidentemente non ravvisando affatto necessaria ai fini della regolare celebrazione del processo in absentia che la conoscenza effettiva del procedimento si estendesse anche ai successivi gradi di giudizio).
Il vaglio della corretta instaurazione del processo in absentia nel giudizio di appello era incentrato sulla rilevabilità delle cause di nullità del giudizio di prim grado, ed in particolare delle nullità previste dall’art. 604, comrna 5-bis,cod. proc.
pen., riferite comunque alla mancata conoscenza della celebrazione del processo di primo grado.
6. La nuova disciplina introdotta dall’art. 598-ter cod. proc. pen. impone ora che nel giudizio di appello, oltre la formale corretta verifica delle notificazioni ed prescindere dalla insussistenza di cause di nullità afferenti il processo di primo grado (ex art. 604, comma 5-bis cit.), si debba assicurare la conoscenza effettiva della pendenza del giudizio in appello.
In particolare, si distingue il caso dell’imputato appellante da quello dell’imputato appellato, mentre non sono previste particolari differenze ai fini della disciplina dell’assenza a seconda che il giudizio si svolga con un mero contraddittorio cartolare ex art. 598-bis cod. proc. pen. o con la partecipazione delle parti ex artt. 599 e 602 cod. proc. pen.
Ai sensi dell’art. 598-ter, comma 1, cod. proc. pen., l’imputato appellante “non presente all’udienza di cui agli artt. 599 e 602 è giudicato in assenza anche fuori dei casi di cui all’art. 420 bis”.
Lo stesso avviene nel caso in cui si proceda con il c.d. rito cartolare, in camera di consiglio ai sensi dell’art. 598-bis cod. proc. pen., senza la partecipazione delle parti, ricavandosi tale assimilazione dalla disposizione di cui al comma 4 dell’art. 598-ter cit. che prevede la sospensione del processo per difetto delle condizioni per procedere in assenza sempre e solo nel caso di imputato non appellante.
La irrilevanza delle condizioni richieste dall’art. 420-bis commi 1, 2, e 3 cod. proc. pen. per procedere in assenza nel giudizio di appello, quando è l’imputato ad appellare è una conseguenza diretta della prevista necessità che l’impugnazione sia accompagnata, ai sensi dell’art 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., laddove ad impugnare sia il difensore dell’imputato rimasto assente durante il giudizio di primo grado, dall’allegazione, a pena di inammissibilità dell’impugnazione, dell’elezione di domicilio resa dall’imputato, nonché di uno specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la sentenza da gravare.
La conoscenza della pendenza del processo in appello è ugualmente assicurata, in linea di principio, anche quando ad impugnare sia il difensore dell’imputato che sia stato presente in primo grado, perché, contestualmente all’impugnazione, a pena di inammissibilità (ex art. 581, comma 1-ter), deve essere sempre depositata la dichiarazione o l’elezione di domicilio ai fini della notificazione del decre di citazione a giudizio.
La parte più rilevante della disposizione sul giudizio d’appello in assenza si coglie con riguardo al caso dell’imputato non appellante, in relazione al quale, il secondo comma dell’art. 598-ter cit. stabilisce che, in caso di regolarità delle notificazioni, laddove l’imputato non appellante non sia presente all’udienza di cui
agli artt. 599 e 602 – e comunque anche nel caso di procedimento camerale con rito cartolare (ex art. 598-ter, comma 4) – deve essere verificata la sussistenza delle condizioni per procedere in assenza ai sensi dell’art. 420-bis, commi 1, 2 e 3, cod. proc. pen., e, ove non soddisfatte, la Corte di appello deve sospendere il processo e ordinare le ricerche dell’imputato ai fini della notificazione a mani proprie del decreto di citazione in appello, entro il termine di definizione del giudizio di appello fissato in due anni per la declaratoria di improcedibilità prevista dall’art.344-bis cod.proc.pen.
7. La nuova disciplina, certamente più rigorosa, del giudizio in assenza, ora estesa anche al giudizio di appello nei limiti sopra specificati, non consente di ritenere che il legislatore della riforma, nel disciplinare le formalità dell’impugnazione, introducendo nuovi momenti di partecipazione diretta e consapevole dell’imputato, abbia inteso limitarli al solo mezzo di impugnazione costituito dall’appello, escludendo il ricorso per cassazione.
