Mandato ad Impugnare: la Cassazione Sancisce la Nullità se Anteriore alla Sentenza
Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia processuale penale, reso ancora più stringente dalla Riforma Cartabia: la validità del mandato ad impugnare è strettamente legata alla sua temporalità rispetto alla sentenza che si intende contestare. In particolare, quando l’imputato è assente, il mandato deve essere necessariamente successivo al provvedimento, pena l’inammissibilità del gravame. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne le implicazioni pratiche.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una condanna in primo grado per il reato previsto dall’art. 186 del Codice della Strada (guida in stato di ebbrezza). Il difensore dell’imputato proponeva appello, ma la Corte d’Appello di Bologna dichiarava l’impugnazione inammissibile.
Contro questa decisione, la difesa ricorreva in Cassazione, contestando le ragioni dell’inammissibilità indicate dai giudici di secondo grado, tra cui la presunta tardività e la mancanza di una specifica procura. Tuttavia, l’esame della Suprema Corte si è concentrato su un vizio ancora più radicale e assorbente.
L’Impugnazione e il Mandato ad Impugnare Antecedente
Il fulcro della questione risiede in un dettaglio temporale decisivo. La Corte di Cassazione ha rilevato che il mandato ad impugnare l’appello era stato rilasciato dall’imputato (dichiarato assente nel processo) in data 18 febbraio 2021. La sentenza di primo grado che si intendeva appellare, invece, era stata emessa molto tempo dopo, il 13 febbraio 2023.
Questo scostamento temporale di quasi due anni tra il conferimento della procura e la pubblicazione della sentenza è stato ritenuto fatale per la validità dell’appello. La Corte ha ritenuto che un mandato così risalente nel tempo non potesse soddisfare i requisiti richiesti dalla normativa vigente.
Le Motivazioni della Cassazione: L’Impatto della Riforma Cartabia
La decisione della Suprema Corte si fonda sull’interpretazione dell’art. 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, come introdotto dalla c.d. Riforma Cartabia. Questa norma stabilisce che, nel caso di un imputato giudicato in assenza, l’atto di impugnazione del difensore deve essere accompagnato da uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza.
Il legislatore ha introdotto questo requisito per assicurare che la volontà di impugnare sia espressione di una scelta “necessaria e consapevole” dell’imputato. Un mandato conferito prima ancora che la sentenza esista non può, per logica, manifestare una volontà ponderata e attuale di contestare proprio quel provvedimento, con quelle specifiche motivazioni e quel dispositivo.
La Corte ha quindi applicato l’orientamento giurisprudenziale formatosi a seguito della riforma, secondo cui il mandato e la dichiarazione o elezione di domicilio devono essere successivi alla sentenza e contestuali all’impugnazione. L’anteriorità del mandato lo rende inefficace, portando inevitabilmente all’inammissibilità dell’appello.
Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche per la Difesa
La pronuncia in esame consolida un principio fondamentale per la difesa tecnica: la massima attenzione agli adempimenti formali post-riforma è essenziale. Per l’imputato assente, non è più sufficiente un mandato generico o preventivo. È necessario acquisire un nuovo e specifico mandato ad impugnare solo dopo aver preso visione della sentenza da contestare.
In caso contrario, il rischio concreto è quello di vedersi preclusa la possibilità di un secondo grado di giudizio, con la conseguente definitività della condanna. La sentenza si chiude infatti con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, a riprova della gravità del vizio procedurale riscontrato.
Perché un mandato ad impugnare rilasciato prima della sentenza è stato considerato invalido?
Perché, secondo la Riforma Cartabia (art. 581, co. 1-quater c.p.p.), per un imputato assente il mandato deve essere successivo alla sentenza per dimostrare la sua volontà consapevole e attuale di impugnare quel preciso provvedimento.
Cosa succede se l’appello viene dichiarato inammissibile per questo motivo?
La sentenza di primo grado diventa definitiva. L’imputato viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
Qual è l’obiettivo della norma introdotta dalla Riforma Cartabia su questo punto?
L’obiettivo è garantire che l’impugnazione sia espressione di una scelta effettiva, consapevole e attuale dell’imputato assente, evitando appelli presentati in base a una volontà espressa in un momento molto precedente e non collegata alla specifica sentenza da impugnare.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 35720 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 35720 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/02/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità.
Nessun difensore è presente.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Bologna ha dichiarato inammissibile l’appello proposto nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado che lo aveva dichiarato responsabile del reato di cui all’art. 186 cod. strada.
Avverso tale provvedimento propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, lamentando che erroneamente la Corte territoriale ha ritenuto che l’atto di impugnazione fosse privo di dichiarazione o elezione di domicilio nonché di idoneo specifico mandato ad impugnare; contesta, inoltre, l’affermata tardività dell’impugnazione.
Il ricorso è inammissibile, per l’assorbente considerazione che l’atto di appello a suo tempo proposto dalla difesa del ricorrente contiene un mandato ad impugnare dell’imputato (assente) rilasciato prima della emissione della sentenza appellata (procura del 18.2.2021, sentenza di primo grado emessa il 13.2.2023).
Pertanto, la Corte territoriale, nel dichiarare l’inammissibilità dell’appello, ha correttamente applicato l’insegnamento, derivante dal nuovo contesto normativo introdotto dalla c.d. riforma Cartabia (con particolare riferimento alla vigente disposizione di cui all’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen.), secondo cui, in tema di impugnazione di sentenza pronunziata nei confronti di imputato assente, lo specifico mandato a impugnare e la dichiarazione o elezione di domicilio in esso contenute devono essere successivi alla sentenza e contestuali all’impugnazione in quanto espressione della necessaria e consapevole volontà dell’imputato all’impugnazione (Sez. 5, n. 1177 del 28/11/2023 – dep. 2024, Rv. 286088 – 01).
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
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e
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 13 giugno 2024
Il Consigl’ GLYPH estensore
Il Presidente