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Mandato ad impugnare: la legge applicabile è una sola

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato, il cui appello era stato dichiarato inammissibile per mancanza di un specifico mandato ad impugnare. La Corte ha stabilito che la legge processuale applicabile è quella in vigore al momento della presentazione dell’impugnazione, secondo il principio ‘tempus regit actum’, anche se una legge successiva ha modificato i requisiti di ammissibilità in senso più favorevole. Il caso verteva su un appello presentato da un difensore d’ufficio per un imputato giudicato in assenza, prima della riforma che ha alleggerito l’onere del mandato.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: la Legge non è Retroattiva nelle Norme Processuali

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, offre un importante chiarimento sul principio tempus regit actum in materia di impugnazioni penali. La vicenda riguarda la necessità di un mandato ad impugnare specifico per il difensore di un imputato assente, e dimostra come una modifica legislativa favorevole non possa ‘sanare’ un appello presentato quando vigeva una norma più restrittiva. Questo principio è fondamentale per garantire certezza e ordine nello svolgimento dei processi.

I Fatti del Caso

Un imputato, giudicato in assenza in primo grado, si vedeva dichiarare inammissibile l’appello presentato dal suo difensore d’ufficio. La Corte d’Appello di Bologna, con un’ordinanza del 4 marzo 2025, rilevava la mancanza di un requisito fondamentale previsto dall’articolo 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale (nella sua formulazione all’epoca vigente): l’assenza di uno specifico mandato ad impugnare, rilasciato dall’imputato dopo la sentenza e contenente l’elezione di domicilio. Secondo la normativa in vigore al momento della presentazione dell’appello (27 febbraio 2024), tale mandato era indispensabile per il difensore (sia di fiducia che d’ufficio) per poter validamente impugnare la sentenza per conto dell’imputato assente.

La Questione del Mandato ad Impugnare e la Successione di Leggi

Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la Corte d’Appello avesse applicato erroneamente la legge. La difesa ha invocato una nuova legge (entrata in vigore il 25 agosto 2024), che ha modificato l’art. 581, comma 1-quater, circoscrivendo l’obbligo del mandato ad impugnare al solo caso del difensore d’ufficio e non più anche a quello di fiducia. Secondo il ricorrente, applicare la vecchia e più severa norma creava una disparità di trattamento incostituzionale. Pertanto, si chiedeva l’annullamento dell’ordinanza di inammissibilità o, in subordine, di sollevare una questione di legittimità costituzionale.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso infondato, aderendo pienamente al principio generale tempus regit actum. Questo principio stabilisce che gli atti processuali sono regolati dalla legge in vigore nel momento in cui vengono compiuti.

La Corte ha chiarito che l’appello era stato presentato il 27 febbraio 2024, quando la normativa richiedeva inequivocabilmente il mandato specifico sia per il difensore di fiducia che per quello d’ufficio in caso di imputato assente. La successiva modifica legislativa, entrata in vigore il 25 agosto 2024, non poteva avere alcun effetto retroattivo sull’atto già compiuto. Le Sezioni Unite della stessa Corte avevano già stabilito questo principio in un caso analogo, affermando che le impugnazioni proposte prima della nuova legge continuano a essere valutate secondo le regole vigenti al momento della loro presentazione.

Inoltre, la Corte ha respinto la questione di legittimità costituzionale. La precedente formulazione della norma non era irragionevole: richiedere all’imputato assente (ma a conoscenza del processo) di rinnovare la sua volontà di impugnare, indicando un domicilio, era una scelta del legislatore volta a garantire la prosecuzione consapevole del giudizio, con tutte le possibili conseguenze, anche negative, come la condanna alle spese. La norma mirava a responsabilizzare l’imputato che aveva scelto di non partecipare al primo grado di giudizio.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un caposaldo del diritto processuale: la validità degli atti si misura con le norme vigenti al momento del loro compimento. Le riforme legislative successive, anche se più favorevoli, non possono sanare vizi pregressi. Per gli avvocati, questa decisione è un monito a prestare la massima attenzione ai requisiti di ammissibilità previsti dalla legge al momento del deposito di un’impugnazione. Per i cittadini, conferma che il processo penale segue regole precise e cronologiche per garantire la certezza del diritto, e che la scelta di rimanere assenti da un processo non è priva di conseguenze procedurali.

Quale legge si applica a un’impugnazione se le regole cambiano dopo che è stata presentata?
Si applica la legge in vigore al momento in cui l’atto di impugnazione è stato depositato. Secondo il principio ‘tempus regit actum’, le modifiche legislative successive non hanno effetto retroattivo sugli atti processuali già compiuti.

Perché l’appello è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
L’appello è stato dichiarato inammissibile perché il difensore d’ufficio, che agiva per un imputato giudicato in assenza, non aveva depositato uno specifico mandato ad impugnare rilasciato dall’assistito dopo la sentenza, come richiesto dalla versione dell’art. 581, comma 1-quater c.p.p. in vigore all’epoca dei fatti.

La vecchia norma che richiedeva il mandato ad impugnare anche al difensore di fiducia era incostituzionale?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la norma precedente non era incostituzionale. La richiesta di un mandato specifico per l’imputato assente era una scelta legittima del legislatore per assicurarsi che l’imputato fosse consapevole e volesse effettivamente proseguire nel giudizio di appello, accettandone anche i possibili esiti negativi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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