Una tale riduttiva interpretazione, seppure supportata dal dato testuale del riferimento alla dichiarazione o elezione di domicilio “ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio”, contenuto in entrambe le disposizioni di cui ai commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 cit., secondo il Collegio è insostenibile perché si pone in netta antitesi con la ratio dell’intervento riformatore, volto a ridurre al massimo le impugnazioni “inconsapevoli”, ossia non partecipate dall’imputato, e correlativamente a ridurre in concreto lo spazio di applicazione dei rimedi restitutori (rescissione del giudicato ex art. 629-bis cod. proc. pen. e restituzione nel termine ex art. 175, comma 2.1., cod. proc. pen.), sebbene detto spazio sia stato in astratto correlativamente ampliato a garanzia della effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato e, soprattutto, per salvaguardare il diritto di impug nazione.
Se è vero che la più rigorosa disciplina dell’assenza riduce il rischio di celebrare processi a carico di imputati involontariamente inconsapevoli, essendo state accentuate le occasioni di verifica della conoscenza effettiva del processo nel corso di entrambi i gradi del giudizio di merito (nella fase dell’udienza preliminare e nella fase della costituzione delle parti di primo e secondo grado), tuttavia tale obiettivo è stato ulteriormente considerato anche nel momento di presentazione dell’atto di impugnazione, prevedendosi la necessità di uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza da impugnare al difensore dall’imputato rimasto assente nel giudizio.
Siffatta necessità, che presuppone il diretto coinvolgimento dell’imputato, chiamato a rilasciare uno specifico mandato al difensore per impugnare, costituisce un indice ulteriore di conoscenza certa della pendenza del processo.
Deve considerarsi che, prima della riforma, la conoscenza del processo, sufficiente ad evitare la rescissione del giudicato, veniva riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di “vocatio in iudicium”, senza necessità che tale conoscenza si estendesse anche alla pendenza del grado di appello, essendo espressamente specificato dal testo previgente dell’art. 629-bis cod. proc. pen. che l’assenza doveva essersi protratta per tutta la durata del processo.
Correlativamente al più ampio ambito di applicazione delle regole del giudizio in absentia, anche la disciplina della rescissione del giudicato è stata modificata perché rapportata alla prova della mancanza di conoscenza della pendenza del processo che può essere ora riferita anche soltanto al giudizio di appello, potendo il condannato ottenere la rescissione del giudicato ai sensi dell’art. 629-bis cod. proc. pen., nuovo testo, qualora provi “che non abbia potuto proporre impugnazione della sentenza nei termini senza sua colpa, salvo risulti che abbia avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo prima della pronuncia della sentenza” ed essendo previsto, al comma 3, che in caso di accoglimento della richiesta di rescissione sia revocata la sentenza e disposta “la trasmissione degli atti al giudice della fase o del grado in cui si è verificata la nullità”, diversamente dal previgente testo dell’art. 629-bis, comma 3, cod. proc. pen. che prevedeva, in coerenza al precedente sistema, la restituzione al solo giudice di primo grado.
Inoltre, con l’art. 175 cod. proc. pen., al novellato comrna 2.1., introdotto dall’art. 11 del d.lgs. 150/2022 cit., è stata prevista una nuova specifica ipotesi di restituzione nel termine di impugnazione per l’imputato giudicato in assenza, se, “nei casi previsti dall’art. 420-bis, commi 2 e 3, fornisce la prova di non avere avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa”.
In tale quadro normativo, in cui l’accertamento della conoscenza della pendenza del processo è tutelato anche nel caso in cui l’imputato abbia presenziato al primo grado di giudizio e sia rimasto assente unicamente nel giudizio di appello, tanto da poter attivare il rimedio della rescissione – si pensi al caso dell’imputato presente ed assolto in primo grado e condannato in assenza a seguito dell’appello del pubblico ministero – , risulterebbe distonica l’esclusione del ricorso per cassazione dall’ambito di applicazione della condizione di ammissibilità che, per il giudizio in assenza, prevede la necessità di una interlocuzione del difensore con l’imputato, successiva alla sentenza impugnata, finalizzata ad assicurare ai fini della impugnazione la conoscenza della pendenza del giudizio da parte dell’imputato assente.
