Mandato ad Impugnare: Quando si Applica la Riforma Cartabia? La Cassazione Fa Chiarezza
L’introduzione di nuove norme processuali genera spesso dubbi interpretativi, specialmente nel periodo di transizione. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per la difesa: l’applicazione del nuovo mandato ad impugnare previsto dalla Riforma Cartabia. La questione centrale era se tale obbligo si estendesse anche alle impugnazioni di sentenze emesse prima dell’entrata in vigore della riforma. La risposta della Corte è stata netta e si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine da una sentenza di condanna emessa dal Tribunale di Caltanissetta. La difesa proponeva appello, ma la Corte d’Appello lo dichiarava inammissibile. Il motivo? La mancanza dello specifico mandato ad impugnare richiesto dall’articolo 581, comma 1-quater, del codice di procedura penale, una delle novità introdotte dalla Riforma Cartabia.
L’imputata, tramite il suo legale, decideva di ricorrere in Cassazione, sostenendo un’erronea applicazione della legge. La tesi difensiva era semplice: poiché la sentenza di primo grado era stata emessa prima dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia, le nuove disposizioni, e in particolare l’obbligo del mandato specifico, non avrebbero dovuto applicarsi al suo caso.
La Questione Giuridica: Il Principio del “Tempus Regit Actum” e il mandato ad impugnare
Il cuore della controversia risiede nel principio di successione delle leggi processuali nel tempo. La difesa sosteneva che la legge applicabile alle modalità di impugnazione dovesse essere quella in vigore al momento dell’emissione della sentenza impugnata.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha inquadrato la questione sotto la lente del principio generale “tempus regit actum” (il tempo regola l’atto), sancito dall’art. 11 delle preleggi. Secondo questo principio, ogni atto giuridico è regolato dalla legge in vigore nel momento in cui viene posto in essere.
L’atto di impugnazione è considerato un atto processuale con “effetti istantanei”, che si perfeziona e si esaurisce nel momento del suo deposito. Pertanto, le sue formalità e i suoi requisiti di validità non possono che essere quelli previsti dalla legge vigente in quel preciso istante.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso “manifestamente infondato”, confermando la decisione della Corte d’Appello. I giudici hanno richiamato un orientamento consolidato, espresso anche dalle Sezioni Unite, secondo cui per gli atti processuali che si compiono in un unico momento, come l’impugnazione, si deve guardare esclusivamente alla disciplina in vigore al momento del compimento dell’atto stesso.
Non rileva, quindi, la data di emissione della sentenza che si intende contestare. Ciò che conta è la data in cui l’appello viene depositato. Se in quella data la legge richiede una specifica formalità – come il mandato ad impugnare – questa deve essere rispettata, a pena di inammissibilità. La Corte ha sottolineato che questa regola garantisce certezza e uniformità nell’applicazione delle norme processuali, evitando confusioni legate alla datazione dei provvedimenti precedenti.
Le Conclusioni
Questa pronuncia offre un’indicazione chiara e inequivocabile per tutti gli operatori del diritto. Le riforme processuali, specialmente quelle che incidono sui requisiti formali degli atti difensivi, hanno un’applicazione immediata. L’insegnamento pratico è fondamentale: prima di compiere qualsiasi atto processuale, è indispensabile verificare la normativa vigente in quel preciso momento, indipendentemente dalla “storia” del procedimento. La mancata osservanza delle forme previste dalla legge al momento del deposito di un atto, come dimostra questo caso, può avere conseguenze drastiche, precludendo il diritto della parte a far valere le proprie ragioni in un grado di giudizio superiore.
Per presentare un appello, quale legge processuale si applica: quella in vigore al momento della sentenza di primo grado o quella in vigore al momento del deposito dell’appello?
Si applica la disciplina vigente al momento del compimento dell’atto processuale, ovvero al momento del deposito dell’appello. Il principio che regola la materia è “tempus regit actum” (il tempo regola l’atto).
L’obbligo di conferire il mandato ad impugnare, introdotto dalla Riforma Cartabia, si applica anche se la sentenza da impugnare è stata emessa prima dell’entrata in vigore della riforma?
Sì, si applica. Poiché l’atto di impugnazione ha effetti istantanei, le sue modalità di compimento, inclusa la necessità del mandato specifico, sono regolate dalla legge in vigore nel momento in cui l’impugnazione viene proposta.
Perché il ricorso è stato giudicato ‘manifestamente infondato’?
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato perché si basava su un’erronea interpretazione della legge processuale. La Corte di Cassazione ha ribadito un principio di diritto consolidato secondo cui agli atti processuali si applica la legge vigente al momento del loro compimento, non quella vigente in momenti precedenti del procedimento.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24794 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24794 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 04/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nata in JUGOSLAVIA il 23/10/1996
avverso la sentenza del 02/10/2024 della CORTE D’APPELLO DI CALTANISSETTA
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Caltanissetta, che ha dichiarato inammissibile l’appello contro quella del Tribunale di Caltanissetta;
Considerato che il ricorso, che lamenta erronea applicazione dell’art. 581, comma 1quater cod. proc. pen. – in quanto la Corte di appello avrebbe ritenuto erroneamente necessario il mandato ad impugnare ex art. 581 comma 1-quater cod. proc. pen., poiché la sentenza risultava emessa prima dell’entrata in vigore della Riforma Cartabia che introduceva il comma citato – è manifestamente infondato. A ben vedere le Sezioni unite di questa Corte – in ordine al comma 1-ter della medesima norma processuale, ma il tema è sovrapponibile a quello posto dal presente ricorso anche in relazione al mandato richiesto dal comma 1-quater – hanno affermato: «Il Collegio ritiene, pertanto, che qualora, come nel caso in esame, si discorra delle modalità di compimento di un atto processuale che, come l’atto d’impugnazione, considerato isolatamente e nel suo aspetto formale (non, dunque, nella prospettiva del diritto di proporre l’impugnazione e della legge a esso applicabile), abbia effetti istantanei, che si esauriscono senza residui nel suo puntuale compimento, debba, in applicazione del principio di cui all’art. 1 preleggi, aversi riguardo alla disciplina vigente al momento del compimento dell’atto stesso. Può dunque affermarsi, sul punto, il seguente principio di diritto: “La disciplina contenuta nell’ 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. – abrogata dalla legge 9 agosto 2024, n. 114, in vigore dal 25 agosto 2024 – continua ad applicarsi alle impugnazioni proposte sino al 24 agosto 2024” (Sez.
U, n. 13808 del 24/10/2024, dep. 08/04/2025, COGNOME Rv. 287855 – 01). Nel caso in esame l’appello è stato depositato il 14 febbraio 2024, quindi nella vigenza del comma 1- quater come
introdotto dalla riforma Cartabia, che richiedeva il mandato a impugnare anche in caso di difensore di fiducia, cosicché il motivo è manifestamente infondato;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore
della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 4 giugno 2025
Il consi liere estensore
Il Presidente