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Mandato ad impugnare: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15918/2025, ha stabilito che la norma che richiede un mandato ad impugnare specifico al difensore, successivo alla sentenza, non è incostituzionale, neppure per l’imputato irreperibile. L’appello presentato dal legale di un uomo condannato per calunnia era stato dichiarato inammissibile proprio per l’assenza di tale mandato. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando che le nuove norme più favorevoli non hanno efficacia retroattiva e che la scelta legislativa mira a garantire una decisione ponderata e personale dell’imputato, bilanciando il diritto di difesa con l’efficienza della giustizia.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Mandato ad Impugnare: la Cassazione Ribadisce la Necessità della Volontà dell’Imputato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale nella procedura penale: la necessità di un mandato ad impugnare specifico affinché il difensore possa presentare appello per conto del proprio assistito. Questa decisione chiarisce i dubbi sulla costituzionalità della norma, specialmente nei casi complessi che coinvolgono imputati dichiarati irreperibili, e nega l’applicazione retroattiva di normative più favorevoli introdotte successivamente.

Il Caso: Appello Inammissibile per Assenza di Mandato Specifico

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un uomo per il reato di calunnia, emessa dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto. Il suo difensore di fiducia ha presentato appello, ma la Corte d’Appello di Messina lo ha dichiarato inammissibile. Il motivo? L’impugnazione era stata proposta in assenza di uno specifico mandato rilasciato dall’imputato dopo l’emissione della sentenza di primo grado, come richiesto dall’articolo 581, commi 1-ter e 1-quater, del codice di procedura penale. L’imputato era stato, inoltre, dichiarato irreperibile.

I Motivi del Ricorso: Dubbi di Costituzionalità e Applicazione della Legge

Il difensore ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sollevando due questioni principali:

1. Illegittimità Costituzionale: Si sosteneva che le norme sul mandato specifico violassero gli articoli 24, 27 e 111 della Costituzione. Secondo la difesa, un imputato irreperibile, non avendo conoscenza della sentenza, non può esprimere una volontà consapevole di impugnare. Impedire al difensore di agire per suo conto lederebbe il diritto di difesa, la presunzione di non colpevolezza e il diritto a un giusto processo.
2. Violazione di Legge: Si chiedeva l’applicazione di una legge più favorevole (L. n. 114/2024), entrata in vigore dopo la presentazione dell’appello, che limita l’obbligo del mandato specifico ai soli casi di difesa d’ufficio. Sebbene si tratti di una norma processuale, la difesa argomentava che la sua applicazione avrebbe avuto effetti sostanziali, come la possibile estinzione del reato per prescrizione.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha respinto integralmente il ricorso, ritenendo entrambi i motivi infondati.

Sulla questione di costituzionalità, i giudici hanno chiarito che le disposizioni dell’art. 581 c.p.p. non limitano il diritto di impugnazione dell’imputato, ma ne regolamentano le modalità di esercizio da parte del difensore. La norma rappresenta una scelta legislativa ponderata, volta a garantire che l’impugnazione derivi da una decisione personale e consapevole dell’interessato. La Corte ha sottolineato che questa scelta realizza un punto di equilibrio tra la garanzia di una difesa effettiva e l’efficienza del “servizio giustizia”, evitando impugnazioni non volute dalla parte. Per l’imputato irreperibile, inoltre, restano aperti rimedi straordinari come la restituzione nel termine per impugnare, qualora dimostri di non aver avuto conoscenza incolpevole della sentenza.

Per quanto riguarda l’applicazione della nuova legge più favorevole, la Cassazione ha richiamato un precedente delle Sezioni Unite. È stato affermato il principio secondo cui le norme processuali, salvo eccezioni, non sono retroattive. La nuova disciplina, che alleggerisce l’onere del mandato, si applica solo alle impugnazioni proposte dopo la sua entrata in vigore. Gli eventuali “effetti sostanziali” invocati dalla difesa, come la prescrizione, sono stati considerati indiretti ed eventuali, non sufficienti a giustificare un’eccezione al principio generale del tempus regit actum (l’atto è regolato dalla legge del tempo in cui è compiuto).

Le conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: l’impugnazione è un atto che richiede una manifestazione di volontà personale dell’imputato. Il difensore, anche se di fiducia, non può sostituirsi al proprio assistito senza un apposito mandato ad impugnare successivo alla sentenza. Questa regola, secondo la Suprema Corte, non viola i diritti costituzionali e si applica secondo le norme vigenti al momento della proposizione dell’atto, senza possibilità di applicare retroattivamente modifiche legislative più favorevoli. La decisione riafferma l’importanza della consapevolezza e della personalità nell’esercizio dei diritti processuali, anche a costo di richiedere un onere formale aggiuntivo a tutela della stessa volontà dell’imputato.

È costituzionale richiedere un mandato specifico per l’impugnazione a un imputato dichiarato irreperibile?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la norma è manifestamente infondata in quanto non limita il diritto di difesa dell’imputato, ma regola le modalità con cui il difensore può esercitarlo. L’imputato irreperibile conserva la possibilità di chiedere la restituzione nel termine per impugnare se dimostra di non aver avuto conoscenza incolpevole della sentenza.

Una nuova legge processuale più favorevole può essere applicata a un appello presentato prima della sua entrata in vigore?
No. La Corte ha stabilito che la nuova disciplina, in questo caso la Legge n. 114 del 2024, si applica solo alle impugnazioni proposte dopo la sua entrata in vigore. Le norme processuali, di regola, non hanno efficacia retroattiva.

Perché il difensore non può impugnare autonomamente una sentenza di condanna per il proprio assistito?
Perché la legge richiede che l’impugnazione derivi da una scelta “ponderata e personale” dell’imputato. Il mandato specifico, successivo alla sentenza, serve a garantire che sia l’imputato stesso a decidere consapevolmente di proseguire il percorso giudiziario, evitando impugnazioni che non rispecchiano la sua volontà.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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