La ratio della norma che impone uno specifico mandato conferito successivamente alla fase di giudizio che si impugna è la medesima sia per l’appello che per
il ricorso per cassazione: prevenire situazioni suscettibili di dare luogo a processi in cui l’imputato, rimasto assente nel giudizio, sia del tutto ignaro della pendenza del processo, con conseguente innalzamento del rischio che il processo sia stato celebrato inutilmente, venendo alla fine travolto dalla rescissione del giudicato.
Questa esigenza, dettata da ovvie ragioni di efficienza del sistema, peraltro, si presenta accresciuta dall’ampliamento della platea delle sentenze inappellabili (vedi art. 593, comma 3, come modificato dall’art. 34 del d.lgs. 150/2022 cit.) che aumentano il rischio di ricorsi in cassazione per processi in absentia suscettibili di essere travolti dalla rescissione del giudicato, senza considerare il ricorso immediato per cassazione ex art. 569 cod proc. pen. (cd. ricorso “per saltum”) che pone lo stesso ordine di problemi, apparendo ancora più incomprensibile un maggiore rigore formale per proporre appello rispetto al ricorso per cassazione avverso le medesime tipologie di sentenza.
Non si ritiene, pertanto, condivisibile l’orientamento secondo cui l’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., novellato dall’art. 33, comma 1, lett. d), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, fissi degli adempimenti riferiti alla celebr zione del giudizio di merito di secondo grado (in tal senso, vedi Sez. 4, n. 22140 del 03/05/2023, NOME COGNOME, Rv. 284645; che ha affermato tale principio occupandosi nello specifico di un appello promosso in sede cautelare ex art. 310 cod. proc. pen.).
Si tratta, al contrario, di disposizioni inserite tra quelle che regolano in AVV_NOTAIO il sistema delle impugnazioni e riferite ai mezzi di impugnazione, a parte il comma 1-bis dell’art. 581 cit. che, sebbene collocato nella stessa sede, evidentemente inappropriata, si riferisce senza alcun margine di dubbio all’appello, regolandone espressamente i requisiti di specificità dei relativi motivi.
Né vale obiettare che, essendo stata ripetuta con riguardo al giudizio in assenza, oltre alla previsione della necessità del mandato successivo alla sentenza richiesta dal comma 1-quater, anche la inclusione nella stessa disposizione della dichiarazione o elezione di domicilio finalizzata alla notifica del decreto di citazione a giudizio, entrambe le disposizioni, e, quindi, non solo il comma 1-ter, ma anche il comma 1-quater, non potrebbero essere mai riferite al ricorso per cassazione, la cui disciplina non prevede la notificazione di un decreto di citazione a giudizio dell’imputato e delle altre parti private.
In realtà, occorre rilevare che, trattandosi di disposizioni di carattere AVV_NOTAIO, la loro applicazione deve necessariamente essere in concreto rapportata alle specificità dei differenti mezzi di impugnazione, non essendo chiaramente applicabili nelle parti in cui risultino incompatibili con la peculiare di sciplina del mezzo di impugnazione in concreto considerato.
Con riferimento alla disposizione del comma 1-ter, che pure prescinde dal giudizio in absentia, si deve, infatti, ritenere che tale d isposizione possa trovare applicazione anche per il ricorso per cassazione nel solo caso in cui sia prevista la notificazione all’imputato dell’avviso dell’udienza.
Infatti, nel giudizio di cassazione le disposizioni di cui ai commi 1 e 5 dell’art. 610 cod. proc. pen. prevedono che l’avviso della data dell’udienza in cui è fissata la trattazione è comunicata soltanto ai difensori.
Nessun avviso è dato all’imputato, salvo che nel caso previsto dall’art. 613, comma 4, cod. proc. pen., in cui, in mancanza di un diFensore di fiducia, è previsto che l’avviso di fissazione dell’udienza sia dato anche all’imputato.
Ne deriva che il ricorso per cassazione potrebbe essere dichiarato inammissibile ai sensi del comma 1-ter cit. solo in questo limitato caso, non essendo evidentemente possibile applicare una condizione prevista a pena di inammissibilità per i casi diversi in cui non è previsto alcun avviso all’imputato, trattandosi di un adempimento inutile per il ricorso per cassazione.
