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Mandato ad impugnare: quando è obbligatorio l’assente

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, confermando che l’imputato giudicato in assenza deve rilasciare uno specifico mandato ad impugnare al proprio difensore, anche se d’ufficio. La Corte chiarisce che la semplice dichiarazione di assenza nel processo di primo grado è sufficiente a far scattare tale obbligo, a nulla rilevando una successiva detenzione. La decisione sottolinea la finalità della norma: garantire la consapevolezza dell’imputato riguardo alla pendenza del processo di appello.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: Obbligatorio per l’Imputato Assente

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32859 del 2025, torna a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: l’obbligo di un mandato ad impugnare specifico per l’imputato giudicato in assenza. Questa pronuncia ribadisce la rigidità dei requisiti formali per l’appello, evidenziando come la dichiarazione di assenza nel primo grado di giudizio attivi una serie di adempimenti a pena di inammissibilità, indipendentemente da circostanze successive come lo stato di detenzione.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato in primo grado dal Tribunale di Ascoli Piceno, proponeva appello tramite il suo difensore. La Corte di Appello di Ancona, tuttavia, dichiarava l’impugnazione inammissibile. La ragione era la violazione dell’articolo 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale. Nello specifico, all’atto di appello non era stato allegato uno specifico mandato a impugnare, rilasciato dopo la sentenza e contenente l’elezione di domicilio per le notifiche del giudizio di secondo grado.

L’imputato, attraverso il suo legale, ricorreva in Cassazione sostenendo che tale norma non dovesse applicarsi al suo caso, poiché egli si trovava in stato di detenzione. A suo avviso, la detenzione lo rendeva equiparabile a un imputato ‘presente’, con la conseguenza che le notifiche avrebbero dovuto essere eseguite presso il luogo di detenzione, rendendo superfluo il mandato specifico richiesto per gli assenti.

La Decisione della Cassazione e il mandato ad impugnare

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, giudicandolo manifestamente infondato e confermando la decisione della Corte d’Appello. Il punto centrale della decisione è che il presupposto per l’applicazione dell’art. 581, comma 1-quater, c.p.p. è la circostanza che nel processo di primo grado si sia proceduto in assenza dell’imputato. Una volta accertato questo, l’obbligo di depositare il mandato ad impugnare diventa inderogabile.

La Corte ha inoltre smentito la circostanza di fatto addotta dal ricorrente. Dagli atti è emerso che l’imputato non era detenuto al momento della sentenza di primo grado né della presentazione dell’appello, ma era entrato in un istituto di detenzione solo in un momento successivo. Ad ogni modo, la Corte ha chiarito che il dato decisivo e sufficiente era la sua dichiarata assenza nel primo grado di giudizio, assistito da un difensore d’ufficio.

Analisi della Normativa Vigente e Sopravvenuta

La Cassazione ha basato la sua decisione sul testo dell’art. 581, comma 1-quater, c.p.p. vigente al momento della presentazione dell’appello. La norma, introdotta dalla Riforma Cartabia, mira a garantire che l’imputato assente abbia un’effettiva conoscenza della sentenza emessa nei suoi confronti e della volontà di impugnarla, evitando automatismi difensivi.

Interessante è il passaggio in cui la Corte analizza anche la modifica normativa successiva (L. 114/2024), che ha limitato l’obbligo del mandato specifico al solo caso in cui l’imputato assente sia difeso da un avvocato d’ufficio. Pur specificando che tale nuova legge non era applicabile al caso per il principio del tempus regit actum, i giudici hanno sottolineato che, anche se lo fosse stata, l’esito non sarebbe cambiato. Infatti, l’imputato era stato dichiarato assente e assistito proprio da un difensore d’ufficio, ricadendo quindi pienamente anche nella nuova, più ristretta, previsione normativa.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della sentenza si fondano su una logica procedurale rigorosa. La Corte ha spiegato che la disposizione in esame non lede il diritto di difesa (art. 24 Cost.), ma ne disciplina le modalità di esercizio. L’obiettivo è rafforzare le garanzie per l’imputato, assicurando il suo ‘diretto coinvolgimento’ nella decisione di impugnare. Il mandato rappresenta un ‘indice ulteriore di conoscenza certa della pendenza del processo’.

La Suprema Corte ha ribadito che la finalità della norma è ridurre il rischio di processi a carico di persone inconsapevoli, collegandosi strettamente alla disciplina del processo in assenza. Si vuole evitare che l’impugnazione sia un mero ‘automatismo difensivo’ attivato dal legale, ma che sia, invece, espressione della volontà personale e consapevole dell’interessato. La dichiarazione di assenza nel primo grado di giudizio è l’elemento chiave che attiva questo meccanismo di garanzia, e il mancato adempimento comporta, inevitabilmente, l’inammissibilità dell’appello.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale molto chiaro: la forma è sostanza quando si tratta di impugnazioni da parte di un imputato assente. Il mancato deposito dello specifico mandato ad impugnare, rilasciato post-sentenza e con elezione di domicilio, rende l’appello inammissibile. Questa pronuncia serve da monito per i difensori, sottolineando l’importanza di adempiere scrupolosamente a questo requisito per non precludere al proprio assistito l’accesso al secondo grado di giudizio. La condizione di assenza nel processo di primo grado è il fattore determinante e non può essere superata da circostanze successive, come l’eventuale stato di detenzione.

Quando è necessario che il difensore depositi uno specifico mandato ad impugnare?
È necessario quando l’impugnazione è proposta nell’interesse di un imputato che è stato dichiarato assente nel corso del precedente grado di giudizio. Il mandato deve essere rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenere l’elezione di domicilio.

Lo stato di detenzione esonera l’imputato assente dall’obbligo di rilasciare il mandato specifico?
No. Secondo la Corte, il presupposto per l’applicazione della norma è la dichiarata assenza nel processo di primo grado. Questa circostanza è sufficiente a rendere obbligatorio il mandato, a prescindere da un eventuale e successivo stato di detenzione.

La recente modifica legislativa (L. 114/2024) ha eliminato questo obbligo?
No, lo ha limitato. La nuova legge mantiene l’obbligo del mandato ad impugnare solo per l’imputato assente che sia assistito da un difensore d’ufficio. Nel caso di specie, la Corte ha evidenziato che l’appello sarebbe stato comunque inammissibile anche con la nuova normativa, poiché l’imputato era assistito proprio da un legale d’ufficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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