Il riferimento al decreto di citazione deve, quindi, ritenersi in senso atecnico, quale equipollente di un atto introduttivo del giudizio, in coerenza con quanto stabilito nella legge delega 27 settembre 2021, n.134.
Ne consegue che, con la disposizione di cui al comma 1-ter (diversamente da quella di cui al comma 1-bis riferita espressamente all’appello), sono state introdotte delle prescrizioni formali funzionali non solo alla notificazione del decreto di citazione nel giudizio di appello ma anche all’avviso di fissazione dell’udienza nel giudizio di legittimità.
Dalla relazione illustrativa al d.lgs. n.150/2022 emerge, infatti, che la norma di cui all’art. 581,comma 1-ter risulta emanata in attuazione dei principi di delega stabiliti dall’art. 1, comma 13, lett a), della legge n.134/2021′ che testualmente così dispone:
” a) fermo restando il criterio di cui al comma 7, lettera h), dettato per i processo in assenza, prevedere che con l’atto di impugnazione, a pena di inammissibilità, sia depositata dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notific zione dell’atto introduttivo del giudizio di impugnazione”.
L’art. 1, comma 7, lett. h) della legge delega riguarda il principio trasfuso nel nuovo comma 1 quater del nuovo articolo 581 cod proc pen, che così dispone:
“prevedere che il difensore dell’imputato assente possa impugnare la sentenza solo se munito di specifico mandato, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza; prevedere che con lo specifico mandato ad impugnare l’imputato dichiari o elegga domicilio per il giudizio di impugnazione”.
Va rimarcata, quindi, anche l’autonomia delle due disposizioni di cui ai commi 1-ter e 1-quater, che rispondono ad esigenze differenti.
La prima, si prefigge di prevenire cause di nullità collegate alla notificazione degli atti introduttivi del giudizio di impugnazione, imponendo al difensore di individuare un luogo certo in cui deve essere notificato all’imputato l’avviso dell’udienza attraverso il deposito di una nuova elezione o dichiarazione di domicilio, evitando gli errori correlati anche alla eventualità, tutt’altro che infrequent che nel corso del procedimento siano state formalizzate plurime e differenti elezioni di domicilio da parte dell’imputato.
La seconda disposizione attiene, come osservato, esclusivamente al giudizio in absentia, essendo volta a prevenire possibili cause di rescissione del giudicato.
11. Si ritiene, quindi, di dover dare seguito all’orientamento di legittimità con cui è stato affermato che la menzionata disposizione di cui al comma 1-quater cit., collocata tra le norme generali sulle impugnazioni, predispone un regime funzionale a garantire l’esercizio consapevole del diritto di impugnazione, cui deve ritenersi informato anche il giudizio per cassazione (Sez. 5 n. 39166 del 4/7/2023, COGNOME, non mass.; Sez. 6, n. 41309 del 20/09/2023, S., Rv. 285353; Sez. 4, n. 43718 del 11/10/2023, Ben NOME COGNOME, Rv. 285324; Sez. 3, n. 46690 del 09/11/2023 Baum Adrian, Rv. 285342).
La finalità del legislatore della riforma di ridurre il rischio della celebrazion di giudizi nella fase di impugnazione che possano rimanere esposti alla rescissione del giudicato, e quindi, in definitiva, di evitare l’inutile dispendio di energie pr cessuali, vale anche per il giudizio in cassazione, e non comporta una limitazione irragionevole del diritto di impugnazione (in tal senso, vedi Sez. 4, n. 43718 succitata, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dedotta dalla difesa dell’imputato), essendo state previste delle tutele compensative attraverso l’ampliamento di quindici giorni del termine per impugnare per l’imputato assente (ex art. art. 585, comma 1-bis cod. proc. pen.) e, soprattutto, prevedendo la specifica ipotesi della restituzione in termini per impugnare (ex art. 175, comma 2.1. cod. proc. pen.), collegata alla celebrazione del giudizio in assenza.
Occorre considerare che la compressione del diritto previsto dall’art. 571, comma 3, cod. proc. pen. di proporre autonoma impugnazione da parte del difensore dell’imputato al momento del deposito del provvedimento – pur se non negli stessi termini – era già stata prevista dal comma 3, poi soppresso dall’art. 46 della I. 16 dicembre 1999, n. 479, per il giudizio in contumacia (ccntro una sentenza contumaciale era stato previsto che il difensore potesse proporre impugnazione
solo se munito di specifico mandato, rilasciato con la nomina o anche successivamente nelle forme per questa previste).
Infine, per completezza di disamina, corre l’obbligo di precisare che la seconda parte della disposizione di cui al comma 1-quater, attinente alla necessità che il mandato specifico ad impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenza contenga anche la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio, non può certamente essere riferita al giudizio in cassazione.
Ciò perché, diversamente dall’unico caso in cui, come sopra osservato, può trovare applicazione la disposizione del comma 1-ter cit. anche nel procedimento in cassazione, ovvero quando l’imputato è assistito da un difensore di ufficio ai sensi dell’art. 613, comma 4, cod. proc. pen.,, all’opposto, quando l’imputato sia rimasto assente nel giudizio di appello, proprio in conseguenza dell’applicazione al ricorso per cassazione del comma 1-quater nella parte in cui si prevede la necessità che l’imputato conferisca uno specifico mandato ad impugnare al suo difensore, deve escludersi la possibilità che l’impugnazione, nel caso di giudizio in assenza, possa essere proposta da un mero difensore di ufficio, non munito di specifica investitura da parte dell’imputato.
È evidente, infatti, che la necessità prevista dall’art. 613, comma 4, cod. proc. pen. di dare avviso all’imputato solo quando sia assistito da un difensore di ufficio, non avrebbe più alcuna coerenza sistematica allorchè il potere di impugnazione del difensore discenda – come nel caso considerato – da uno specifico mandato difensivo conferito personalmente dall’imputato, in modo non dissimile da quanto previsto per il difensore di fiducia.
Si tratta, tuttavia, di una conseguenza imposta dalle peculiarità proprie della procedura del giudizio di cassazione, in cui l’imputato, come tutte le altre parti private, è rappresentato dal suo difensore (ex art. 614 cod. proc. pen.), ma che non contraddice l’estensione al ricorso per cassazione delle predette disposizioni di cui ai commi 1-ter e 1-quater, dovendosi ritenere che tali norme siano da applicare nei limiti della loro compatibilità con le specificità dei differenti mezzi impugnazione, tenendo conto della situazione concreta (in tal senso, vedi Sez 2, n. 38442 del 13/09/2023, NOME, Rv. 285029; secondo cui la previsione dell’art. 581, comma 1-ter non opera per l’imputato detenuto in carcere, posto che tale adempimento risulterebbe privo di effetto in ragione della vigenza dell’obbligo di procedere alla notificazione a mani proprie dell’imputato detenuto).
In altri termini, la disposizione di cui al comma 1-quater 1 sebbene preveda che nel mandato difensivo rilasciato successivamente alla sentenza impugnata sia contenuta anche la elezione/dichiarazione di domicilio ai fini della notificazione del
decreto di citazione a giudizio, non impone che tale ulteriore condizione di ammissibilità dell’impugnazione sia necessaria quando lo specifico mezzo di impugnazione preso in considerazione ne renda superflua ed inutile l’applicazione.
Nel giudizio in absentia, la finalità di assicurare la partecipazione dell’imputato alla presentazione dell’atto di impugnazione, quale indice di conoscenza del processo nel suo intero sviluppo, è comunque assicurata dalla prima parte della disposizione che prevede la necessità che l’imputato, dopo la pronuncia della sentenza da impugnare, conferisca uno specifico mandato difensivo per l’impugnazione.
In conclusione, il ricorso – assorbite le doglianze difensive che investono solo il merito della valutazione delle risultanze probatorie – deve essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’articolo 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., in quanto non contenente lo specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza, a prescindere dalla mancanza della dichiarazione o dell’elezione di domicilio dell’imputato, che non rileva, trattandosi di ricorso proposto da un difensore di fiducia abilitato alla difesa davanti alla Corl:e di cassazione, i che esclude la necessità della notificazione dell’avviso di udienza nei confronti dell’imputato.
All’inammissibilità del ricorso consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente oltre che al pagamento delle spese del procedimento, anche a versare una somma, che si ritiene congruo determinare in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 7 dicembre 2023
Il Co GLYPH re estensore
Il Presidente